La dimensione ereditaria degli abbandoni scolastici

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Il fenomeno dell’abbandono precoce degli studi, ha un carattere persistente e duraturo. Le ricerche internazionali hanno evidenziato la persistenza generazionale nei livelli di istruzione e di reddito.

Nel rapporto del 2016 l’Istat segnala il forte legame in Italia tra processi di mobilità sociale e disuguaglianza:
Nel nostro paese le diseguaglianze si tramandano di padre in figlio, si riproducono cioè tra generazioni. Numerosi studi hanno messo in luce, infatti, come il reddito da lavoro dei figli sia correlato positivamente con quello dei padri. Questo implica che il reddito individuale sia il risultato, oltre che del talento, dell’impegno e dell’ambizione, anche delle opportunità in termini di condizioni patrimoniali e di capitale umano e sociale offerte dalla famiglia di origine.

Le variabili considerate dall’Istat sono di diversa natura e indicano una correlazione tra reddito, possesso di una casa, titolo di studio dei genitori e dei figli. L’incidenza del titolo di studio dei genitori sul reddito è particolarmente discriminante e significativa:
Nonostante la povertà educativa sia presente anche tra i minori che vivono in famiglie che non sono particolarmente svantaggiate dal punto di vista economico, sociale e culturale, il fenomeno rimane sostanzialmente “ereditario”. Come in un circolo vizioso, la povertà economica ed educativa dei genitori viene trasmessa ai figli, che a loro volta saranno, da adulti, a rischio povertà ed esclusione sociale. D’altra parte, come riportato dal rapporto dell’OCSE Education at Glance del 2016, l’Italia si caratterizza come uno dei paesi a più bassa mobilità educativa in Europa. Soltanto l’8% dei giovani italiani tra i 25 e 34 anni con genitori che non hanno completato la scuola secondaria superiore ottiene un diploma universitario (la media OCSE è del 22%). La percentuale sale al 32% tra i giovani con genitori con un livello d’istruzione secondario, e raggiunge il 65% tra coloro i quali hanno genitori con diploma universitario. Sono dati allarmanti, che ci parlano di un Paese nel quale è la “lotteria della natura”, e non il talento, a determinare i percorsi educativi e di vita dei ragazzi.

La questione economica incide sulla partecipazione alla vita sociale e culturale. Riferisce ancora Save the Children:
La partecipazione ad attività culturali e ricreative, come l’andare a teatro, concerti, musei, mostre, siti archeologici e monumenti, fare attività sportive, leggere libri, ed utilizzare internet, rappresenta anch’essa un importante indicatore dell’opportunità – o della privazione – educativa.La percentuale di bambini e adolescenti tra i 6 e 17 anni che non hanno praticato sport in modo continuativo, non hanno utilizzato internet quotidianamente, non sono andati a teatro e a concerti, non hanno visitato musei e siti archeologici, non hanno letto libri, è significativamente maggiore tra coloro i quali vivono in famiglie con risorse economiche scarse o assolutamente insufficienti. Le differenze sono molto marcate sia in relazione alla pratica sportiva – il 54% dei ragazzi che vivono in famiglie disagiate non ha fatto sport nell’ultimo anno in modo continuativo, a fronte del 35% dei ragazzi in famiglie con risorse adeguate o ottime -, sia riguardo alla fruizione delle attività culturali in particolare le visite ai musei o ai siti archeologici. In questo caso si registra un gap di circa 15 punti percentuali.
A conferma del fatto che si tratta di un processo complesso, attivato da molteplici elementi, la trasmissione intergenerazionale dello status socio-economico (…) non sembra esaurirsi ad un determinato punto del tempo; in particolare, i canali economici, familiari e sociali continuano ad operare dopo il completamento degli studi, condizionando sia l’accesso sul mercato del lavoro (specie se i meccanismi di ingresso dipendono da relazioni informali), sia le successive prospettive di carriera.

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