44. E’ lecito accelerare la morte di un malato?

Chi puo’ sapere cosa accade in una persona sofferente, nel mistero del suo cuore? Chi puo’ dire che quell’essere non deve piu’ vivere? Certo, per i cristiani, puo’ esserci in quei momenti un’ultima possibilita’ di incontro, di perdono, di offerta, di amore…

Ma per ogni uomo, credente o non credente, esiste un rispetto assoluto della vita e del mistero di un essere umano. Che cosa rimane, infatti , dei diritti dell’uomo se vengono trovate le ragioni per interrompere la vita in un modo o nell’altro, decidendo che non vale più niente?

L’eutanasia, atto con il quale si provoca volontariamente e direttamente la morte di un malato (soprattutto iniettando dosi mortali di vari prodotti, spesso mescolati) è un omicidio volontario, un crimine. Il medico, la cui missione è quella di alleviare il più possibile le sofferenze del proprio paziente e che ha giurato di servire la vita, non può in alcun caso, né sotto alcuna pressione, attentare alla vita di un malato.

Al contrario, è necessario opporsi anche all’accanimento terapeutico, vale a dire lo sforzo di prolungare una vita ad ogni costo, utilizzando mezzi sproporzionati (rispetto all’età, alle reali possibilità di miglioramento…) Sarà il buon senso, la nostra capacità di giudicare e di agire con equilibrio e prudenza, a far valutare cosa è più utile ad una persona nella sua condizione.
A volte il medico dovrà rinunciare ad un atto che gli darebbe una personale soddisfazione, dal punto di vista scientifico, per dare la precedenza alle esigenze del paziente. Tutto ciò richiede vera competenza… ed anche umiltà. Vanno in questa direzione le cosiddette «cure palliative». Non è mai facile avvicinare il mistero della morte. Per far fronte alle nostre paure, la soluzione non è quella di cercare la speranza?

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