Crociate, legittima difesa?

Islam e cristianità si e­rano già incrociati a Ratisbona. Secoli pri­ma del discorso di Bene­detto XVI di un anno fa, al quale interessate strumentalizzazioni hanno dato coloriture improprie, pro­prio la città tedesca rap­presentò la punta di mas­sima avanzata dell’ondata musulmana che tentava di sommergere definitiva­mente l’Europa. Una coin­cidenza che ha catturato l’attenzione del giornalista e divulgatore storiografico Arrigo Petacco: «Incuriosi­to, sono andato a frugare nelle carte, per cercare di ricordare che cosa era realmente accaduto a Ra­tisbona. Ed è saltato fuori come quel luogo sia alta­mente simbolico dei rap­porti tra islam e cristia­nità». Petacco ha convo­gliato le sue ricerche nel suo nuovo saggio L’ultima crociata. Quando gli otto­mani arrivarono alle porte dell’Europa, in uscita oggi per Mondadori (pagine 248, euro 18,00). Un volu­me che, significativamen­te, si apre proprio con le parole di Manuele II Pa­leologo riportate dal papa: «Una citazione – ammette Petacco – che ignoravo.
Approfondendo, ho poi appurato che Manuele II fu l’imperatore bizantino che per più volte si era in­sistentemente rivolto alla Chiesa latina per ottenere un aiuto contro la minac­cia musulmana. Purtrop­po, Roma non rispose al­l’appello, e alla fine la Chiesa di Bisanzio fu fagocitata dall’islam». 

Il titolo del suo lavoro si richiama espressamente all’«ultima crociata», quella combattuta sotto le mura di Vienna assediata.Eppure il termine sembra essere ancora d’attualità, frequente com’è nei di­scorsi degli estremisti i­slamici…

«Continua la retorica che identifica ’crociati’ ed ’e­brei’ con cattivo, il nemi­co. Ma nel mio libro io ho voluto offrire, sulle crocia­te, una chiave di lettura nuova. Da qualche tempo i nostri storici, in nome del politicamente corretto – che poi significa dire bu­gie pur di star tranquilli con tutti –, hanno messo in giro la tesi che le crocia­te furono una vile aggres­sione dei cristiani cattivi contro il pacifico popolo islamico. Invece è andata esattamente al contrario: le crociate furono la legit­tima reazione ispirata dal­la Chiesa quando si accor­se che ormai l’islam era sul punto di fagocitarsi l’Europa intera. Ci si di­mentica troppo spesso che, quando Urbano II nel 1095 proclamò la prima crociata, l’avanzata isla­mica si era già spinta fino a Poitiers, un paio di secoli prima; che aveva occupa­to la Spagna; che aveva sommerso la Sicilia; che si era spinta in Calabria. So­lo un secolo prima una spedizione musulmana a­veva risalito il Tevere fino a devastare la basilica di San Pietro. Urbano II ave­va capito che era arrivato il momento di fare qual­cosa: altrimenti, sarebbe stata la fine dell’Europa cristiana. Ecco: le crociate furono sì una guerra san­ta, ma condotta per re­spingere un’altra guerra santa – la jihad – che era in atto ormai da secoli». 

E Ratisbona? 

«Prima di tutto, Ratisbona era la città dove aveva se­de la Dieta del Sacro ro­mano impero. E poi, la cosa più importante: pro­prio Ratisbona fu la punta di massima penetrazione raggiunta dalla cavalleria del sultano, nel suo tenta­tivo di invadere l’Europa.
Quando Vienna fu cinta per la seconda volta d’as­sedio, nel 1683, le armate musulmane si spinsero un po’ più a nord di Vien­na: fino a Ratisbona, ap­punto. È questo che dona un significato particolare a quel luogo». 

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Allora la cristianità, solca­ta dal recente scisma pro­testante, seppe reagire in modo compatto davanti alla minaccia islamica?

«L’Europa riuscì a mostrar­si unita. Oggi, purtroppo, sembra non esserne più capace, ma allora, per quanto la cristianità fosse divisa da lotte intestine, quando scattava l’allarme dell’invasione islamica il papa riusciva, bene o ma­le, a rimetterla insieme.
Con un’eccezione: la Fran­cia, che già allora trescava con l’islam tanto da riusci­re a concludere, con Fran­cesco I, quella che fu defi­nita l’’empia alleanza’ di un re cattolico con il sulta­no. Ma gli altri Paesi cristiani, perfino l’Inghilterra, riuscirono a serrare le fila, sorretti dal collante della medesima fede». 

Nel suo saggio dedica ampio spazio anche a un altro momento cruciale del plurisecolare scontro tra islam e Occidente: la battaglia di Lepanto. Un episodio che ancora ri­corre frequentemente in certa retorica fondamen­talista…

«Per loro fu uno scacco de­cisivo, il momento in cui l’onda islamica dovette ri­nunciare al suo sogno di cogliere la ’mela rossa’ – così era indicata, nell’im­maginario collettivo mu­sulmano, Roma, con la sua basilica di San Pietro. In effetti, se quella battaglia fosse stata vinta dall’islam la storia dell’Europa a­vrebbe avuto tutt’altro corso. E le nostre donne porterebbero il velo». 

E l’assedio di Vienna?

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«Si era nuovamente in bili­co, ma anche quella volta gli islamici furono respinti. In definitiva, tutto si deve a quell’eroica figura di pa­dre Marco d’Aviano. Un predicatore formidabile, con quelle sue omelie do­ve mescolava tedesco, ita­liano e latino eppure riu­sciva sempre a farsi capire. Fu lui l’anima dell’ultima crociata, con un ruolo simmetrico a quello rico­perto da Pietro l’eremita in occasione della prima. I musulmani lo chiamavano l’uomo con il pezzo di le­gno in mano: che sarebbe il crocifisso… Marco d’A­viano è stato una leggenda nel mondo islamico, men­tre in Occidente è stato di­menticato per secoli. Cu­rioso che ci si sia ricordati di lui solo da pochi anni.
Ma oggi, al riapparire della minaccia islamica, l’Occi­dente ha riscoperto il suo antico guerriero».

di Edoardo Castagna – Avvenire 2007

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