
Il fronte di biologi, genetisti ed esperti di bioetica si compatta attorno al no alla manipolazione genetica dei gameti umani. Dopo gli appelli su Nature e Science per una moratoria mondiale delle tecniche che intervengono sul Dna umano in modo ereditabile, la comunità scientifica ha aumentato la pressione sulle istituzioni, ottenendo un primo passo da parte della National Academy of Sciences statunitense. La commissione internazionale che verrà istituita dall’agenzia Usa gode già dell’appoggio della Casa Bianca che, un po’ tardivamente, si è pronunciata contro gli esperimenti di editing genetico su ovuli o embrioni. Ma l’inquietudine resta. Lo strappo del laboratorio cinese che ha recentemente tentato di eliminare un gene da 86 embrioni ha creato un precedente preoccupante. «Se uno, cinque, dieci laboratori lo stanno facendo, il processo prima o poi potrebbe riuscire. E non possiamo prevedere quali conseguenze avrebbe», spiega ad Avvenire Rudolf Jaenisch, docente di biologia del Mit di Boston, presidente della Società internazionale per la ricerca sulle staminali e pioniere delle cellule pluripotenti derivate da tessuti adulti.
Professor Jaenisch, l’équipe dell’università di Sun Yat-sen non aveva intenzione di impiantare gli embrioni “ritoccati” in un utero femminile. Perché allora il loro tentativo deve preoccupare?
Perché non ne capisco la motivazione scientifica o medica. E allora dico che lo scopo era probabilmente la fama mondiale: una motivazione squilibrata per uno scienziato, che spinge a fare passi sconsiderati. Quando furono sviluppate le tecniche di clonazione si disse subito che sarebbe stato inaccettabile clonare un essere umano. Malgrado ciò, alcuni ricercatori ci hanno provato. Mi preoccupa che qualcosa di simile possa acadere con la modifica genetica embrionale.
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Perché secondo lei questa tecnica va fermata?
Perché ha una portata spaventosa. Consente di alterare i geni di ogni cellula di un embrione umano, e le modifiche sarebbero trasmesse alle generazioni future. Potrebbero essere modificati geni sani in modo irreversibile. Danni collaterali potrebbero verificarsi su alcuni geni o su tutti. E i risultati si propagherebbero per generazioni. Bisogna chiedersi se “è un rischio tollerabile.
Sarebbe vero anche se la tecnica di editing genetico diventasse più sicura e portasse alla prevenzione di malattie genetiche gravi?
Prendiamo l’esempio della corea di Huntington, una malattia genetica neurodegenerativa: anche in questo caso, l’editing pone problemi etici. Quando un genitore ha il gene della malattia solo la metà degli embrioni lo erediterà. Con l’editing genetico l’intervento deve essere fatto prima che sia possibile sapere se l’ovulo fecondato ha ereditato il gene di Huntington. Ciò significa che la metà degli embrioni modificati sarebbe stato normale – e il loro Dna sarebbe stato alterato per sempre senza motivo. Per me questo significa che non c’è alcuna applicazione.
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Non è strano per uno scienziato dire no a nuova linea di ricerca scientifica?
Questa mia affermazione non tende a smorzare l’entusiasmo per le linee di ricerca genetica sulle cellule non riproduttive, piuttosto chiedo che siano riconosciute le importanti considerazioni sociali ed etiche implicate dall’editing genetico. La comunità scientifica ha l’obbligo di riflettere sulle implicazioni del suo lavoro e di coinvolgere opinione pubblica e autorità nelle discussioni sulla scienza, le sue potenzialità e i suoi limiti. Questo è un raro caso in cui sostengo che una linea non deve essere oltrepassata.
FONTE: Avvenire