27. L’aborto: e’ vero che non e’ l’ideale, ma… in certi casi? (provocazione)

Foto di samuel Lee da Pixabay

Abortire significa far cessare la vita di un embrione, cioe’ di un essere umano. Anche se viene eseguito da un medico, resta un’azione di morte.

  •  Ma anche la madre ne subirà le conseguenze: l’apertura forzata del collo dell’utero, l’arresto brutale dell’attività ormonale dell’ovaia hanno un effetto molto violento, in grado di produrre squilibri fisici e psichici che non sempre vengono calcolati.
  • Inoltre, in molti casi, abortire non è che la soluzione immediata di un problema che rimane irrisolto. Questa gravidanza non desiderata è infatti, in molti casi, il frutto di una situazione dolorosa: una relazione precaria, una delusione, un atto sconsiderato causato da una solitudine affettiva, e così via. L’aborto spesso non fa che aggravare la sofferenza interiore della donna, lasciando tracce indelebili a livello conscio o inconscio.
  • « E se la donna non è in grado di assumersi questa gravidanza?» si potrà obiettare. Effettivamente, restare incinta dopo aver subito una violenza o dopo aver subito una’avventura può rappresentare una catastrofe. Ma è una ragione per causarne un’altra? La morte di un essere umano, anche se allo stadio embrionale, è in sé una catastrofe. Che è ancora più difficile da accettare.
  • Questo atto può restare impresso nell’intimo di una persona ancora più profondamente che nella sua memoria cosciente, e provocare disturbi gravi: senso di colpa di cui non ci si riesce a sbarazzare, aggressività contro il marito, il compagno o gli uomini in generale,angoscia nella vita sessuale che, da quel momento, può essere vissuta come «pericolosa», timore di non poter mai più essere una «buona madre» dopo aver «fatto quello», e così via.
  • Cosa fare, dunque, in una situazione disperata? lntanto bisogna sapere che esistono forme di sostegno, e che non si è necessariamente soli di fronte a questa prova. Molte giovani mamme hanno accettato, con l’aiuto di persone e di famiglie che le hanno sostenute moralmente e materialmente, di tenere il loro bambino. Esse possono testimoniare che la loro vita non ne è rimasta rovinata, al contrario: questo bambino ha rappresentato spesso una tappa essenziale nella loro crescita verso una vita più matura, più responsabile ed è stato la fonte di una vera fioritura.
  • Se per la donna fosse veramente impossibile accettare la matemità, esiste una soluzione prevista dalla legge: la giovane madre può scegliere di non riconoscere il suo bambino che viene affidato, nei primi tre mesi di vita dopo la nascita, a istituzioni legalmente riconosciute che lo affideranno, a loro volta, a genitori adottivi. E’ un atto coraggioso, un atto di lucidità e di amore verso il bambino; va detto contro tutte le voci che, senza riflettere, potrebbero alzarsi a condannare. E’ bene altresì sapere che, nei nostri paesi, esistono migliaia di genitori che ogni anno desiderano adottare un bambino e non ci riescono.

Ci sono dunque ottime possibilità che un neonato trovi una famiglia nella quale potrà essere felice. In queste condizioni, non è detto che un bambino «non desiderato» sia per forza destinato all’infelicità.

Niente, mai, è perduto per il Signore. Se riconosciamo di aver commesso un grave errore, il perdono di Dio (dato dal sacerdote mediante il sacramento della riconciliazione) ci apre nuovamente le porte della pace e della gioia. Gesù non è venuto a condannare, ma a cercare la pecorella perduta tra le spine, per prenderla sulle sue spalle e guarirla.

Testimonianza

 

Quando mia madre mi aspettava, si ammalò gravemente e fu ricoverata d’urgenza in ospedale. Il medico le consigliò di abortire subito, perché c’era il pericolo che la sua malattia causasse malformazioni al nascituro.

I miei genitori rifiutarono perché credenti, e decisero di accettare questo bambino anche se era handicappato. Chiesero ad una suora di pregare in modo particolare per il bambino che doveva nascere. Ella si impegnò, ma morì poco prima che io nascessi.

Sono nata senza alcuna malformazione! Il mio unico dispiacere è quello di non aver conosciuto la persona alla quale devo, senz’altro, la grazia di essere una ragazza normale…

Mégumi

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