Dipendenza da internet, social network e cyberbullismo.

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Secondo il glossario informatico Internet è una rete di computer mondiale ad accesso pubblico, attualmente rappresentante il principale mezzo di comunicazione di massa. Ad oggi il suo utilizzo è esteso a molte operazioni: si naviga per vedere films, scaricare musica, cercare informazioni, comunicare tramite i social network…estendere le amicizie, condividere interessi, sperimentando molteplici identità e navigando continuamente tra il mondo reale e quello virtuale. Il mondo telematico si è anche esteso all’organizzazione del lavoro per la rapidità e facilità con cui si accede all’informazione e alla rete. I social network (Facebook, Twitter, Instagram, ecc.) sono ambienti web in cui gli utenti possono connettersi comunicare e condividere informazioni in modo personale. È stato osservato come per i bambini e gli adolescenti, l’abuso di Internet, rappresenti il rischio concreto di sviluppare una tendenza all’isolamento sociale, al condizionamento da modelli di comportamento inadeguati e dannosi, alla seduzione “on line” da adulti potenziali abusatori o di essere vittime di cyberbullismo. (bullismo in rete). Un’attenzione a parte merita il tema degli adulti potenziali abusatori di minori in rete: la maggior parte dei genitori, a giusta ragione, teme che il proprio figlio possa essere adescato on line oppure tramite cellulare.

La fascia di età più a rischio è quella della pre-adolescenza (11-14 anni), cioè quella in cui sono più evidenti i cambiamenti del corpo e le pulsioni sessuali non accompagnate da un completo sviluppo fisico e da un adeguato sviluppo psicologico. Gli adulti interessati sessualmente ai minori utilizzano tutti gli strumenti messi a disposizione della rete per entrare in contatto con ragazze e ragazzi (contrariamente a quanto si possa pensare non sono solo le ragazze ad essere esposte a questo rischio: anche i maschietti, disorientati rispetto alla propria identità sessuale possono risultare vulnerabili e quindi ugualmente esposti alla possibilità di entrare in contatto con potenziali abusatori). Esiste una tecnica di manipolazione psicologica denominata “grooming” (tratto dall’inglese to groom per indicare il mantenere la pulizia e l’igiene personale) che gli adulti utilizzano on line per indurre i ragazzi a superare le resistenze emotive ad intraprendere una relazione intima e/o sessuale con l’adulto. Questa tecnica riconosce varie fasi distinte: dapprima il potenziale abusante si informa su livello di “privacy” di cui gode il minore rispetto alla localizzazione del computer e alla eventuale presenza dei genitori. Dopo aver ottenuto queste informazioni inizia la fase volta a costruire un rapporto di fiducia con il minore, anche attraverso la condivisione di vari interessi (musica, film preferiti, hobby, ecc.), per poi passare a confidenze sempre più intime durante le quali può iniziare lo scambio di immagini (non necessariamente a sfondo sessuale). Quando l’adulto è sicuro di non essere scoperto, inizia la fase in cui la relazione diventa impenetrabile agli esterni: è questa la fase in cui inizia lo scambio di materiale pedopornografico e durante la quale l’adulto fa richiesta al minore di foto e video che successivamente potrebbero essere usate come ricatto nel caso in cui il minore volesse interrompere la relazione on line o rifiutarsi ad iniziarne una reale. In questi casi è fondamentale che un genitore faccia sentire al figlio la propria presenza vigilando con attenzione e discrezione su come trascorre il tempo, che aiuti il figlio ad esprimere i propri sentimenti nel caso commetta qualche errore.

  • dipendenza da internet (internet addiction disorder-iad)

La denominazione Internet Addiction Disorder (IAD) è stata introdotta per la prima volta nel 1995 dallo psichiatra americano Ivan Goldberg per rappresentare un quadro clinico per molti versi simile a quello della dipendenza da sostanze (comparsa di fenomeni di craving, tolleranza e astinenza, difficoltà ad interromperne o ridurne l’uso nonostante le conseguenze negative nell’ambito familiare, sociale e lavorativo/scolastico). Nonostante ancora oggi la IAD non sia ancora riconosciuta come una vera patologia, esistono delle casistiche che evidenziano come la dipendenza da internet possa avere un impatto negativo sulla vita delle persone, nella sfera familiare e relazionale. Infatti, da una indagine realizzata, nell’ambito del progetto “Gambling” dalla ASL BA, nell’anno scolastico 2011-2012 presso alcune scuole medie inferiori della città di Bari si evince che una percentuale significativa di alunni (22% del campione esaminato) viene rimproverato “spesso” o “sempre o quasi sempre” per un uso eccessivo del computer. Le attività in rete che tendono a generare più facilmente la dipendenza sono chat, blog, giochi online, navigazione sul web. Negli adulti sono molto frequenti anche la dipendenza da chat erotiche, il gioco d’azzardo online, lo shopping compulsivo, l’exercise addiction, ecc.

  • dipendenza da facebook e da altri social network

Nel 2008 la diffusione di Facebook è stata così esponenziale da posizionare l’Italia al primo posto della classifica mondiale dei paesi con maggiore percentuale di incremento utenti, per cui in breve tempo Facebook, come gli altri “Social Networks”, sono diventati una sorta di aggregatori di persone che cercano e vogliono mantenere contatti con vecchi e nuovi amici, condividendo foto, video e contenuti della propria vita. In pochi anni Facebook è divenuto uno dei dieci siti maggiormente cliccati e frequentati del web, acquisendo in breve tempo milioni e milioni di utenti in tutto il globo. Purtroppo, accanto alle suddette caratteristiche, sono state registrate forme di dipendenza con sintomi psicologici come ansia, pensieri fissi, fino ad arrivare, nei casi più gravi, a stati depressivi, attacchi di panico, paura (ad esempio di non avere più informazioni o rimanere da soli). Sono stati, inoltre registrati problemi alimentari, di insonnia, di aggressività, di irritabilità, di insicurezza, di suscettibilità, ecc. Ad essi si aggiungono problemi sociali, familiari, affettivi e lavorativi quali ritardi o assenze a scuola o al lavoro (con rischio di perdita dello stesso), graduale isolamento, distorsione dei rapporti affettivi e sociali, disgregazione dal gruppo familiare ed amicale. Anche a livello fisico possono subentrare molteplici problemi come ad esempio emicrania, stress oculare, ipersudorazione, tachicardia, tensioni, crampi e/o dolori muscolari (a causa delle numerose ore passate davanti al computer), forte stanchezza. Infine la dipendenza da Social Networks può facilitare o associarsi ad altre tipologie di dipendenza connotate dall’utilizzo disfunzionale del web come la dipendenza da contenuti pornografici online.

  • cyberbullismo

Con il termine cyberbullismo o bullismo online si indicano quegli atti di bullismo e di molestia effettuati tramite mezzi elettronici come l’e-mail, le chat, i blog, i telefoni cellulari, i siti web o qualsiasi altra forma di comunicazione riconducibile al web che è arrivato a rappresentare circa un terzo del bullismo totale. Come il bullismo nella vita reale, il cyberbullismo può a volte costituire una violazione del Codice civile e/o del Codice penale. Molti cyber-bulli agiscono in maniera aggressiva e violenta perché desiderano avere visibilità. Il cyber-bullo non è altro che un soggetto che indossa una sorta di maschera virtuale, e che sfrutta questa nuova situazione per compiere dei comportamenti disinibiti e aggressivi. Studi di psicologia sociale hanno stabilito che alla base di atti violenti ed orribili ci sia la cosiddetta “distanza sociale”, cioè la sensazione di assenza di sentimenti ed emozioni che non fanno capire al cyber-bullo che la cyber-vittima stia soffrendo. Infatti vengono a mancare il linguaggio del corpo, il suono della voce, e tutti gli altri aspetti della comunicazione che sono presenti nel mondo reale e conseguentemente il bullo non riesce a capire che il dolore, la frustrazione, l’umiliazione generati nei confronti della vittima, sono tutti dei sentimenti reali. Il cyberbullismo costituisce un doppio rischio. I ragazzi possono caderne vittime, ma possono loro stessi diventare cyberbulli. Molti cyberbulli lo sono senza sapere di esserlo. Pensano che in fondo quello che stanno facendo è solo uno scherzo.

COSA FARE …

I genitori si dividono tra chi incentiva l’uso di internet in quanto funzionale ad un ruolo di baby-sitting a domicilio e chi manifesta ansia e preoccupazione ricorrendo a comportamenti sanzionatori e punitivi. È opportuno che i genitori, conoscano ed approfondiscano il fenomeno della rete, per evitare drastiche posizioni punitive, che potrebbero avere come risvolto negativo il fatto che i propri figli utilizzino la strategia del connettersi con i computer di amici o presso degli Internet Point con il risultato di perdere completamente il “controllo” delle connessioni. Il genitore dovrebbe favorire il dialogo con i propri figli, chiarire le opportunità dell’utilizzo della rete e “condividere le connessioni”. Se l’adulto non è in grado di controllare la navigazione del minore potrebbe avvalersi dell’ausilio dei filtri che limitano l’accesso ai siti mediante selezione e controllo degli stessi (trattasi di software che si installano sul computer per stabilire quali contenuti sono disponibili e per prevenire la visione di contenuti inadeguati per un’utenza più giovane). In questo caso sarebbe opportuno selezionare il tipo di filtro in funzione dell’età evolutiva del minore e di condividere con il diretto interessato le motivazioni di una tale scelta in modo da ridurre l’entità di un eventuale conflitto. Per il cyberbullismo sarebbe utile persuadere la vittima a cambiare indirizzo di posta elettronica ed a non frequentare più i siti o le chat infestate dal cyberbullo. Questo comporta l’interruzione di tutti gli altri rapporti creatisi in quella comunità, scelta che non sempre la vittima è disposta a fare. Il genitore può imporla d’autorità, ma questo potrebbe essere visto dal ragazzo come una penalizzazione per averne parlato. Se necessaria è una decisione che va adottata comunque. Persuadete il giovane navigatore, che la cosa più sbagliata da fare è quella di dare corda al persecutore: supplicarlo di smettere, rispondergli per le rime, mostrarsi arrabbiati. Al massimo va inviato un solo messaggio: “Ho informato i miei genitori, che hanno fatto denuncia alla Polizia. Hai le ore contate”. Solo questo messaggio, poi basta. Se la persecuzione è insistente, se si prolunga per più di due settimane, se il contenuto dei messaggi persecutori diventa troppo pesante, soprattutto se contiene minacce o ricatti, potete realmente segnalare l’azione persecutoria alla Polizia. L’azione del cyberbullo può essere segnalata al moderatore della chat o ai proprietari degli eventuali blog o degli altri siti sui quali il bullo lascia i suoi messaggi. Se gli episodi di cyberbullismo sono avvenuti in una comunità virtuale, è relativamente facile chiedere l’intervento dei gestori.

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