
“Sono dei programmi di assistenza domiciliare che si basano sull’iniziativa comunitaria”.
Quando il problema dell’AIDS ha cominciato ad essere molto presente in Zambia e anche qui nel Copperbelt (provincia settentrionale dello Zambia), cioe’ negli anni ’90, gli ospedali e i centri della salute fallivano nel dare una risposta a questi malati.
C’era un aumento notevole di malati cronici nelle comunita’, perciò in certi compound (sobborghi molto poveri peri-urbani) in cui c’era la presenza forte di alcune congregazioni religiose, ci si e’ interrogati su quello che si poteva fare per queste persone che entravano e uscivano dall’ospedale, senza ricevere nessuna attenzione o cura efficace e continuavano a star male.
In quel momento sono sorti spontaneamente questi programmi di assistenza domiciliare:
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due qui a Ndola, grazie alla presenza delle suore del sacro Cuore e alla mia presenza come medico, e uno a Kitwe, grazie alla presenza delle suore del Sacro Rosario.
Siccome la domanda per questi servizi aumentava e c’era la potenzialità anche in altri compound di intraprendere questo tipo di risposta, nel 1993 il vescovo di Ndola, lungimirante, ha pensato di creare, all’interno del Dipartimento diocesano della Salute (che si occupava delle istituzioni sanitarie, tipo gli ospedali missionari, i centri di salute della zona rurale, ecc.)
il Dipartimento dell’AIDS, chiamando il dott. Pete Rejer, che era stato il coordinatore precedente e coinvolgendo anche me, come assistente coordinatrice. Il compito di questo dipartimento era quello di coordinare queste iniziative comunitarie di assistenza domiciliare, raccogliendo anche fondi e sostenendole.
Adesso noi, come Dipartimento dell’AIDS, coordiniamo 11 programmi di medicina a domicilio, con i quali siamo presenti in 25 compounds nelle cinque città del Copperbelt.
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Questo programma, che è stato formulato nel ’93 come programma integrato sull’AIDS, comprende sia l’assistenza domiciliare, che sostiene queste iniziative comunitarie, sia tutta l’attività preventiva, che si estende sulle scuole, su quei gruppi nelle comunità che sono più vulnerabili per quanto riguarda la diffusione dell’AIDS, sulle aziende, facendo dei seminari, incontri sull’informazione e la prevenzione.
Dall’anno scorso sono io la coordinatrice del Dipartimento dell’AIDS e ho sette persone che lavorano a tempo pieno con me in ufficio, per tutta l’azione di coordinamento. Poi, come dipartimento, abbiamo 30 infermiere, dislocate nei vari programmi di medicina a domicilio, una rete di 700 volontari di comunità e stiamo seguendo 7154 pazienti e le loro famiglie, compresi gli orfani.
In alcuni dei nostri programmi seguiamo gli orfani direttamente, pagando le tasse scolastiche, provvedendo loro il cibo ecc., in altri programmi di medicina a domicilio, i nostri volontari si prendono cura dei bambini dei loro pazienti e per quanto riguarda l’assistenza CINDI, un’organizzazione non governativa che si occupa degli orfani causati dall’AIDS, e noi, come Dipartimento, diamo i fondi a CINDI”.