Stella: e’ cattiva gente, non si fanno problemi a picchiare e uccidere

Foto di N_Sovenok da Pixabay

Sono nata a Benin City e a 24 anni sono arrivata in Italia. Il mio viaggio e’ iniziato dal Lagos poi sono arrivata in Italia a Milano e poi sono andata a Padova e a Torino, non ricordo piu’ neanche quante tappe abbiamo fatto.

In Nigeria incontrai un uomo che mi propose un lavoro in Italia. Ho due figli e in famiglia siamo in sette. dovevo badare a loro e quindi decisi di partire anche perche’ mi disse che avrei fatto tanti soldi in poco tempo e poi sarei tornata di nuovo in Nigeria dai miei figli. Con quest’uomo andai nel Lagos dove mi fece fare alcune fotografie che sarebbero servite per i documenti, di qui partimmo, e dopo tre giorni di viaggio, senza mai fermarci, arrivammo a Conakry. Raggiunta la prima destinazione mi fermai per un mese e mezzo a casa di una signora che disse di essere la moglie dell’ambasciatore, con me c’erano altre otto ragazze.

Partimmo per la Guinea dove mi fecero cambiare pettinatura e mi distrussero i documenti nigeriani e li sostituirono con un passaporto con visto, passammo da Malta e arrivammo a Belgrado. Qui con la presunta moglie dell’ambasciatore e tre uomini bianchi camminammo a piedi fino ai confini dove ci aspettava un auto che ci fece raggiungere Budapest.

Non sapevo cosa mi aspettava … o non volevo saperlo per paura, aspettavo solo di raggiungere l’Italia dove pensavo mi sarei sentita più al sicuro. A Budapest incontrammo un uomo Ibo che ci fece camminare fino alle frontiere della Slovenia camminammo per quindici giorni … spero che un giorno potrò dimenticare questo brutto viaggio in cui non c’era mai nulla da mangiare e se c’era non bastava mai per tutti.

Qui incontrai la polizia e raccontammo di essere dei profughi della Sierra Leone e cosi ci portarono in un campo profughi. Qui iniziai a capire che non era bene quello che stavamo facendo, ma mi sentivo ormai legata e non potevo più liberarmi di loro. Da questo campo profughi fuggimmo e nuovamente marciammo fino alla frontiera e li prendemmo il treno per Torino.

Arrivati alla stazione di Porta Nuova ci venne a prendere una donna che poi divenne la mia madam. Raggiungemmo un appartamento in una zona di Torino dove mi sentivo un po’ a casa perché erano tutti come me di colore, però era un posto un po’ strano. A casa ci venne detto che dovevamo pagare per il viaggio che avevamo fatto, novanta milioni di lire e che dovevamo fare il lavoro di prostituta per poter saldare al più presto questo debito e che se ci rifiutavamo saremmo state picchiate o avrebbero fatto del male alla nostra famiglia. Io pensavo ai miei figli e a quello che gli avevo promesso e cioè che presto sarei tornata a casa.

Ci fecero spogliare e ci fecero un rito vudù perché cosi secondo loro noi non saremmo mai scappate e non avremmo mai avuto il coraggio di denunciarle. Io invece ho avuto il coraggio di denunciarli perché è cattiva gente, non si fanno problemi a picchiare, uccidere gli altri, ricordo che prima di iniziare il brutto lavoro sulla strada ci dicevano con quanti clienti dovevamo andare, quanti soldi dovevamo portare a casa e se non portavamo i soldi che voleva ci picchiava, io sono stata picchiata molte volte con pezzi di vetro che mi hanno procurato delle cicatrici molto profonde che ogni volta che guardo ho tanta rabbia e mi viene voglia di strapparmi quelle ferite.

Quando mi picchiavano cercavano anche di soffocarmi con un cuscino in modo da non far sentire le mie urla alle persone che abitavano dei dintorni, anche se in tutto il quartiere erano tantissime le ragazze che facevano il mio stesso lavoro, ci bastava guardarci per sapere che lavoro facevamo. La strada e molto dura, il freddo ci fa soffrire molto, nel nostro paese non è così e poi molte volte siamo derubate e aggredite da alcuni clienti che non vogliono pagare. Sulla strada si diceva che spesso alcune ragazze venivano violentate da un gruppo di ragazzi, portate in strade di campagna e poi lasciate lì, a me per fortuna non è mai successo.

Una volta mi è capitato che da una macchina i ragazzi che erano all’interno ci buttarono addosso un secchio d’acqua gelata, ed era pieno inverno. In quel momento ho capito di essere in pericolo, che tanta gente mi odiava e si divertiva a farci soffrire. Mi sono sentita un animale anzi peggio, perché gli italiani non fanno queste brutte cose ai loro animali. Ho deciso di scappare e di rivolgermi al centro stranieri, loro mi hanno aiutato a trovare una buona sistemazione e sono riuscita a mettermi in contatto con i miei figli che presto riabbraccerò, forse riesco a farli venire in Italia. Sono contenta di aver denunciato le persone che mi hanno fatto tanto male anche se non sono riuscita a identificare tutte le persone. Mi piacerebbe aiutare le altre ragazze però per me è troppo presto rivedere quelle strade ho paura di ricordare ancora altre brutte cose“.

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