Charles de Foucauld, l’inquieto, innamorato di Cristo, fratello universale

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Vi propongo di fare questo breve viaggio attraverso alcune tappe…

1) Charles de Foucauld, l’esploratore inquieto, un uomo dalle grandi passioni “Mio Dio, dammi la fede, quella fede vera, quella pratica, la fede che fa entrare il Vangelo nella vita; la fede di chi costruisce sulla pietra e non la fede morta di chi costruisce sulla sabbia.
Mio Dio, dammi la fede,quella che fa meditare le tue parole per comprenderle e in seguito le fa praticare per tutta la vita;
quella fede che costituisce la vita del giusto, poiché in effetti stabilisce la vita su fondamenta nuove, interamente diverse da quelle del resto degli uomini, e che sono follie ai loro occhi:
“poiché l’Oriente dista meno dall’Occidente di quanto i loro pensieri non siano lontani dai tuoi pensieri” (Is 55,9)”

La prima impressione forte che mi rimane dalla riscoperta di frère Charles è quella di essere di fronte ad un uomo moderno, un uomo inquieto, dalle grandi passioni, sempre in ricerca.

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Charles de Foucauld nasce a Strasburgo, nell’est della Francia, nel 1958, da una famiglia nobile e ricca, di tradizione militare. Il padre per motivi di salute è assente da casa, mentre la madre è ricordata da Charles per la sua dolcezza, tenerezza e fede; purtroppo però a meno di sei anni perde la mamma e poco più tardi anche il padre; lui e la sorellina vengono accolti dal nonno materno, ma pochi anni dopo vivono un secondo grande dolore, quello dello sradicamento, in quanto sono costretti a lasciare Strasburgo a causa della guerra scoppiata nel 1870 tra Francia e Germania. La famiglia si stabilisce a Nancy, in Lorena. Charles cresce solitario, intelligente, appassionato di lettura, chiuso e a tratti angosciato. Dall’età di 15 anni perde la fede, ma non il desiderio di una vita piena, né la ricerca di un senso profondo.

Le sue passioni e la sua ricerca di piacere e, in fondo, di felicità sono evidenti. A 17-18 anni scrive ad un amico di liceo:

“Mio vecchio Tourdes, sono stato molto tempo senza scriverti… Arrivo venerdì. Ti avverto che conto su di te tutte le sere: ricominceremo le nostre letture con rabbia,: Mi rallegro appassionatamente di ritornare per un po’a Nancy. Conto di godere in modo completo di tutto ciò che vi è di piacevole per il corpo e per la mente”.

Charles frequenta la scuola militare per ufficiali e nel frattempo, grazie anche alla disponibilità di denaro, la sua vita è molto mondana, ritmata dalle feste e dai piaceri, ma anche dedita dallo studio.

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Più tardi, ripensando a quegli anni scriverà “Mi allontanavo, mi allontanavo sempre di più da te , mio Signore e mia vita… e così la mia vita cominciava e essere una morte… e anche in questi stato di morte tu mi conservavi ancora… Mi facevi sentire un vuoto doloroso, una tristezza che ho provato solo allora; essa ritornava ogni sera, quando mi ritrovavo solo nel mio appartamento… mi faceva rimanere muto e oppresso durante quelle che chiamano feste… Mi davi quell’inquietudine vaga che viene da una cattiva coscienza, addormentata ma non del tutto morta”

A 23 anni il giovane ufficiale Charles viene inviato in un reggimento a Sétif, in Algeria, territorio che fa parte dell’ampio impero coloniale francese. In Algeria va con una giovane donna con cui ha una relazione; i superiori gli intimano di rompere questo legame, ma lui rifiuta, a costo di essere espulso e di ritornare in Francia “congedato per indisciplina aggravata da cattiva condotta pubblica”.

Dal 1883 al 1884 esplorerà il Marocco (terra allora quasi del tutto sconosciuta) sotto le sembianze di un ebreo povero. Sperimenterà la miseria, il disprezzo sociale, il bisogno della carità altrui… Spesso si salverà solo per la fede di credenti (ebrei o musulmani) che lo accolgono e sperimenterà così l’ospitalità e la testimonianza di fede di questi popoli. In particolare, nel 1901 scriverà in una lettera “L’islam ha prodotto in me un turbamento profondo. La vista di questa fede, di queste anime che vivono alla continua presenza di Dio mi ha fatto intuire qualcosa di più grande e di più vero delle occupazioni mondane. Mi sono messo a studiare l’islam, in seguito la Bibbia”.

Questo viaggio è stato decisivo: Charles è molto maturato, ha sperimentato e intuito quelli che saranno i pilastri della sua esperienza spirituale: la disciplina dello studio e uno spirito serio e appassionato di lavoro (per questo viaggio studia l’ebraico e l’arabo; scrive un’opera di resoconto dell’esplorazione che gli varrà la medaglia d’oro della Société francaise de géographie), l’amicizia intensa e fraterna, con degli stranieri (due arabi e un ebreo), la povertà e l’emarginazione. Torna con molti interrogativi: la ricerca dell’esploratore del Maghreb è ora una ricerca interiore…

Nel 1885 torna in Francia dove rimane molto colpito dall’affetto della sua famiglia che, sebbene da lui quasi dimenticata per diversi anni, gli si stringe intorno senza rimprovero, ma per la sola gioia di rivederlo… La zia e la cugina Marie de Bondy, cui sarà legato da fortissimo affetto per tutta la vita, sono ferventi cristiane e con molta discrezione gli mostrano bontà, dolcezza e accoglienza. E’ quello stile silenzioso di testimonianza del Vangelo, che poi Charles sceglierà come suo stile di apostolato.

E’ questo un tempo di letture, soprattutto dei filosofi antichi, da cui rimane però deluso; comincia a leggere commenti dei Vangeli, ma si rende conto di essere incapace di raggiungere Dio con le sue forze… E in effetti riconoscerà poi che è Dio che da sempre è in cerca e in attesa di lui e che lo stava chiamando… La cugina Marie gli parla di un sacerdote, padre Huvelin, che Charles va ad incontrare nella chiesa di Sant’ Agostino a Parigi. Il loro incontro, con la confessione proposta da padre Huvelin a bruciapelo a quel giovane che voleva tutt’al più discutere di religione, è l’occasione per la conversione di Charles. E’ il momento in cui questo giovane, ormai ventottenne, abituato a non piegarsi mai alla volontà altrui, impara a mettersi in ginocchio… D’ora in poi passerà molto tempo in ginocchio in preghiera; morirà ucciso in ginocchio durante un assalto di ribelli alla sua dimora e così sarà sepolto in quanto il suo corpo ritrovato più tardi ormai aveva definitivamente assunto quella forma. “Il piccolo fratello di Gesù continua tuttora a insegnare che per stare in piedi come cristiani occorre imparare a stare a lungo e umilmente in ginocchio, contemplando il Signore.” (Mons. Giuseppe Anfossi).

Della sua conversione ricorderà, senza mai attardarsi in eccessivi rimorsi per il suo passato, l’abbraccio accogliente e amorevole di Dio che perdona. La coscienza di essere molto amato e molto perdonato non lo abbandonerà mai, così come la consapevolezza che “il Figlio dell’uomo è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto”. E così in molti modi saprà incoraggiare tutti i peccatori “Pace, fiducia, speranza. Non ripiegatevi su voi stessi, le miserie della nostra anima sono un fango di cui bisogna umiliarsi spesso, ma non bisogna avere sempre gli occhi fissi là. Bisogna fissarli anche e ancor più sul beneamato, sulla bellezza, sull’amore infinito e increato che si degna di amarci. Quando si ama ci si dimentica e si pensa a ciò che si ama. Non è male il pensare incessantemente che si è indegni dell’amore”

L’inquietudine, una inquietudine che è ora desiderio di realizzare appieno la sua vocazione ad imitare Gesù di Nazareth, continuerà a caratterizzare la sua vita fino agli ultimi giorni.

Ripercorrendo i primi trenta anni della vita di Charles de Foucauld abbiamo scoperto alcune delle esperienze che hanno segnato questo giovane e che poi caratterizzeranno la sua grande testimonianza; abbiamo credo incontrato tratti di esperienza che appartengono anche a noi e a tanti giovani e meno giovani che oggi, spesso senza saperlo, cercano magari maldestramente qualcosa o qualcuno di cui hanno una sete profonda…

Ma questo cercare di tanti uomini e donne come può non interrogarci, come credenti e come aclisti?

2) Charles de Foucauld, innamorato di Cristo, desideroso di imitarlo nella sua vita nascosta di Nazareth

“Dio mio, fammi camminare con te,
io che per tanto tempo ho camminato lontano da te!
“Camminare con te” è camminare al tuo fianco, seguendoti come i tuoi discepoli, partecipando come loro alla tua vita, imitandoti in tutto. E’ camminare con te nella vita con la mano nella tua mano seguendoti su tutti i sentieri dove tu passi, soffrendo tutto quello che tu hai sofferto, avendo in mente tutti i tuoi pensieri, imitando tutte le tue azioni; è la vita della sposa inseparabilmente legata al suo sposo e che diventa con lui una sola anima e un solo corpo, condividendo in tutto la sua vita interiore ed esteriore.
Oh mio Signore e mio Dio, fammi la grazia di camminare con te in questo modo.”

Dopo la conversione, la vita di Charles de Foucauld ha un unico scopo: capire la volontà di Dio e compierla. La prima esperienza, suggerita da padre Huvelin è un pellegrinaggio in Terra Santa. Qui rimane soprattutto colpito da Nazareth dove scopre “l’esistenza umile e oscura del Dio operaio a Nazareth”. La sua vocazione a vivere completamente per Dio è ormai chiara. così come il suo desiderio più profondo: quello di imitare Gesù: “Non mi sentivo fatto per imitare la sua vita pubblica nella predicazione; dovevo dunque imitare la vita nascosta dell’umile e povero operaio di Nazareth”. E tutto ciò per amore, per puro e appassionato amore del Signore Gesù!

Charles ha infatti un dialogo personale continuo e caratterizzato da un amore senza misura con il suo Signore e fratello Gesù!

La prima scelta di consacrazione, dopo molto interrogarsi, è per la via della Trappa, dove entra nel 1890 dopo una dolorosissima separazione dalla cugina Marie che rimarrà sempre per lui un punto di riferimento affettivo e spirituale fondamentale. Dopo sei mesi parte per la trappa più povera che esistesse, in Siria e qui vive per 7 anni. Charles intuisce però che non è la trappa la via per realizzare la sua autentica e personale vocazione. Inizialmente i suoi progetti di creare una nuova congregazione religiosa i cui membri vivano esclusivamente del lavoro delle proprie mani e imitino il più possibile la vita di Gesù a Nazareth non viene compresa nemmeno da padre Huvelin, che gli ordina di sottomettersi all’obbedienza. Ma la tenacia e l’autenticità della ricerca di Charles fanno sì che l’Abate generale dei trappisti lo dispensi dai suoi voti e lo lasci libero di seguire la sua vocazione.

Fatti i voti perpetui di castità e di povertà nelle mani di padre Huvelin, parte nuovamente per la Terra Santa, dove vive poveramente come domestico presso le Clarisse di Nazareth per tre anni.

Sono anni di meditazione sulla Parola di Dio e di adorazione frequentissima dell’Eucarestia: “Bisogna cercare di impregnarci dello Spirito di Gesù, leggendo e rileggendo, meditando e rimeditando senza sosta le sue parole e i suoi esempi: che essi facciano nelle nostre anime come la goccia d’acqua che cade e ricade su una lastra di pietra, sempre allo stesso posto…” “Mio Dio degnati di concedermi la consapevolezza costante della tua presenza…”, segnati talora anche dall’esperienza dell’aridità “Davanti al santissimo sacramento non posso quasi mai fare orazione a lungo. Il mio stato è strano: tutto mi sembra vuoto, vano, senza importanza, senza dimensioni fuorché lo stare ai piedi di nostro Signore e guardarlo… e poi quando sono là ai suoi piedi sono duro, arido, senza una parola o un pensiero e spesso, purtroppo, finisco per addormentarmi. Leggo per impegno razionale, ma tutto mi sembra vano.”

Le sue riflessioni e il suo desiderio però si approfondiscono, il suo progetto si definisce meglio… “…è qualcosa di molto semplice, di non molto numeroso, qualcosa come quelle piccole, semplici comunità dei primi tempi della chiesa… Alcune anime riunite per vivere la vita di Nazareth, che si mantengono con il loro lavoro come la sacra famiglia, praticando le virtù di Nazareth nella contemplazione di Gesù”

Nel frattempo frère Charles si prepara per l’ordinazione sacerdotale, che avviene nel 1901; il suo progetto si precisa ulteriormente: “un’evangelizzazione non per mezzo della parola, ma per mezzo del santissimo Sacramento, dell’offerta del Sacrificio divino, della preghiera, della penitenza, della pratica delle virtù evangeliche, della carità, una carità fraterna e universale, che condivide fino all’ultimo boccone di pane con qualsiasi povero, qualsiasi ospite, qualsiasi sconosciuto si presenti e che riceve ogni persona come un fratello prediletto”.

Ottenuto il permesso dal proprio Vescovo frère Charles parte per fondare il suo eremo in Algeria, in un’oasi vicina al confine con il Marocco: Béni Abbes. Qui si occupa dei soldati francesi, dei poveri degli schiavi, prendendo fra l’altro pubblicamente posizione contro le autorità indifferenti e il governo francese ipocrita riguardo alla schiavitù … Sono le parole del Vangelo che lo guidano “tutto ciò che fate a uno di questi piccoli è a me che lo fate” (Mt 25,40).

A Béni Abbes Charles de Foucauld comprende che c’è un immenso lavoro di evangelizzazione da compiere e intuisce quale sarà il suo stile, il suo mezzo principale di evangelizzazione: l’elemosina, l’ospitalità, la conversazione, la conoscenza della lingua e della vita delle persone… in una parola l’amicizia. L’amicizia, che permette la comunicazione dell’amore tra gli uomini, è il mezzo attraverso cui si può comunicare ciò che più conta: l’amicizia con Gesù. “Sono qui non per convertire in un sol colpo i Tuareg, ma per cercare di comprenderli… Sono certo che il buon Dio accoglierà in cielo quelli che furono buoni e onesti senza che ci sia bisogno di essere cattolico romano. Lei è protestante, T. è incredulo, i Tuareg sono musulmani, sono persuaso che Dio riceverà tutti se lo meritiamo..”

Ma il pellegrinaggio terreno di Charles de Foucauld non è ancora terminato. Poiché è impossibile entrare in Marocco per quel compito di primissima evangelizzazione cui si sentiva chiamato, Charles conosce il popolo dei tuareg e il suo capo, di cui diventerà confidente e amico. Si profila così un ultimo lungo viaggio, quello che lo porterà a Tamanrasset. Qui tradurrà il Vangelo in arabo e in targui e si dedicherà a realizzare il primo dizionario tuareg-francese e viceversa. La sua casa viene chiamata fraternità perché frère Charles è fratello di tutti, fratello universale. E questo ancora per quell’ardente amore di Gesù che non può che essere contemporaneamente amore per i fratelli, per quell’insaziabile desiderio di imitare Gesù… Ma frère Charles non convertirà neppure uno dei suoi amici…

E’ in questo periodo che farà piuttosto l’esperienza della malattia e quindi della necessità di essere curato e accudito dai tuareg.

“La profonda fusione fra il motivo contemplativo dello stare in compagnia di Gesù e il principio missionario della testimonianza ospitale della carità rende possibile l’umana confidenza con lo spirito religioso dell’evangelizzazione. E pertanto l’accoglienza dell’evangelo nella fede” (Sequeri)

Ed ecco così rapidamente raccontata la seconda metà della vita di frère Charles, che morirà ucciso con un colpo di fucile a Tamanrasset nel 1916.

Alcuni tratti della sua esperienza spirituale ci toccano particolarmente:

– l’imitazione di Gesù. Charles de Foucauld, piccolo fratello di Gesù, con la sua vita ci indica principalmente questa esigenza spirituale. E’ un tema forte della spiritualità da sempre, quello dell’imitazione di Cristo…

Perché allora oggi non lo sentiamo più così stringente, così centrale? Non penso si possa dire che oggi il desiderio più importante dei cristiani sia quello di imitare il più perfettamente possibile Gesù…

Forse oggi pensiamo che la spiritualità sia questione di un qualche modo di pregare e che una vita da cristiani sia questione di qualche scelta per adempiere a dei precetti morali? Ci sembra forse Gesù troppo lontano, i suoi tempi troppo distanti dai nostri tempi?

Eppure ogni vera esperienza spirituale, ogni vita santa ha solo questo perno: una relazione personale con Gesù che porta, nello Spirito, a vivere come Lui. Essere e sentirsi piccoli fratelli e piccole sorelle di Gesù, figlio di Dio e nel suo Spirito aprirsi ad un amore incondizionato per i fratelli.

Il tema è semplice: è semplicemente quello di una fede vissuta (e non più di una fede distinta dalla vita, che la può tutt’al più in qualche modo e in qualche occasione influenzare…), di una spiritualità che è insieme vita dello spirito, dell’anima e del corpo, cioè di tutto noi stessi e noi stesse…

E’ una fede in cui Gesù, il figlio di Dio, l’atteso, il Dio con noi, è quel fratello con cui io parlo realmente, nella discrezione, nelle mia condizione di vita, con cui condivido la mia casa, il mio lavoro, i miei affetti…

– la via per conoscere Gesù e per imitarlo è per Charles de Foucauld il Vangelo: una lectio divina quotidiana, centrata sul riconoscimento nelle scritture dell’incarnazione del Figlio. Nella lettura del Vangelo, Gesù parla a Charles che lo ascolta e risponde; la lectio divina diventa una ordinaria relazione interlocutoria tra Gesù e il suo piccolo fratello. Leggere il Vangelo non è solo un modo per conoscere Gesù, per creare una relazione con Lui, ma è questa stessa relazione in atto, è la modalità attraverso cui ci intratteniamo con Gesù, colloquiamo con Lui, ci formiamo come discepoli e come chiesa… E questa relazione ha le caratteristiche affettive del legame d’amore.

Quanto la nostra preghiera ha come interlocutore Gesù che ci parla nel Vangelo e quanto invece è rivolta alla nostra idea di Gesù, a un’entità frutto della nostra immaginazione, che ci dice più le cose che noi pensiamo in fondo già che non la “buona notizia”?

– la scelta della vita di Nazareth è la scelta di un modo per dire la presenza di Dio accanto all’uomo, nella sua storia…: quel modo nascosto, operoso, affettuoso. E’ l’imitazione di Gesù nelle dimensioni quotidiane, nella vita domestica e nel lavoro delle proprie mani, nella presenza da stranieri, nella attenzione alle necessità degli altri e nel saperne accogliere l’aiuto… Pierangelo Sequeri scrive “La necessità di pensare l’insediamento della vita spirituale cristiana (…) nella forma più semplice e più comune della vita sociale appare oggi un tema ecclesiologico e pastorale di interesse generale. Il concetto di nuova evangelizzazione è infatti nel frattempo divenuto inclusivo della missione epocale della Chiesa e quest’ultima è ancora più strettamente concepita nella forma della presenza testimoniale della Chiesa-comunione, fraterna, solidale, segno della benedizione di Dio e della santificazione dell’uomo nella realtà quotidiana della vita. L’universale vocazione alla santità del popolo di Dio, che si congiunge alla vocazione del sacerdozio battesimale e delle responsabilità missionaria sono i grandi temi del Concilio Vaticano II. (…) La nuova evangelizzazione che alla Chiesa è chiesto di affrontare comporta in effetti anche il coraggio e l’umiltà necessarie per realizzare una nuova semplicità del contatto umano con Dio, capace di neutralizzare l’ecclesiocentrismo devoto che fissa e polarizza a tutt’oggi gli standard della pastorale religiosa e della missione cristiana”

Sentiamo noi oggi il bisogno, il dovere di annunciare il Vangelo? Ma qual è lo stile che scegliamo per essere testimoni di Cristo e della speranza?

– E infine possiamo interrogarci sul rapporto che abbiamo con i risultati del nostro lavoro, della nostra missione cristiana

3) Per noi?

“Venga il tuo Regno su tutta la terra, venga in ogni anima… Tutti gli uomini siano solleciti al tuo servizio, la tua grazia regni padrona assoluta in ogni anima; che solo tu agisca in ogni anima e tutti gli uomini non vivano che per mezzo di te a per te, perduti in te…
Senza dubbio è la più grande felicità di tutti gli uomini che sia così: e ciò che c’è di più desiderabile per il prossimo e per me” Il tuo Regno è senza dubbio la più grande felicità, quella che tutte le donne e gli uomini talora affannosamente ricercano…

Frère Charles ci suggerisce:

– Viene prima la tensione per la propria conversione che la passione – grande – di annunciare il Vangelo

– E’ in certe circostanze più efficace l’imitazione di Gesù, l’amicizia cordiale, l’amore per i fratelli che la predicazione

– La vita nascosta di Gesù a Nazareth e per noi nei deserti dell’umanità è salvezza

– L’inquietudine può essere un santo sprone a cercare sempre più la volontà di Dio

– Una vera spiritualità riguarda la vita tutta del cristiano; il suo presente

– Gli affetti, i sentimenti fanno parte della nostra esperienza di fede e della nostra testimonianza

– ….

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