40. Perche’ vivere se non ho chiesto di nascere?

Foto di esudroff da Pixabay

Ti chiedi perche’ sei infelice. La vita ti sembra insopportabile. I motivi sono sicuramente tanti : mancanza di vero amore o di comprensione, abbandono, lutti o malattie, fallimenti, paura del futuro… Non riesci ad accettarti così come sei: tormentato, asfissiato, ti senti solo… Insomma, non ti vuoi bene e pensi che nessuno possa volertene. Preferiresti morire piuttosto che vivere in modo così insopportabile. La morte ti sembra un’uscita di soccorso e ti attrae.

  • Nell’abisso della tua angoscia, vorrei gridarti un messaggio di speranza: tu sei amato! Vuoi accettare di lasciarti amare – così come sei, adesso – da qualcuno che ha dato la proprio vita per te? Il suo nome? Gesù!
  • «Ma Gesù è morto!» mi dirai. Sì, è vero. Ma è risuscitato, è vivo. Oggi, adesso, puoi parlargli. Ti ascolterà. Non è difficile: rivolgiti a lui nell’intimo del tuo cuore, raccontagli la tua angoscia, il tuo disgusto, tutto ciò che vivi.

Chiamalo in tuo aiuto… Questa sarà la tua preghiera. Credimi, toccherà il suo cuore, perché ti capisce. Come te ha conosciuto un’angoscia terribile la sera prima della sua morte, nel Getsemani. Per questo ti è vicino: vuole e può consolarti.

  • Nei momenti di grande angoscia, non rimanere solo. Chiedi aiuto, parla ad un amico, a qualcuno che conosci ed in cui hai fiducia… chiama al telefono una persona cara.
  • Quando Si scopre di essere amati da Dio, ci si può riconciliare con se stessi, accettarsi con le proprie debolezze ed il proprio passato… Capirai a poco a poco che la tua vita ha un senso se la dedichi agli altri, se anche tu cerchi di aiutare a rimettersi in piedi coloro che soffrono intorno a te. Vedrai, allora, che la tua vita non è una goccia d’acqua nell’oceano o un numero estratto a sorte da una statistica.

«Si dimentica forse una donna
del suo bambino, così da non commuoversi
per il figlio delle sue viscere?
Anche se queste donne si dimenticassero,
io invece non ti dimenticherò mai»
(Is 49, 5)

Testimonianza

 

Avevo 18 anni e tanta voglia di morire.
Sfinito, disgustato, ero in una profonda depressione, ed avevo l’impressione di rastrellare foglie morte fino ad ammassarne così tante da non riuscire più ad andare avanti…
Ma desideravo morire senza soffrire e mi venne l’idea di ricorrere al cianuro, che credevo rapido ed indolore. Come procurarmi del cianuro senza attirare l’attenzione? Dove abitavo era difficile. Preferii fabbricarmelo da solo con le nozioni di chimica apprese al liceo.
Una mattina di febbraio, approfittando del fatto che ero rimasto solo a casa mi chiusi nel bagno per fabbricare il mio prodotto. Una scintilla avrebbe dovuto provocare la reazione. Ma l’esperimento fallì.
Ero così deciso a farla finita che andai in cucina per aprire il gas… sarebbe stato sicuramente più efficace, anche se più pericoloso per gli altri.
In quel momento qualcuno suonò alla porta di ingresso. Certamente il postino… Se non avessi aperto, avrebbe suonato alla vicina, che faceva le pulizie in casa nostra. Lei avrebbe portato la posta, e si sarebbe messa a lavorare, impedendomi di suicidarmi.
Allora andai ad aprire. Fuori faceva un freddo terribile quell’inverno: nella notte il termometro doveva essere sceso a 5 gradi sotto zero. Alla porta c’era un mendicante, aveva passato la notte all’aperto. L’avevano mandato da noi, perché mia madre si occupava dei poveri della parrocchia.
Mia madre non c’era. Che fare? Ero tentato di mandarlo via subito e di tornare al mio proposito. Ma tremava. Le sue mani erano blu dal freddo. Ero talmente instupidito, che fu il ricordo di una pagina che avevo letto a guidarmi: far entrare quell’uomo ed offrirgli un caffè caldo.
Rimase in casa a lungo, forse due ore; il tempo di riscaldarsi, prima di poter bere e mangiare.
Mi chiese dei soldi: gli avevano proposto un lavoro, ma lui non osava presentarsi a causa dei capelli lunghi e della barba irsuta. Prima voleva andare da un barbiere.
Gli diedi quei pochi soldi che avevo in tasca. E dopo la sua partenza, presi dalla cassa di famiglia i soldi per andare al cinema e pensare ad altro.
Sentivo che mi aveva salvato il fatto di accogliere una persona più povera di me.

Pietro


Mi chiamo Cristina, ho 18 anni e vive con la nonna. Ho frequentato a lungo una banda di ragazzi di 20 anni, della periferia parigina. Ero l’unica ragazza. C’erano Solo alcool e perversità.
All’inizio di novembre il padre di uno di loro tentò di violentarmi: mi sentivo così sporca, che due giorni dopo mi tagliai le vene. Tentativo fallito. Mi sfogai sul mio abbigliamento: vestita di nero, truccata spaventosamente, una parte dei capelli rasata. Ero abitata da violenza ed aggressività.
Dicembre: un secondo tentativo di suicidio, questa volta con i sonniferi.
Nuovo fallimento. Taglio comunque i rapporti con la banda di ragazzi.
Febbraio ’90: durante un litigio, picchio mia nonna e tento di suicidarmi, aprendomi gli avambracci con un frammento di vetro di bottiglia. Nuovo fallimento (ma «belle» cicatrici!).
A partire dal mese di marzo, mi ferisco le vene delle braccia e del corpo regolarmente, «sniffo» colla o etere, fumo spinelli e mi stordisco con sonniferi o a volte con l’alcool.

Nell’agosto 1990 ho partecipato al Forum internazionale dei Giovani, organizzato dalla comunità dell’Emmanuele, a Paray-le-Monial; non ci sono andata proprio per pregare… ma, col passare dei giorni, mi sono sentita più in pace.
Il terzo giorno del Forum, l’11 agosto, tutto è cambiato. Durante la messa, un prete ha detto, ispirato dalla parola di Dio: «C’è una ragazza di 16 anni che per tre volte ha tentato di suicidarsi quest’anno… Il Signore la guarisce dalle sue idee tetre e suicide. La chiama alla vita…».

Fui subito assalita da un torrente di lacrime. Ho sentito nel cuore un vero e proprio bruciore, come quando si ama, e sulla mia mano sinistra la sensazione che una mano si fosse posata sopra. Mi sono sentita svuotata di tutto e infiammata di una gioia immensa. Amavo la vita, la stavo scoprendo!

Da un giorno all’altro ho lasciato droga, tagli alle braccia con il vetro, rasatura dei capelli e tutto il mio degrado e l’autodistruzione di me stessa. Ho ripreso a vestirmi con abiti colorati, dopo tanti anni di nero.

Ho avuto qualche crisi di astinenza, di abbattimento, ma la preghiera è sempre stata il mio maggior sostegno. Da quel momento di grazia, vado ogni mercoledì al gruppo di preghiera. Ho trovato un amore sicuro e forte, quello di Gesù. E vorrei annunciarlo a tutti, in particolare ai giovani che vivono nella solitudine e nella delinquenza: sì, Egli è vivo e ci ama!

 Cristina

Credits: www.ilestvivant.com
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