Caritas e enti cattolici per i poveri in Italia

In risposta alla situazione di crisi economica che colpisce il nostro paese, la Caritas, assieme alle chiese locali, nelle loro diverse espressioni e assetti organizzativi, ha messo in atto un variegato sistema di interventi e progetti, di diversa natura.
Per dare un’idea della mole di lavoro messa in atto, ricordiamo che complessivamente la Chiesa è presente in Italia con 14.246 servizi socio-assistenziali e sanitari, dove operano 279.471 volontari laici. All’interno di tale variegato universo, sono oltre 1.760 i servizi promossi e/o gestiti dalla Caritas in Italia, dove operano 29.429 volontari laici. Di particolare importanza l’opera svolta dai 2.832 Centri di Ascolto Caritas in tutto il territorio nazionale, dove operano circa 28.000 volontari laici.
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Per quanto riguarda lo specifico dei progetti e delle attività inquadrabili nel contesto della crisi economica, è possibile classificare tali attività su diversi filoni progettuali. Vi sono progetti esplicitamente e direttamente rivolti a persone e famiglie colpite in modo diverso della crisi economico-finanziaria. Un altro filone di interventi è quello dei progetti rivolti ad una più vasta platea di utenti, e afferenti al canale di finanziamento 8xmille Italia, proposti e attuati dalle Caritas diocesane. Nel corso del 2012 Caritas Italiana, attraverso gli uffici dell’Area Nazionale, ha accompagnato 118 Caritas diocesane nella presentazione di 258 progetti, relativi a vari ambiti di bisogno.

Destinatari di questi interventi sono prevalentemente famiglie in difficoltà, minori, immigrati, detenuti ed ex detenuti, anziani, vittime di violenza e tratta, malati terminali, senza dimora, richiedenti asilo. Specifiche attenzioni sono state sviluppate per la prevenzione delle dipendenze (da sostanze, farmaci, alcol, ecc.), per i problemi di occupazione, per usura, indebitamento, problemi abitativi, ecc.).
Che tipo di approccio alla povertà viene messo in atto dalle Caritas diocesane? È possibile dare una risposta a tale interrogativo adottando un modello di analisi che identifica quattro tipologie principali di attività, risultanti dall’incrocio di due tipi di informazioni:
a) Il livello di attivazione e di empowerment dei beneficiari: non tutti i progetti anti-crisi prevedono un coinvolgimento attivo dei destinatari dell’intervento, anche in forma di reciprocità rispetto all’aiuto ricevuto. Va osservato che non è sempre possibile prevedere un coinvolgimento attivo degli utenti, e questo a causa del fatto che un certo numero di essi appartiene a categorie deboli o protette, di difficile attivazione (grandi anziani, malati cronici, persone senza dimora, disabili, minorenni, malati mentali, ecc.);
b) L’erogazione di aiuto economico: è ormai piuttosto diffusa nell’ambiente Caritas la convinzione che l’intervento sociale non può esaurirsi nella fornitura di aiuti materiali, tra cui soprattutto l’erogazione diretta di denaro.

E questo per diversi motivi: evitare una progressiva “Guerra tra poveri”, finalizzata all’accaparramento delle scarse risorse economiche disponibili; ridurre il rischio di cronicizzazione delle situazioni di povertà; aggirare il rischio di cattivo uso del denaro, rispetto all’acquisto di beni voluttuari o comunque non necessari, ecc. Tuttavia, l’esacerbarsi delle situazioni di povertà e di indebitamento ha determinato nel tempo un forte aumento delle richieste di aiuto materiali e anche di denaro, per il pagamento di utenze, affitti, spese mediche, ecc. Presso molte realtà locali non è quindi possibile fare a meno di tale dimensione, anche se gli operatori tentano di trovare strade alternative, per evitare i rischi di cui sopra.

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