
Elham Manea è uno scrittore, professore e difensore dei diritti umani svizzero-yemenita. È nota per la sua difesa dei diritti umani, in particolare per la sua difesa dei diritti delle donne.
Nel 2007 ha pubblicato un articolo dal titolo “Togliti il velo!”, per incoraggiare alla libertà di scelta della donna contro l’imposizione del velo che in maniera scorretta è spesso considerato un obbligo religioso.
“Questo è un invito rivolto a
te, sorella musulmana, un invito a toglierti il velo. E’ un invito
sincero. Non è un atto di cattiveria. E’ un invito puro. Non cerca di
profanare una parte di te. Così come non vuole spronarti alla
perversione. Anzi ti invita ad adoperare la tua mente, a utilizzarla, da
sola. Tu e la tua mente, bastate da sole. Senza dovere cercare nei
libri e nella storia. Senza dovere esplorare nei quaderni le opinioni
dei commentatori. Per questo te lo chiedo, senza paura. Ti chiedo di
accogliere con benevolenza e ponderare le mie parole senza dubitare del
mio intento. Dopotutto tu sei libera. Libera di decidere. Libera di
scegliere il tuo destino. Di fare quel che vuoi. Sei padrona di te
stessa. Solo tu. Solo tu ti puoi proteggere. Nessun altro. Puoi
indossare il velo oppure toglierlo. Rispetterò qualsiasi tua decisione.
Alla fine la decisione deve essere la tua. Lascia quindi che ti illustri
il motivo del mio invito.
Ho detto in un precedente scritto che
l’uso del velo è iniziato di fatto nel mondo islamico con la rivoluzione
islamica in Iran, che ha reso obbligatorio il velo per le donne dopo
che i religiosi erano riusciti a convincere il ceto medio e le fazioni
di sinistra a spargere il proprio sangue per cacciare lo scià Muhammad
Reza Pahlevi. Siccome questa rivoluzione ha rappresentato la prima vera
rivolta nella regione è diventata per molti un esempio da imitare, così
come l’abbigliamento delle donne iraniane (naturalmente, i mezzi di
comunicazione hanno taciuto tutte le manifestazioni femminili contro
l’imposizione del velo, ma questa è un’altra storia).
A
questo si aggiunge un altro fatto, ovvero il boom petrolifero cui ha
assistito il Regno saudita in seguito al quale alcune persone facoltose
hanno iniziato a investire il proprio denaro per pubblicare la cultura
della propaganda islamica wahhabita, e per avviare una enorme macchina
mediatica che afferma da mattina a sera che il velo è obbligatorio.
Queste tradizioni della propaganda islamica si sono unite al pensiero
dei Fratelli musulmani e delle fazioni politiche arabe e islamiche a
loro ispirate, per diffondere nella società un pensiero nuovo, un
pensiero strano, che ha cambiato molti comportamenti e modi di pensare.
Quindi l’ambito in cui è nata la questione del velo è politico. Due
nazioni, in cui il regime politico governa in nome della religione,
attraverso la quale cercano di diffondere il loro modello e al tempo
stesso affermare la legittimità del loro potere. Entrambe impongono alle
donne il velo, affermando che si tratta di un simbolo religioso, a
prescindere dalla loro volontà. A prescindere dalla volontà delle donne!
Il pensiero dei Fratelli musulmani mira unicamente a raggiungere il
potere politico. Tuttavia, poiché usano la religione per giustificare il
loro fine, devono anche fornirci un modello “comportamentale islamico” e
l’”abbigliamento” risulta esserne una parte centrale. Quindi, torno a
ripetere la questione del velo è del tutto politica. Politica e basta.
Ma la sua giustificazione, la convinzione da parte della donna che sia
un obbligo, ha assunto tre aspetti: i primi due umani, il terzo
religioso. La prima giustificazione si basa sul fatto che la donna,
indossando il velo, copre la sua femminilità e protegge quindi l’uomo
dalla trasgressione. La seconda vuole che comportandosi così la donna
contribuisca a fondare una società virtuosa. La terza sostiene che di
fatto sia nella sua essenza un dovere religioso.
La prima
giustificazione presuppone che l’uomo arabo sia un animale voluttuoso
che non riesce a dominare i propri istinti, poiché il sesso domina la
sua mente per cui è inaffidabile e la donna deve quindi coprire le parti
del suo corpo che possono sedurlo per proteggerlo dal diavolo che ha
dentro di sé. Questa premessa è dannosa e ingiusta nei confronti
dell’uomo arabo, che conosciamo come fratello, padre e marito, che
conosciamo come essere umano. Perché è capace di trattare la donna come
un essere umano, e non come un mero oggetto di piacere. Perché è in
grado di dominare i propri istinti, nonostante li abbia e ne sia
consapevole, così come fa la donna. Perché io come donna quando ho a che
fare con lui parto dal presupposto che è un essere umano. Un essere
umano che mi rispetta. Allo stesso modo, la prima giustificazione
rappresenta la donna niente meno che come un oggetto sessuale, l’organo
genitale, non come un essere umano, non come una persona nella sua
interezza, o un essere razionale, ma come un oggetto che risveglia gli
istinti, con la voce, con i capelli, con il corpo, tutto in lei provoca e
sconvolge l’uomo. Dimenticando che la donna può benissimo farsi
rispettare dall’uomo e da chi la circonda con il suo comportamento, con
il suo modo di rapportarsi agli altri, non coprendosi il capo,
indossando un mantello o una tunica. Con il comportamento. Con il modo
di rapportarsi agli altri. Facendosi rispettare.
La seconda
giustificazione si fonda sulla premessa che esista una connessione tra
l’indossare il velo e l’istituzione di una società virtuosa. In base a
questa logica la società virtuosa è quella in cui non esistono rapporti
sentimentali tra le persone al di fuori del matrimonio. Tuttavia questa
giustificazione è come minimo errata. Poiché le società in cui il velo è
obbligatorio e in cui si ha la segregazione dei sessi non sono certo
quelle in cui i rapporti sessuali al di fuori del matrimonio sono
inferiori. Anzi è vero il contrario. La segregazione forzata ha portato
alla diffusione dei rapporti omosessuali, così come è dimostrato da
studi e rapporti pubblicati che il velo non ha evitato che alcune
ragazze nel mondo arabo e islamico avessero relazioni amorose al di
fuori del matrimonio. Dopodiché, come è d’uso, sono ricorse alla
chirurgia per la ricostruzione dell’imene.
La terza giustificazione
si fonda sulla premessa che la religione ha una posizione precisa sulla
questione del velo, mentre di fatto ci sono testi religiosi diversi tra
loro a riguardo, da sempre. E tu donna puoi leggere questi brani da
sola, non hai bisogno di un intermediario. Noterai che non solo esistono
numerosi testi, ma che questi hanno anche diverse interpretazioni.
Tuttavia abbiamo deciso di limitarci e interpretarli in base a idee che
risalgono al Medio Evo. Se vuoi la verità, la terza giustificazione che
dice a te e a me che la religione impone alla donna il velo è la più
debole delle tre, perché abbiamo sentito questo discorso solo verso la
fine degli anni Settanta, e l’abbiamo visto applicare solo dopo che
l’interpretazione ortodossa dell’islam ha iniziato a dominare il mondo
arabo e musulmano.
Questa è la logica sulla quale si fonda il mio
invito. Ti supplico di prendere in considerazione le mie parole, la mia
richiesta. Non ti chiedo di smettere di pregare. Non ti chiedo di
smettere di digiunare. Non ti chiedo di smettere di credere in Dio. Ti
chiedo di togliere il velo. I tuoi capelli sono come i miei. Non sono un
simbolo sessuale di cui vergognarsi. Il tuo corpo è come il mio. Non è
un oggetto di brame sessuali. Il tuo corpo è come il mio. Va rispettato e
lodato. Sei come me. Una persona completa. Dotata di capelli e corpo.
Sei come me, sei in grado di essere “virtuosa” nei modi e nel
comportamento, senza un velo che ti copra. E’ il mio comportamento che
mi definisce, non un pezzo di stoffa. Sii come vuoi essere. Rispetterò
la tua decisione. Ma alla fine devi essere te stessa. Una donna. Non un
oggetto sessuale.”