
Nel suo sesto documento dedicato alle problematiche emerse con Covid 19, il Comitato nazionale per la Bioetica ha riflettuto su ‘La solitudine dei malati nelle strutture sanitarie in tempi di pandemia’, proponendo una mozione in merito: si chiede che venga fatto ogni sforzo possibile perché accanto alle persone ricoverate negli ospedali si possa «assicurare la presenza di almeno un familiare, o di una persona di fiducia, in particolare nelle situazioni più gravi, nelle fasi terminali e per i pazienti in condizioni di particolari fragilità». Quello della solitudine dei malati, specie dei morenti, è un dramma che con il Covid è stato reso regola nelle strutture.
In futuro non deve piu’ accadere una cosa simile.
Negli ospedali con il terrore del contagio pur disponendo di dispositivi di protezione, si è lasciati soli gli ammalati. Si sono negati perfino i funerali.
Ma la vicinanza fisica di una persona cara al letto di un malato, specie se più fragile, più grave, e se morente, non deve essere considerata una eccezione ai protocolli di cura e sicurezza, al contrario: ne deve far parte integrante, così come lo è l’accudimento insieme alle terapie o alle cure palliative
Gli anziani nella malattia diventano completamente disorientati perché i loro rituali quotidiani vengono stravolti e non ci sono volti familiari intorno a loro, così la malattia si aggrava e senza il conforto di un affetto vicino è facile lasciarsi andare e si muore.
Con le tecnologie e i dispositivi attuali, è inverosimile affermare che l’isolamento dei malati fu l’unico modo. I protocolli cercavano la sicurezza ma non erano umani.
E un protocollo che rinuncia alla sua umanità non aiuta a curare un malato ma lo abbandona a una solitudine che produce disperazione e allontana dalla vita.
Elaborazione ADL