Dieci elementi utili per individuare/identificare potenziali vittime di tratta

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I 10 punti che seguono sono solo alcuni spunti da cui partire per cercare di capire se una persona è una potenziale vittima di tratta. Punti che non sono certamente esaustivi in un fenomeno
complesso e in continua evoluzione. Non solo. Un solo punto spesso non è sufficiente per poter definire una persona “vittima di tratta”:
a volte devono essercene più d’uno e ancora non è sufficiente. In molti casi infatti, è solo l’osservazione ravvicinata con la persona,
la (spesso) lunga e faticosa ricostruzione della sua storia di vita, intrisa di racconti, silenzi, bugie, pianti, interruzioni, ri-partenze dentro e fuori di sé, che portano a capire – e a far capire alla persona – il percorso di sfruttamento che ha subìto.
Occorre inoltre considerare che ogni possibile indicatore che si vuole offrire può variare in relazione alle diverse tipologie di vittime, alle loro caratteristiche etniche, religiose, di sesso, cultura, nonché in relazione al tipo di sfruttamento subito. Inoltre, le dinamiche psicologiche che inducono le persone a celare il proprio passato e, a volte, anche a negarlo sono spesso difficili da comprendere e da decodificare immediatamente. A fronte di tali difficoltà, è opportuno mantenere un approccio multidisciplinare con personale qualificato (operatori anti-tratta, etnopsichiatri/etnopsicologi, mediatori/mediatrici culturali formati) che sappiano supportare il richiedente/titolare di protezione /vittima di tratta verso una corretta presa in carico là dove la “ri-conquista” della propria
vita diventa determinante.
Tutto questo non può e non deve essere fatto dall’operatore che accoglie, tra gli altri, la potenziale vittima di tratta. Ci sono operatori preparati specificamente per questo e che possono supportare l’operatore SPRAR o di un altro centro di accoglienza nell’importantissimo ma delicato compito di individuare le potenziali
vittime di tratta.

Ci sono alcuni elementi comuni sia ai richiedenti/titolari di protezione internazionale che alle vittime di tratta ma che per gli uni – e per le altre – possono avere valenze molto diverse.
1 – Il debito contratto per partire. Nella storia di molti migranti c’è un debito, più o meno ingente. L’entità della cifra è comunque un campanello di allarme rispetto alle vittime di tratta in quanto per loro è molto più alto.
2 – Le informazioni false o parziali che ottengono da connazionali, alla partenza e all’arrivo e, nel caso delle vittime, dagli sfruttatori. Le vittime di tratta hanno poca percezione di avere dei diritti e di poter chiedere aiuto. La minaccia, per molte di loro, è il rimpatrio, epilogo che per la gran parte di loro significa il fallimento del percorso migratorio e per le vittime la possibilità di essere nuovamente trafficate (re-trafficking), con un debito maggiorato.
3 – Le bugie e i vuoti durante il racconto. Lo stesso ricorso a storie inverosimili o preconfezionate rappresenta in sé un importante indicatore di tratta soprattutto se la vittima durante il racconto tende a cadere spesso in contraddizione o non sa argomentare tra palesi incongruenze (tra i vari elementi “sospetti” più ricorrenti, l’indicazione di un altro Paese di provenienza, la negazione dell’esistenza di una rete familiare nel Paese di origine, il riferimento al matrimonio forzato come motivo di fuga). I sensi di colpa. Per le vittime di tratta per fini sessuali c’è anche la vergogna. L’atteggiamento a volte poco collaborativo, così come la reticenza a raccontare particolari che riguardano la famiglia hanno lo scopo per alcuni (soprattutto richiedenti protezione internazionale) di tutelarla in quanto non si fidano ancora degli operatori e delle forze di polizia; per le vittime di tratta significa invece essere in difficoltà
a “denunciare” parenti, anche stretti, o amici, trafficanti. Le loro resistenze sono riconducibili quindi sia al timore di ritorsioni, sia per una sorta di gratitudine in quanto, per molto tempo, e fino a quando non hanno preso coscienza della loro vittimizzazione, le vittime si sentono comunque “grate” verso chi le ha sfruttate perché quelle persone hanno comunque dato loro una possibilità di cambiare vita.
4 – Vi sono poi una serie di indicatori psico-comportamentali che si presentano frequentemente in situazioni di accoglienza: diffidenza nei confronti degli operatori e dei connazionali, tendenza all’isolamento, riluttanza a sottoporsi a determinati controlli medici; scarsa autonomia decisionale e organizzativa nella gestione della quotidianità, scarsa stima in se stessi; uscite sospette e non giustificate; reticenza nel raccontare la propria storia migratoria, apatia; poco interesse nei percorsi di integrazione proposti.
5 – Il viaggio e le violenze fisiche e psicologiche. Anche questi aspetti accomunano molte vittime e richiedenti protezione internazionale. Per le vittime di tratta il viaggio spesso rappresenta la “disvelazione” di ciò che sarà la loro vita in quanto, specie per coloro che verranno sfruttate sessualmente, iniziano ad essere usate e offerte come merce. In Libia, per molte donne provenienti dall’Africa avviene l’iniziazione, in bordelli e attraverso vere e proprie torture.
Ci sono poi comportamenti che vanno letti, con gli altri, come campanelli di allarme. Tra questi:
6 – La persona è cercata, spesso, da una persona (maschio o femmina, generalmente connazionale ma non necessariamente), proveniente dall’esterno. Di fronte a lei la potenziale vittima appare intimorita. Esce spesso e sta fuori molte ore senza dire dove va. Ha una buona disponibilità economica (potrebbe prostituirsi, spacciare, chiedere l’elemosina, lavorare con la mediazione di caporali, ecc.): abiti costosi, cellulari, denaro che in parte spedisce ai familiari.
7 – La persona, anche all’interno delle strutture di accoglienza, è accompagnata da un uomo o da una donna che la segue da vicino. Può essere un compagno, un marito, o un’amica “vera”, ma può anche essere uno sfruttatore o una sfruttatrice che finge un ruolo che non ha. In questo caso bisogna fare attenzione a quando e come si avvicina la donna (o l’uomo) potenziale vittima, un atteggiamento troppo esplicito infatti può mettere in pericolo sia la vittima che gli
operatori.
8 – La persona ha scarsa libertà di movimento. Chiede sempre l’autorizzazione a qualcuno. Ha paura.
9 – La persona appare frastornata, ingenua, fragile, facilmente soggiogabile, a volte con pochi strumenti. Può essere una persona partita con la sua famiglia ma può anche essere stata scelta appositamente perché fragile e quindi maggiormente soggiogabile. Alcune giovani donne sono cercate, appositamente a tal scopo, davanti agli istituti, quando escono, da sole, senza riferimento alcuno e senza prospettive.
10 – Un numero consistente di persone vittime di tratta ha subito riti vudù. In questi casi è fondamentale la presenza di mediatrici culturali preparate sul tema della prostituzione, dello
sfruttamento e della tratta degli esseri umani.

A corredo di queste indicazioni sono disponibili molti materiali relativi agli “indicatori di tratta” elaborati da Enti, Associazioni e all’interno di specifici progetti che di seguito elenchiamo:
– AGIRE, Manuale di formazione Modulo 4 Identificazione, Progetto Europeo realizzato per potenziare la partnership tra soggetti pubblici e privati nell’identificazione e supporto a minori vittime e a rischio di tratta in Europa. Capofila per l’Italia Save the children, partner Servizio Centrale Operativo della Direzione Centrale Anti crimine della Polizia di Stato e Dipartimento per le Pari Opportunità presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri. www.savethechildren.it.
– Anti-Slavery International, Protocollo e Kit formativo per l’identificazione e la prima assistenza alle possibili vittime di tratta da parte delle forze dell’ordine, Londra, 2005.
– Documento “Richiedenti asilo e vittime di tratta tra differenziazione dei sistemi di protezione e necessità di Coordinamento” a cura del Gruppo Abele in collaborazione con ASGI, Caritas Italiana, CNCA, Emmaus, Migrantes (2012).
– ICMPD e Dipartimento per le Pari Opportunità, Linee Guida per lo Sviluppo di un sistema transnazionale di Refferal per le persone trafficate in Europa: TRM_EU, Vienna, 2010.
– Linee Guida Safer Path – System Action for the Empowerment of Refugee and Protection against Trafficking in Human Beings (cod. Home/2009/Lerfx/CA/1044, a cura di On the Road, in collaborazione con ACCEM ALC, con il contributo del Fondo Europeo per i Rifugiati della Comunità Europea.
– Organizzazione Internazionale del Lavoro, indicatori operativi per gli adulti e i bambini vittime di tratta, soggetti a sfruttamento lavorativo e sessuale, Ginevra, 2009, in www.ilo.org/forcedlabour.
– Procura della Repubblica presso il Tribunale di Teramo – Documento Indicatori per l’identificazione delle vittime di tratta.
– Progetto Praesidium – Raccomandazioni e buone prassi per la gestione dei flussi migratori misti in arrivo via mare, a cura del Ministero dell’Interno, Croce Rossa Italiana, IOM, Save the Children, UNHCR.
– Protocollo d’Intesa tra la Commissione Territoriale di Torino per il riconoscimento della protezione internazionale e l’Ufficio anti tratta-ufficio stranieri del Comune di Torino per attività a favore della popolazione immigrata (rifugiati e richiedenti asilo vittime di tratta e sfruttamento degli esseri umani).
– Protocollo d’Intesa per l’identificazione ed il supporto delle vittime di tratta e sfruttamento all’interno dei percorsi rivolti ai richiedenti asilo, Prefettura di Napoli, 2015.
– UNHCR – Linee guida di protezione internazionale – L’applicazione dell’articolo 1A(2) della Convenzione del 1951 e/o del Protocollo del 1967 relativi allo status dei rifugiati alle vittime di tratta e alle persone a rischio tratta.
– UNICEF, Guidelines on the protectionn of Child Victims of Traffiking (Linee Guida per la Tutela dei Minori Vittime di Tratta), New York, 2006.

A cura di: Da Pra Mirta, Marchisella Simona, Obert Ornella.

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