Da Tolkien a Lewis, le grandi saghe cristiane

Da sempre la costruzione fantastica ha un fortissimo senso religioso, nel ciclo di Narnia (Lewis) il leone Aslan è modellato dalla figura di Cristo, in libreria arriva intanto la serie «Gormenghast» di Mervyn Peake, da cui la Bbc trasse la fiction televisiva del millennio.

Bene, adesso ci sono tutti. Il Signore degli anelli e la Regina bianca, usurpatrice della terra di Narnia. E Tito de’ Lamenti, futuro conte di Gormenghast.
Per la prima volta, insomma, il parterre nobiliare del fantasy anglosassone è presente al gran completo nelle librerie italiane.

Il gran cerimoniere, neanche a dirlo, è l’infaticabile J.R.R. Tolkien, la cui opera omnia è riproposta da Bompiani in versioni sempre più accurate e sontuose, realizzate in collaborazione con la Società tolkieniana italiana.

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Tutto merito della trilogia cinematografica diretta da Peter Jackson, non c’è dubbio, tant’è vero che un analogo effetto kolossal è auspicato per un’altra grande narrazione fantastica nata tra Oxford e dintorni, Le cronache di Narnia di Clive Staples Lewis, dal cui romanzo inaugurale, Il leone, la strega e l’armadio, è tratto il film diretto da Andrew Adamson, in uscita mercoledì nei cinema italiani.

Mondadori, che ha da tempo in catalogo il capolavoro di Lewis, lo offre tra l’altro in una robusta brossura arricchita da un saggio dell’autore rimasto finora inedito in Italia (pagine 1.156, euro 20,00).
L’attenzione giustamente dedicata alla riscoperta del regno incantato di Narnia rischia tuttavia di oscurare quello che può essere considerato il vero evento dell’anno per quanto riguarda l’importazione del fantastico britannico nel nostro Paese.

Adelphi porta infatti in libreria Gormenghast di Mervyn Peake (traduzione di Roberto Serrai, pagine 594, euro 24,00), secondo volume di una saga che la stessa casa editrice aveva iniziato a proporre nel lontano 1981 con la pubblicazione di Tito di Gormenghast.

Ancora poco conosciuto dal pubblico nostrano, Peake è molto amato e apprezzato dai lettori di lingua inglese, per i quali l’eccentrico pittore-narratore sarebbe il solo possibile concorrente del torrenziale Tolkien.

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Senza dimenticare Lewis, certo, al cui singolare esperimento di apologetica fantastica è dedicato il documentatissimo Il mondo di Narnia di Andrea Monda e Paolo Gulisano (San Paolo, pagine 182, euro 14,00).

Che le Cronache siano una riuscita trasposizione del messaggio evangelico in chiave narrativa è ormai fuori discussione.
A confermarlo basterebbe la lettera, da poco divulgata, in cui lo stesso Lewis ammette che sì, il leone Aslan – il più suggestivo fra i personaggi che animano l’epopea – è modellato dalla figura di Cristo, il Messia prefigurato dalle Scritture come «leone di Giuda».

Qualcosa del genere accade nel Signore degli anelli, che il cattolico Tolkien aveva inizialmente concepito come mera costruzione fantastica, salvo poi rinvenire nelle peripezie di Frodo e compagni un indiscutibile significato di ordine spirituale.

Un’analogia che non stupisce, se si considera che Il Signore degli anelli e Le cronache di Narnia furono composti a ridosso della Seconda guerra mondiale da due scrittori legati da una profonda amicizia, appartenenti entrambi agli Inklings, il gruppo di intellettuali cristiani che aveva deciso di dare nuovo impulso all’immaginario religioso.

Anche il ciclo di Gormenghast (un castello- contea al quale non sono estranee le inquietudini dell’universo concentrazionario) fu ideato da Peake negli anni del conflitto, ma in una prospettiva molto diversa da quella perseguita da Tolkien e Lewis.
Figlio di una coppia di missionari protestanti, lo scrittore elaborò la grandiosa metafora di Gormenghast come atto di ribellione a ogni convenzione formalista, anche di tipo religioso.
Nel romanzo appena pubblicato da Adelphi, in particolare, la critica si rivolge al sistema scolastico, al quale sarebbe demandata l’educazione del protagonista, l’adolescente Tito, e che rischia invece di provocarne la distruzione.
Eppure, nonostante tutto, anche quella di Peake è letteratura spirituale: contraddittoria e drammatica, forse ancora più schiettamente novecentesca di quella vagheggiata dagli Inklings, ma meritevole di essere meglio conosciuta e discussa.

Ci vorrebbe un film per lanciare la Gormenghast-mania in Gran Bretagna l’hanno già fatto: quella ispirata alle opere di Peake fu la «fiction televisiva del millennio», varata dalla Bbc per salutare il XXI secolo. Chissà che, presto o tardi, non se ne accorga anche qualche tv italiana.

Alessandro Zaccuri – Avvenire

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