Il matrimonio precoce protegge o soffoca le ragazze?

Foto di Moshe Harosh da Pixabay

Il matrimonio precoce è un modo per accertarsi che una moglie sia “protetta”, o saldamente posta sotto il controllo maschile; che sia sottomessa al marito e che lavori duramente nella casa della
famiglia acquisita; che i figli che dà alla luce siano “legittimi”; e che i legami di affetto tra le coppie non costituiscano una minaccia per l’unità della famiglia. È possibile che i genitori ritengano sinceramente che la loro figlia sia più al sicuro con un guardiano maschile ufficiale.
Per esempio, nell’Uganda settentrionale, dilaniata dal conflitto, alcune famiglie danno in sposa ai miliziani le loro giovani figlie per difendere l’onore della famiglia o per assicurare “protezione” alla
ragazza ed a loro stesse. La stessa cosa è avvenuta alle ragazze della Somalia durante i conflitti in quel paese.
Un importante motivo per far sposare le ragazze ad un’età precoce è che aiuta a prevenire il rischio di rapporti sessuali prematrimoniali. Molte società attribuiscono un grande valore alla verginità prima del matrimonio, e questo può dar luogo ad una serie di pratiche miranti a “proteggere” una ragazza da un’attività sessuale sconveniente. Di fatto, si tratta di un sistema di rigido controllo imposto alla ragazza. Per esempio, può succedere che le venga impedito di avere relazioni
sociali al di fuori della famiglia. Oppure che le venga dettato quello che può e quello che non può indossare. Nell’Africa nordorientale ed in alcune parti del Medio Oriente, in particolare, il controllo può anche prendere la forma delle pratiche di mutilazione genitale femminile, restrizione chirurgica dell’apertura della vagina (infibulazione) oppure rimozione del clitoride (escissione), al fine di limitare il piacere sessuale e le tentazioni. In alcune società, i genitori tolgono le loro bambine da scuola non appena queste
iniziano ad avere le mestruazioni, temendo che il contatto con i compagni o con gli insegnanti di sesso maschile le esponga
a dei rischi. Tutte queste pratiche hanno lo scopo di sottrarre la ragazza all’attenzione sessuale maschile, ed agli occhi di genitori preoccupati il matrimonio sembra offrire la “protezione” ideale.
Il matrimonio precoce priva la ragazza della sua adolescenza. In molte società tradizionaliste non esiste il concetto di un periodo dell’adolescenza situato tra la pubertà e l’età adulta. Una ragazza che ha le mestruazioni è in grado di partorire un figlio, e perciò viene considerata “una donna”. Questo si adatta male al fatto che la CDI si applica a chiunque abbia meno di 18 anni, e che in essa l’infanzia sia considerata come un processo di sviluppo, che non ha termine all’improvviso, con un preciso segnale di maturità fisica.
In alcune culture, l’indipendente autoconsapevolezza che una ragazza può sviluppare durante l’adolescenza viene considerata indesiderabile. Anche se in queste culture le donne vengono magari
onorate, da loro ci si aspetta che si sottomettanoai desideri dei padri, mariti e figli, mettendosi così sotto la loro protezione
per il loro stesso bene. Ne consegue che se non lo fanno, esse meritano una punizione: per esempio, in Kenya, la violenza contro una moglie disobbediente viene comunemente ammessa.
In molte società, le ragazze vengono educate sin da piccole a quell’autocontrollo e quella deferenza nei confronti degli uomini che ci si aspetta da loro per tutta la loro vita adulta. Entro i cinque anni d’età, una bambina del Pakistan rurale ha già imparato ad “uscire” il meno possibile e ad “avere un atteggiamento attento e servizievole nei confronti degli uomini”. Ovviamente, in Pakistan come altrove, quanto più giovane è la moglie tanto più è facile inculcarle l’appropriato comportamento di sottomissione.
fonte: unicef

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