La storia dell’approccio al problema del matrimonio forzato nel Regno Unito

ONORE E DESTINO Convegno conclusivo del progetto “Contrasto ai matrimoni forzati in Provincia di Bologna: agire sul locale con prospettiva internazionale” Bologna, 28 febbraio 2014

Abstract dell’intervento RELATRICE: MEENA PATEL

La storia dell’approccio al problema del matrimonio forzato nel Regno Unito

Nel Regno Unito la maggioranza dei casi di matrimonio forzato riguarda ragazze e bambine; non si conoscono le reali proporzioni del problema, ma nel 2012 l’Unità sul matrimonio forzato ha trattato 1485 casi; di questi, l’82% riguardava donne e bambine così ripartite per fasce d’età: il 13% minore di 15 anni, il 22% sui 16-17 anni, il 30% fra i 18 e i 21 e il 19% fra i 22 e i 25. Sono numerosi i gruppi etnici minoritari in cui si pratica abitualmente il matrimonio forzato: il maggior numero dei casi denunciati alle autorità, e anche di quelli trattati da SBS riguardano persone originarie dell’Asia meridionale o del Medioriente. Nel suo rapporto del 2000 A Choice by Right (Una scelta di diritto), il Gruppo di lavoro sul matrimonio forzato del Ministero degli interni ravvisava nel matrimonio forzato una violazione dei diritti umani: tale riconoscimento aveva condotto l’allora Ministro degli interni Mike O’Brien ad affermare che «la sensibilità multiculturale non può essere un pretesto per la cecità morale».

È stato quindi approvato questo nuovo approccio al problema, basato sul rispetto dei diritti umani da parte del governo. Da allora sono state introdotte diverse misure significative finalizzate a rafforzare l’efficacia nel contrasto ai matrimoni forzati: fra queste il miglioramento dell’azione dell’Unità governativa contro il matrimonio forzato per sostenere all’estero le persone con doppia – o unica – cittadinanza. Nel 2005, il governo ha aperto una consultazione relativa alla proposta di penalizzazione del reato di matrimonio forzato. Grazie all’azione di SBS e di molte altre ONG femminili, la scelta finale è stata di non introdurre una fattispecie penale specifica, che sarebbe stata controproducente, poiché avrebbe dissuaso le vittime in situazione di vulnerabilità dal denunciare, con l’effetto di occultare maggiormente il problema.

Ampio sostegno da parte dell’opinione pubblica ha invece riscosso, nel 2007, l’introduzione della legge sulla protezione dal matrimonio forzato in sede civilistica – Forced Marriage Civil Protection Act –su proposta di Lord Lester, il quale ha lavorato al disegno di legge in stretta collaborazione con SBS e altri giuristi. La legge consente alle vittime, e anche alle terze parti che le rappresentano, di ottenere degli “ordini  di protezione dal matrimonio forzato” – Forced Marriage Protection Order, FMPO – e ha introdotto linee-guida vincolanti sul matrimonio forzato, finalizzate a una maggior efficienza e coordinamento fra gli enti e i soggetti coinvolti, in primis polizia e servizi sociali, per Progetto promosso da Trama di Terre e ActionAid col contributo della Fondazione Vodafone Italia.

ONORE E DESTINO

Convegno conclusivo del progetto “Contrasto ai matrimoni forzati in Provincia di Bologna: agire sul locale con prospettiva internazionale” Bologna, 28 febbraio 2014 sancire esplicitamente il principio che in questi casi le parti non debbono ricorrere alla mediazione per tutelare le vittime e garantire la loro sicurezza e protezione.  Nel 2011, tuttavia, la nuova coalizione di governo ha annunciato l’intenzione di penalizzare la violazione dell’ordine di protezione e ha aperto una consultazione con l’obiettivo di introdurre il reato di matrimonio forzato.

La penalizzazione è questione controversa nel Regno Unito: da un lato, si sostiene l’importanza di dare un messaggio forte e chiaro di condanna del matrimonio forzato come di pratica ripugnante e moralmente sbagliata; ma questo messaggio come sarebbe accolto?  E le agenzie statali (polizia etc.) risponderebbero adeguatamente, garantendo condizioni di sicurezza? Le ragioni della nostra opposizione alla penalizzazione si fondano su 33 anni d’esperienza sul campo con donne e bambine soggette a violenza e abuso, a cominciare dal matrimonio forzato e da altre pratiche lesive perpetrate all’interno della famiglia.

Nel tempo abbiamo realizzato diverse consultazioni che hanno coinvolto vittime di matrimonio forzato, alunne delle scuole medie e delle superiori e studentesse universitarie, ONG femminili, in particolare quelle delle donne nere e/o appartenenti a gruppi etnici minoritari di tutto il Paese. Molte delle giovani donne con cui abbiamo parlato hanno ribadito con forza di non voler avviare un’azione penale contro la propria famiglia, che continuano ad amare e rispettare, anche se non sono d’accordo sulle decisioni prese per il loro futuro. Sperano che col tempo i genitori giungeranno ad accettare le loro scelte. Noi pensiamo che penalizzare il reato di  matrimonio forzato sarebbe un messaggio forte e giusto rivolto ai gruppi etnici minoritari: ma dopotutto avrebbe ricadute negative, in quanto dissuaderebbe le vittime dal denunciare, con l’effetto di rendere il problema ancor più sommerso e invisibile

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