Legge sulla procreazione: tre lacune da colmare

Una urgente e necessaria revisione dell’applicazione della legge sulla procreazione medicalmente assistita (Pma). Quattordici anni dopo il varo delle legge 40 del 2004, il Movimento per la Vita indica tre grandi «omissioni che è doveroso colmare».

Tre domande cui il Parlamento deve dare risposta.
Quanti sono gli embrioni congelati?
Che fine fanno quelli non conservati?
Quali sono le cause per cui le coppie ricorrono alla ‘provetta’, se la legge dice che dovrebbe essere
l’ultimo tentativo?

Tre questioni ignorate sistematicamente nelle relazioni al Parlamento sull’applicazione della 40/04 del ministero della Salute. Il Movimento per la vita (Mpv) le evidenzia, presentando alla Camera il suo X Rapporto annuale sulla procreazione medicalmente assistita (Pma), assieme ai deputati Antonio Palmieri (Fi) e Alessandro Pagano (Lega) e alla senatrice Paola Binetti (Udc per l’Italia). Conferenza che è stata anche l’occasione di rilanciare la proposta di legge 4048 del 206 – primi firmatari Binetti (Udc) e Palmieri (Fi) più altri 14 – per l’adottabilità degli embrioni congelati che lo stessoPalmieri ripresenterà.Marina Casini Bandini, presidente del Mpv, sottolinea come l’articolo 1 della legge afferma i due principi della legge: il superamentodei problemi di sterilità, la tutela del concepito. «Riconoscere che il concepito è soggetto titolare di diritti è un’affermazione importante – sottolinea – ma fino ad oggi il secondo commaè stato ignorato».Dal Rapporto del Mpv emergono dunque tre lacune. La prima: «Non è dato conoscere il numero di embrioni generati in vitro e congelati. Sappiamo solo quelli del 2016, cioè 38.687, probabilmente ‘di scorta’, prodotti per impianti successivi in caso di insuccesso. Ma in gran parte sono ormai privi di un progetto parentale, sono orfani. Per questo sosteniamo il ddl sulla disciplina per l’adozione degli embrioni». La seconda lacuna riguarda la «mancanza di informazione sugli embrioni non crioconservati né impiantati». Secondo una relazione ministeriale, dice il Mpv, sarebbero 63.631. Due sentenze della Corte costituzionale, nel 2015 e nel 2016 hanno affermato che «l’embrione non è certamente riducibile a mero materiale biologico». E che «la malformazione non giustifica un trattamento deteriore rispetto a quello degli embrioni sani». Dunque per il Mpv tutti «dovrebbero essere congelati».

La terza lacuna, dice il segretario del Mpv Giuseppe Grande, andrologo ed endocrinologo al Gemelli, riguarda il ‘perché’ si ricorre alla Pma: «La 40 prevede che la Pma sia una tappa ultima, qualora non abbiamo funzionato altre soluzioni. Ma se è così, dalla Relazione ministeriale non lo sappiamo. È necessario rilevare le cause di accesso alla Pma anche nell’uomo, oltre che nella donna. E sapere quanto sia stata fatto di autentica medicina dellariproduzione. Non solo tecniche di Pma».Grande ricorda le scarse percentuali di successo della Pma: 13,3% in media, che crolla al 5% nelle madri di 40 anni, 2% sopra i 43. La letteratura scientifica fra l’altro afferma che i bambini nati con la Pma hanno il 73% in più di possibilità di malformazioni, nell’adolescenza più ipertensione e invecchiamento vascolare precoce. Buoni i risultati dell’Istituto scientifico Paolo VI del Gemelli nella cura dell’infertilità: su 271 coppie 114 hanno ottenuto la gravidanza, oltre il 42%. Cure molto meno costose delle tecniche di Pma che oggialimentano un fiorente mercato.

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