Dialogo con i genitori: mission impossible?

Foto di 拾叁 簡 da Pixabay

Sto chattando con Debora per una cosa scolastica quando all’improvviso mi scrive: “Ah.. Una cosa, prof! E’ da un po’ di tempo che volevo farle questa domanda: Perché noi ragazzi non riusciamo a confidare i segreti, o anche parlare dei problemi che abbiamo, ai nostri genitori?!”

Cara Debora, hai presente il gioco della fune?

Ecco: ora immagina questo gioco fatto in famiglia. Da una parte i genitori e dall’altra i figli. Lo vedi quel figlio che sta chiedendo una cosa a suo padre? E la vedi quella madre che sta parlando con la figlia? Come stanno dialogando? Un po’ a fatica, eh! Ognuno parla sotto sforzo. Le facce sono rosse per la tensione e, pur scherzando sul gioco, nessuno vuol mollare. Ognuno punta alla sua vittoria.

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I genitori vogliono vincere perché devono dimostrare che contano (educativamente parlando) e perché intravedono un burrone alle spalle dei loro figli. Se mollano quelli cadono!

I figli desiderano la vittoria perché vogliono indipendenza e pensano che l’unico modo sia allontanarsi (ma proprio anche fisicamente) dai genitori. Se mollano, quelli li comanderanno per sempre.

Come andrà a finire il gioco? Ci sono tre possibili finali.

Finale 1. La corda si spezza ed allora sono cavoli! Spesso, per riavvicinarsi, genitori e figli ci mettono anche anni.

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Finale 2. Si smette di giocare a corda e si parla serenamente. Ora io non dubito che in qualche famiglia questo lieto finale fiabesco avvenga. Per carità. Però l’esperienza mi dice che è una cosa rarissima.

Finale 3. Si gioca per un periodo che, in genere, corrisponde all’adolescenza. Poi arriva qualcosa che dice: “Ehi! Vogliamo riposarci? Così parliamo meglio”. Con gli anni, infatti, diventa chiaro che non si può continuare a parlare per sempre col fiatone e col braccio teso.

In realtà, nessuno vorrebbe iniziare a giocare al tiro alla fune. Però succede. E’ la vita. Sono gli ormoni. E’ la crescita. Il bambino dolce e timido che quando è in giro cerca la mano della mamma, si trasforma in un ragazzino incomprensibile e lunatico che cerca solo la “mano” degli amici. La bambina affettuosa e coccolona inizia a criticare tutto quel che riguarda il mondo degli adulti (la chiamano “autoaffermazione oppositiva”).

I figli tirano la fune per ottenere nuovi diritti e più indipendenza ed i genitori tirano dall’altra parte per poter avere un controllo educativo sui figli. Quanto tirare questa corda? E’ lì che iniziano tutte le difficoltà a cui ti riferisci.

C’è il genitore che strattona forte sempre dalla parte sua, obbligando il figlio ad essere solo ubbidiente. Quel ragazzo non imparerà mai a giocare puntando sulle sue forze. Frasi come ‘No, perché no e basta!’; ‘Qui comando io!’; ‘Non se ne parla proprio!’ alimentano rabbia ed ostilità. Padri e madri invadenti ci sono e ci saranno sempre. A quel punto ai figli non resta che scegliere: o fare solo ciò che rende tranquilli i genitori o ribellarsi. Entrambe le scelte hanno un costo emotivo ed affettivo enorme, purtroppo.

C’è il genitore che molla (subito) la fune. Non ci vuole un genio della pedagogia per capire che anche questo non va bene. Lasciare il figlio a giocare da solo non è una grande furbata educativa. Il figlio vincerà sicuramente la gara, ma senza la soddisfazione del senso della conquista. E poi il risultato è un mucchio di adolescenti che non sanno gestire tutta quella valanga di libertà che gli è stata gettata addosso. E sono loro stessi (al posto dei genitori) a capire questa nefasta conseguenza. Anzi: arrivano addirittura a chiedere (loro!) ai genitori delle regole. Ma molti genitori non comprendono questa richiesta che (spesso) è nascosta dietro atteggiamenti altamente provocatori.

Ed infine c’è il genitore che azzecca la modalità del tiro, calibrando la forza con cui la tira, a seconda della situazione e delle sfide educative che, man mano, si presentano. “E te pare facile!” direbbe la sora Lella.

E’ un approccio faticoso per l’adulto perché è necessario ascoltare, capire ed autocontrollarsi (e gli adolescenti fanno del tutto per rendere difficile questo approccio)

“Ascoltare” significa “sentire” quando tuo figlio sta per mollare la presa ed ha bisogno di essere sostenuto (quanti genitori vengono ai colloqui disperati perché non sanno più come incoraggiare i figli verso lo studio!).

“Capire” significa “negoziare” le nuove libertà che il figlio chiede, senza cedere subito a tutte le richieste o irrigidirsi con i “no” asfissianti di genitori protettivi, ansiosi o autoritari.

“Autocontrollarsi” significa lasciare sempre spazio al parlare, discutere, negoziare… senza arrivare a perdere le staffe. Per esempio, quando uno dei miei figli, a quattordici anni, tornò a casa con il piercing al sopracciglio, me lo fece vedere quando c’era anche il suo fratellino più piccolo. Così era sicuro che non l’avrei ucciso la sera stessa; c’era un testimone! I figli sanno che l’autocontrollo degli adulti ha un limite.

Capisci quindi che non è semplice parlare con i genitori dei vostri segreti e/o problemi. Perché non è facile né essere figli, né essere genitori.

Mettici pure un’altra caratteristica: il senso del pudore. Quando si è piccoli con i genitori si condivide tutto, senza remore. Quando si cresce, invece, anche il chiudersi in camera per sentire musica o inchiavarsi in bagno durante la doccia, delineano un nuovo stile nel rapporto con papà e mamma; alcune cose rientrano nello spazio privato. Un’amicizia in crisi, un’insicurezza personale che cresce o un innamoramento che nasce sono tutti sentimenti che fanno parte della sfera intima e condividere l’intimità con i genitori non è più un gesto normale, ma frutto di un cammino familiare.

Praticamente dialogare in famiglia è come superare un percorso ad ostacoli; quasi niente è spontaneo e quasi tutto è frutto di buona volontà.

Ti lascio con un consiglio: spendi bene i tuoi soldi ed acquista questo libro: Da padre a figlia. La lettera che ogni padre vorrebbe scrivere, le parole che ogni figlia dovrebbe leggere, San Paolo Edizioni. E’ di Alberto Pellai, medico e psicoterapeuta bravissimo.

Leggilo e poi mettilo nel comodino dei tuoi genitori: scommetto che ne nasceranno cose belle!

Anche un bel libro può essere utile per capirsi ed avere chiari alcuni principi fondamentali:

 

  • Anche se un figlio sembra indifferente, per lui conta molto ciò che dicono o fanno mamma e papà.
  • A un figlio adolescente serve un genitore che continui a essere padre e madre, non un amico.
  • Di fronte ai cambiamenti del figlio, l’adulto deve cambiare il suo modo di porsi, di fare il genitore.
  • Considerate i cambiamenti di vostro figlio come segnali di conquista della sua autonomia.
  • Accogliete le nuove richieste di vostro figlio senza bollarle come pretesti per allontanarsi da voi: anche attraverso nuove esperienze, l’adolescente trova il suo posto nel mondo.
  • Quando vostro figlio raggiunge un buon risultato, ditelo in modo chiaro con frasi tipo : ‘Sono orgoglioso di te!’.
  • Se siete esasperati, non buttatevi in liti furibonde, lasciate passare la notte e comunicate a vostro figlio cosa avete deciso (eventuali sanzioni, castighi) il giorno dopo.
  • Non date mai permessi che vi sembrano eccessivi per vostro figlio: la libertà non va data in blocco ma va fatta conquistare attraverso passaggi graduali.
  • Evitate di fare ricatti morali continui (‘Così mi farai venire un infarto!‘), o di essere autoritari, giocando sempre a braccio di ferro per ogni cosa. Questo modo di comportarsi trasforma la crescita in una lotta senza frontiere e mina la stima dell’adolescente.

Ed ora una curiosità: avresti mai detto che nella Bibbia ci sono le stesse “dritte” che si trovano nei moderni libri di pedagogia?  E’ la bellezza della Bibbia: un libro antico come la saggezza umana che si incontra con la volontà di Dio! E Dio sulla famiglia ha le idee chiare: l’ha voluta Lui!

“Figli, ubbidite nel Signore ai vostri genitori, perché ciò è giusto … e voi, padri, non irritate i vostri figli, ma allevateli nella disciplina e nell’istruzione del Signore”(Efesini 6:1,4).

“Il ragazzo lasciato a sé stesso, fa vergogna a sua madre”(Proverbi29:15).

“È meglio un tozzo di pane secco con la pace, che una casa piena di carni con la discordia”(Proverbi 17:1).

“Figli, ubbidite ai vostri genitori in ogni cosa, poiché questo è gradito al Signore. Padri, non irritate i vostri figli, affinché non si scoraggino”(Colossesi 3:20-21).

“Tu, invece, persevera nelle cose che hai imparate e di cui hai acquistato la certezza, sapendo da chi le hai imparate, e che fin da bambino hai avuto conoscenza delle sacre Scritture, le quali possono darti la sapienza che conduce alla salvezza mediante la fede in Cristo Gesù. Ogni Scrittura è ispirata da Dio e utile a insegnare, a riprendere, a correggere, a educare alla giustizia, perché l’uomo di Dio sia completo e ben preparato per ogni opera buona”(2 Timoteo 3:14-17).

da: http://www.intemirifugio.it

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