Italia: da Paese di migranti a Paese di asilo

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Secondo l’ultimo Rapporto Italiani nel Mondo, 2017, della Fondazione Migrantes, il numero degli italiani iscritti all’AIRE (anagrafe degli italiani all’estero) è di 4.973.942. Nel solo 2016 sono emigrati 124.076 italiani, cifra superiore ai flussi dei lavoratori immigrati nel nostro Paese. Dati che documentano come l’Italia sia una terra di emigranti e anche una terra di asilo.
Il Rapporto sulla protezione internazionale in Italia, ripercorre la storia dell’asilo nelle sue principali tappe.
• Dagli anni 1979-80, definiti “periodo di transizione durante in quale l’Europa si è dovuta confrontare con diversi e sempre più complessi aspetti della mobilità umana”. Sono gli anni in cui arriva l’onda lunga dei boat people, provenienti dal Vietnam del Nord e dalla Cambogia. In prima linea, col Governo italiano, la Caritas Italiana e la Croce rossa.
• Dopo dieci anni (1990-1991) è la volta dell’arrivo sulle coste pugliesi di migliaia di albanesi, dopo la caduta del muro di Berlino e l’avvento al potere di Ramiz Alia. è la vera messa alla prova della politica italiana e dell’accoglienza, nelle sue diverse sfumature. Si sperimentano permessi di soggiorno temporanei e forme di accoglienza diversificate al Sud (generoso ma messo a dura prova) e al Nord, dove c’erano più occasioni di lavoro. La classe politica e il Paese vivono non pochi momenti di tensione e si sente l’esigenza
di pianificare gli arrivi delle persone che chiedono asilo e protezione.
• 1991-1995: sono gli anni della crisi nei Balcani, dopo la morte di Tito, che sfocerà in uno dei periodi più bui della storia Europea contemporanea, con altissimi costi umani. Si stima che la guerra in ex Jugoslavia, abbia avuto 200.000 morti e più di 3.700.000 rifugiati. L’Italia, Paese geograficamente vicino, ha visto passare, in quegli anni, più di 80.000 persone. Il nostro Governo risponde con un permesso umanitario che dai 60 giorni inizialmente passa poi a un anno. Comuni, ONG, associazioni di ogni tipo, parrocchie
e privati cittadini si mobilitano.
• 1992-1998: nasce la “cooperazione decentrata” che riconosce, con il Tavolo di Coordinamento per gli aiuti all’ex Jugoslavia, istituito nel 1992 presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, la collaborazione che di fatto si era attuata nelle azioni di solidarietà e inserimento. Unico neo critico la marginalità data a rom e sinti i quali, fuggiti dai loro Paesi dove risiedevano da anni, in forma stanziale e integrata, si sono visti ri-collocare nei grandi campi rom delle principali città italiane ripiombando così in una condizione di
ghettizzazione che al loro Paese avevano oramai superato.

Richiedenti protezione internazionale – Il fenomeno
• 1998-1999: il conflitto in Kosovo. Dopo anni di attacchi, soprusi e tentativi di risolvere pacificamente i conflitti il 23 marzo 1999 la NATO autorizzò i raid aerei contro la Federazione iugoslava. Nei tre mesi successivi il mondo assistette a uno degli esodi più massicci di cui si poteva essere testimoni. L’atteggiamento dell’Italia fu altalenante. Inizialmente mise in campo l’operazione “Arcobaleno” che consisteva in aiuti umanitari (per lo più tende e generi alimentari) ai campi profughi istituiti nei Paesi limitrofi ma poi si dovette rivedere il tipo di intervento alla luce del perdurare del conflitto e dell’esodo, sempre più crescente, di kosovari verso altri Paesi, soprattutto via mare, utilizzando traghetti o gommoni, alla mercé di trafficanti senza scrupoli e utilizzando, spesso, documenti di viaggio falsi.
Sul versante dell’accoglienza nasce il progetto Azione Comune, ripetutosi in due edizioni, 1999 e 2000 che si può considerare l’embrione del successivo Piano di azione Comune. Azione Comune aveva l’obiettivo di fornire servizi di prima necessità (vitto, alloggio, vestiario); fornire un supporto medico; individuare le persone in particolare difficoltà; favorire i ricongiungimenti familiari; creare un centro di raccolta per gli alloggi a favore dei rifugiati. Fu questo, di fatto, il primo progetto di inserimento sociale che superava la logica del “vitto e alloggio” nelle situazioni di emergenza. Per realizzare tutto ciò però, bisogna avere a disposizione persone competenti e formate.
• 1991-2008: la Somalia strattonata e disperata, legata all’Italia da un doppio filo. Nel 1991 arrivano 1700 somali con regolare richiesta di asilo. Quasi tutte le domande vengono rigettate. I permessi di soggiorno vengono rilasciati ad intermittenza. Molti emigrano in altri Paesi europei. Si tratta di migranti istruiti, provenienti dalle élite, sono arrivati in aereo, con visto regolare rilasciato dall’Ambasciata italiana.
• 2006-2008: la situazione in Somalia peggiora. Da Mogadisco parte una nuova ondata di profughi. Nel 2008 sono 52.000 i somali che fuggono dal Paese. L’Italia, per i somali, come per i nigeriani, diventa
una meta ambita, per tre motivi: il primo riguarda la possibilità di regolarizzarsi, nel tempo, attraverso periodiche sanatorie. La seconda riguarda la possibilità di impiego attraverso il crimine organizzato; la terza riguarda la possibilità, qualora qualcosa non funzionasse, di emigrare facilmente altrove, vista la favorevole posizione geografica del nostro Paese. La commistione tra povertà del Paese di provenienza e opulenza manifestata dai Paesi di destinazione, è sempre più forte. Le motivazioni alla partenza si mescolano.
L’accoglienza, necessaria, è sempre più difficile da approntare.

• 2008-2010: la stagione degli sbarchi. Nigeria, Somalia, Eritrea: migliaia di persone in fuga da guerre, fame e persecuzioni.
• 2011-2013: la rivoluzione dei Gelsomini. Cadono i regimi in Egitto, Tunisia e Libia. Il previsto esodo massiccio non si avvera, perlomeno non della portata attesa. Quel che accade è che partono comunque
in molti, su piccole e fatiscenti imbarcazioni che a volte lasciano in fondo al mare i propri passeggeri.
Nella generale “partenza” si aggregano tutti coloro che da tempo aspettavano l’occasione per “andare in Europa”, persone che da anni soggiornavano in Libia, provenienti da molteplici Paesi dell’Africa. Sotto pressione, per gli sbarchi, Malta e Italia. Molti migranti vogliono però andare oltre, nel Nord Europa. Ma il più delle volte, regolarmente, non è possibile.

Bibliografia utile per approfondire
• ANCI, Caritas italiana, Cittalia, Fondazione Migrantes, SPRAR, in collaborazione con UNHCR, Rapporto sulla
protezione internazionale in Italia, 2014-2017
• Giovannetti M., Olivieri M.S., Tessere l’inclusione: territori, operatori e rifugiati, I quaderni del Servizio Centrale,
2012.
• Rapporto annuale del sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati. Anno 2012/2013.

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