I minori stranieri e i meriti di integrazione della nostra scuola

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La presenza dei minori stranieri in Italia, come è noto, ha visto una crescita costante negli anni. Siamo da tempo ben oltre il milione di bambini e ragazzi di cittadinanza non italiana.

Da oltre un ventennio la scuola italiana va confrontandosi con la sfida dell’integrazione di un numero considerevole di studenti stranieri, portatori di culture e confessioni religiose diverse dalle nostre. La presenza in grandi numeri di questi studenti è un fenomeno recente per l’Italia se confrontato con quanto verificatosi nei paesi europei con immigrazione di lunga data.
Uno sguardo retrospettivo ai dati permette di ricostruire l’evoluzione del fenomeno e di considerare come positivo il grande cammino fatto dall’Italia. E’ qui importante, infatti, rilevare che il sistema scolastico e formativo italiano, anche nel confronto internazionale, ha mostrato, negli ultimi lustri, una straordinaria capacità di integrazione e alfabetizzazione inclusiva nei confronti di elevati numeri di bambini e ragazzi in arrivo e di assicurare risultati negli studi che migliorano in modo costante nonostante le evidenti complessità e difficoltà di un’impresa titanica. Tanto è vero che da qualche anno, si può dire che, nonostante le criticità che mostreremo qui di seguito, gli studenti di origine migratoria rappresentano la componente dinamica del sistema scolastico italiano, che contribuisce con la sua crescita a contenere la flessione della popolazione scolastica complessiva, derivante dal costante calo degli studenti italiani; la scuola riesce, nella maggioranza dei casi, a integrare questi bambini e ragazzi nella vita scolastica con crescenti attese di successo formativo.
Ritornando al dato complessivo, nell’A.S. 2015/2016 gli studenti stranieri presenti nelle nostre scuole sono circa 815.000 con un aumento di 653 unità rispetto al 2014/2015 (+0,1%). Attenzione: per il nostro tema questo non significa che stia diminuendo il trend. E’ noto, anzi, che in Italia sono presenti ampie quote di giovani stranieri in età scolare da recuperare alla frequenza scolastica-formativa. E le tendenze appena viste vanno interpretate anche alla luce delle trasformazioni che caratterizzano i flussi migratori più recenti. Per ciò che attiene ai fenomeni più recenti e oggetto di attenzione mediatica e di allarme sociale, secondo i dati aggiornati al 31 dicembre 2016 pubblicati dall’UNHCR, su un totale di 181.436 persone sbarcate nel corso dello stesso anno, i minorenni erano 28.223. I crescenti conflitti hanno determinato un aumento anche dei minori stranieri non accompagnati (per i quali da poco è stato emanata la Legge 7 aprile 2017, n. 47). Si tratta di bambini e ragazzi che arrivano in Italia senza genitori o altri adulti, che vengono affidati ai servizi sociali ma che, in alcuni casi, si disperdono nelle pieghe del lavoro nero minorile o altro. La crescita significativa in termini assoluti dei minori soli rispetto agli altri minori stranieri arrivati in Italia, impone una riflessione sugli strumenti di integrazione, inserimento scolastico, accompagnamento di questi bambini e ragazzi che si trovano senza il sostegno famigliare e che, per la fragilità della loro condizione, sono particolarmente esposti a diventare oggetto di interesse per la criminalità. Qui, insomma, vi sono i più alti pericoli di mancato “aggancio” di molti ragazzi, in situazione di grave fragilità, da parte del nostro sistema scolastico e formativo. Tra queste la consistente presenza, in significativo aumento, dei minori stranieri non accompagnati (MSNA), di cui solo una parte segue percorsi di istruzione/formazione (e figura nelle statistiche del MIUR) dato che, in buona parte, una volta arrivati, diventano irreperibili.
Precisa il MIUR come un’altra problematica riguarda la domanda potenziale di istruzione che non si manifesta esplicitamente anche per effetto di previsioni normative sull’iscrizione a scuola, che finiscono con l’ostacolare la frequenza scolastica. E’ questo il caso dei minori che si ricongiungono alle famiglie e chiedono di frequentare la scuola in corso d’anno, ma che non sempre possono essere accolti negli istituti scolastici per via della scadenza dei termini previsti per l’iscrizione, oppure dei giovani quindicenni che non hanno frequentato o concluso la scuola secondaria di I grado e potrebbero fruire della formazione presso i Centri Provinciali per l’Istruzione degli Adulti (CPIA) grazie ai recenti dispositivi normativi in materia, ma non possono farlo non avendo ancora raggiunto 16 anni, soglia di età minima prevista per la frequenza dei corsi di I livello dei CPIA, fatti salvi accordi regionali specifici che, al momento, sono di non facile attuazione, anche a causa delle mancate risorse funzionali date ai CPIA stessi per assolvere a compiti di nuova complessità relativi proprio ai ragazzi in arrivo, spesso con vite alle spalle di drammatica difficoltà esistenziale, a volte con forme diversificate di sindrome post-traumatica, spesso con forti doti di resilienza positiva con una percezione di sé e del mondo già adulta e che, in ciò, contrasta con la percezione e le maturità non raggiunte dai loro coetanei italiani.

Per quanto riguarda il nostro tema, i risultati dei ragazzi stranieri pienamente interni al nostro sistema d’istruzione mostrano maggiori rischi di precoce caduta fuori dal sistema rispetto alla media, legati alle ripetenze. Persiste, insomma, il divario tra studenti italiani e stranieri nella regolarità degli studi.

Un modo per valutare l’integrazione nella scuola degli studenti di origine immigrata è quello di analizzare la regolarità del percorso scolastico, ovvero il ritardo con il quale questi studenti frequentano una determinata classe rispetto a quella che sarebbe teoricamente prevista per la loro età. La disciplina sull’accesso a scuola dei minori immigrati è fondata sul principio che i minori stranieri abbiano diritto all’istruzione, indipendentemente dalla regolarità della loro posizione rispetto al soggiorno, nelle forme e nei modi previsti per i cittadini italiani (D.P.R. 394/1999 art. 45); tuttavia va ricordato che per gli alunni stranieri l’iscrizione “può essere richiesta in qualunque periodo dell’anno scolastico” (art. 45, c. 1). I minori stranieri soggetti all’obbligo scolastico devono venire iscritti alla classe corrispondente all’età anagrafica, salvo che il collegio dei docenti deliberi l’iscrizione ad una classe diversa. Così, il ritardo degli studenti stranieri è spesso conseguente a inserimenti in classi inferiori a quelle a cui, alla luce della loro età, dovrebbero accedere. A ciò si aggiungono, lungo il percorso, i ritardi dovuti a bocciature e ripetenze. Le informazioni sull’età anagrafica degli studenti stranieri e la classe frequentata permettono di ricostruire un quadro puntale della situazione.

Nel 2015/2016 l’80,4% degli studenti stranieri con 10 anni di età frequenta regolarmente la quinta classe di scuola primaria, il 14% ha un anno di ritardo, il 2% ha accumulato due anni e oltre di ritardo. Il ritardo scolastico degli studenti cresce al crescere dell’età. A 14 anni, corrispondenti alla frequenza della prima classe di secondaria superiore, la percentuale degli studenti stranieri con percorso di studio regolare si ferma al 52,0% mentre il 46,0% frequenta ancora una classe di scuola secondaria di I grado; il 34,8% è in ritardo di un anno, il 9,5% di due e l’1,7% di tre anni. All’età di 18 anni la percentuale di studenti regolari è scesa al 30,4% contro il 69,6% in ritardo: si va dal 4,8% dei 18-enni che frequenta il primo anno di secondaria di II grado al 34,0% che frequenta il quarto anno. Tra gli studenti di secondaria di II grado in ritardo si annoverano, inoltre, più di 35.000 studenti che frequentano i corsi di secondaria di II grado a 19 anni,20 e oltre. Il 46,5% frequenta il quinto e ultimo anno di secondaria, ma un buon 11,2% si trova ancora al primo o al secondo anno di corso.

Va anche detto che l’andamento nel tempo segnala positivamente che la situazione attuale è comunque migliore rispetto al passato. Nell’A.S. 2009/2010 l’incidenza degli studenti stranieri in ritardo era, infatti, uguale al 25% all’età di 10 anni, al 62,3% all’età di 14anni, e all’80,8% a 18 anni. Nell’ambito della tendenza positiva, alcuni aspetti particolari riguardano l’andamento dei ritardi nella secondaria di II grado. I dati relativi al 2015/2016 indicano che il primo anno di scuola secondaria superiore è cruciale nel determinare la situazione di ritardo degli studenti. Infatti, nel 2009/2010 nel passaggio dall’età di 14 anni a 15, l’incidenza dei ritardi aumentava di 11 punti percentuali (da 62% a 73%); nel 2015/16 la percentuale degli studenti in ritardo a 15 anni aumenta, rispetto ai 14enni, di 14 punti percentuali passando dal 46,0% al 60,1%. La stessa tendenza si osserva anche tra i 15 e i 16 anni. I meccanismi di selezione prima operanti nella scuola secondaria di I grado sembrano col tempo entrare in azione nei primi anni di secondaria di II grado. Il confronto tra studenti italiani e studenti stranieri evidenzia comunque che le distanze rimangono notevoli.
Le differenze sono molto marcate. A livello nazionale, gli studenti italiani in ritardo nella frequenza scolastica sono circa il 10,5% contro il 32,9% degli studenti stranieri. Nei singoli ordini di scuola, la distanza a sfavore degli studenti stranieri nella percentuale dei ritardi è di 11 punti nella scuola primaria (1,8% contro 13,2%), di 29 punti percentuali nella secondaria di I grado (6,6% contro 35,4%) e di ben 59 punti percentuali nella secondaria di II grado. Nell’ambito della secondaria il ritardo si accumula soprattutto negli istituti professionali e tecnici. La composizione percentuale degli studenti stranieri distinti per età rispetto ai tre percorsi evidenzia come aumenti la quota degli studenti negli istituti professionali al crescere dell’età. A 14 anni la composizione percentuale è a favore degli iscritti ai licei: su 100 quattordicenni il 38% frequenta i licei, il 39% gli istituti tecnici e il 23% gli istituti professionali. Col crescere dell’età aumenta la quota degli studenti iscritti ai professionali, fino ad arrivare a 19 anni e oltre, età per le quali i frequentanti sono, per definizione, studenti in ritardo. Si osserva che la proporzione degli studenti iscritti ai professionali raggiunge il 43,6% all’età di 19 anni per salire a oltre il 50% nelle età successive.
Così, anche sulla base delle moltissime buone pratiche che hanno contribuito ad assicurare i miglioramenti registrati, sono evidenti i punti di attenzione sui quali concentrare il lavoro di contrasto del fallimento formativo che sono da considerarsi sì dedicati ai ragazzi e bambini stranieri in maggiore difficoltà ma in assoluta analogia con tutti i ragazzi e bambini in ritardo negli studi e in difficoltà:

-intervento precoce multi-dimensionale e poi continuato nelle diverse età evolutive, anche con sostegno alla genitorialità e a ogni forma di integrazione multi-dimensionale delle famiglie e delle comunità di origine attraverso una regolare politica di ri-conoscimento e di perseveranza nel sostenere il binomio diritti-doveri (una prospettiva che suggerisce un ruolo positivo innegabile di ius soli e ius culturae);
– un’attenzione forte all’Italiano come primo veicolo di sapere;
– un’azione speciale e specifica con i MSNA;
– un potenziamento dei CPIA.

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