
da Avvenire del 17 maggio 1981
Attendiamo ormai con umiltà e fiducia il responso referendario. Fare previsioni mi è assolutamente impossibile. Posso però testimoniare che tutto quanto ci è stato possibile pensare e fare, abbiamo fatto e pensato. Se perderemo avrà vinto l’ignoranza e la violenza, soprattutto la violenza dei grandi mezzi di comunicazione sociale e di taluni partiti che hanno cercato di mantenere il maggior numero di cittadini nella non conoscenza dei termini esatti delle questioni in gioco.
Se i «no» supereranno i «sì», enorme sarà anche la responsabilità di quei pochi che dichiarandosi cattolici e militando in partiti che sostengono la legge 194, hanno fatto prevalere le ragioni di partito e hanno pubblicamente rifiutato la mano tesa del Movimento per la Vita. Essi non hanno potuto minimamente erodere il consenso dei credenti al «sì» sulla scheda verde, ma hanno deviato molte coscienze comuniste, socialiste o laiche.
Se avremo successo, i valori dell’umanesimo cristiano riprenderanno forza e capacità coagulante nella nostra società. Noi lo speriamo. Tuttavia, fin da ora, possiamo riconoscere la nostra plurima già conseguita vittoria. Io, che sono stato tra quelli che hanno cercato fino al limite ragionevole di evitare la rischiosa prova referendaria, mi sono reso conto, a mano a mano che la data del 17 maggio si avvicinava, del significato positivo di quanto abbiamo deciso e attuato.
La prima vittoria è rappresentata dai giovani. In tutta Italia la loro presenza è stata corale, affettuosa, gioiosa, serena ed entusiasta. Questi giovani hanno sacrificato il loro tempo e le loro energie senza ripromettersi vantaggio alcuno, in un’azione totalmente gratuita. In una società dominata dal profitto e dal successo, la loro testimonianza è stata commovente. Essi hanno ricominciato a sentire dentro il cuore il canto di una speranza che non muore, l’idea che sia possibile costruire un mondo in cui stia al centro il più povero. Il figlio concepito e non nato – essi hanno detto – è, in forma ultima, colui che non conta. Noi vogliamo un mondo in cui conti colui che non conta.
Questi giovani che hanno animato le presenze del Movimento per la Vita costituiscono una forza autenticamente rivoluzionaria ancora intatta per il futuro.
La seconda vittoria è culturale. Non c’è stato dibattito in cui gli argomenti abortisti non siano risultati perdenti. Mai ci è mancata la risposta. I difensori della legge 194 hanno dovuto effettuare una serie di continui ripiegamenti di fronte alla forza razionalmente vincente dei nostri argomenti e delle nostre domande.
La legge 194 si fonda sulla negazione del valore umano del figlio concepito e sul contemporaneo rifiuto di rendere palese questa irrazionale scelta. Dopo anni di equivoci essi non hanno più potuto eludere la domanda e – proprio sul finire del dibattito – sono stati costretti a balbettare sciocchezze, in contrasto con tutto il pensiero scientifico moderno, o a formulare incredibili teorie discriminatorie sull’uomo. Noi abbiamo incalzato allargando il tema e chiedendo una verifica dei grandi concetti moderni: quello di libertà, quello di laicità, quello di ordinamento giuridico, quello di prevenzione dell’aborto clandestino e legale. In continuo ripiegamento, essi hanno dovuto finire per tentare l’ultima mistificazione: quella di usare il nostro stesso linguaggio, di dichiararsi per la vita e contro l’aborto.
La stessa arrogante e durissima censura della grande stampa a nostro danno; i nostri manifesti strappati; le loro molteplici insincerità; la loro pretesa di presentarsi ai dibattiti sempre in numero maggiore rispetto a noi, prova la loro debolezza argomentativa. Possiamo dunque perdere sui numeri, ma la forza del pensiero ha una sua efficacia che alla lunga produce effetto.
Abbiamo inoltre consapevolezza di aver fatto in questi ultimi tempi più opera di prevenzione dell’aborto noi che la legge 194. Sappiamo per testimonianze dirette che la nostra proclamazione del diritto alla vita; il nostro dire la verità sul figlio; la nostra offerta di aiuto alle madri, ha salvato vite umane. Queste esistenze salvate giustificherebbero da sole il nostro impegno. Infine l’ultima vittoria è la nostra unità, non apparente, ma reale, fattiva. Questo referendum è stata la prima esperienza di una riaggregazione prevalentemente cattolica, ma non nella forma della cittadella che erige le mura a difesa, ma di un’unità che costituisce il primo passo verso un’unità più grande e che riguarda anche i non credenti. Sono stati i laici, in extremis, tra l’altro senza successo, a tentare la, costruzione dell’ultimo vallo, la cittadella dei laici, per paura di fronte alla nostra mano tesa.
Questa nostra unità ci ha confortato e riscaldato. Ci ha reso diversi. Ora non siamo più come prima. Qualunque cosa accada, non la dimenticheremo più.
Siamo dunque in attesa del risultato numerico con fiducia e umiltà, cioè senza angoscia. Abbiamo già costruito molto e non ci illudiamo. Sappiamo che la nostra vittoria esigerà l’attuazione delle parole dette e quindi una nuova lunga fatica. Ma non si illudano neppure gli altri. Il nostro eventuale insuccesso non ci farà tacere e non ci restituirà nella penombra della rassegnazione. Le parole dette sono troppo importanti e non possono essere dimenticate. Manterremo la nostra speranza. Quella che ci ha fatto vivere nella gioia una grande fatica.
Carlo Casini
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in ricordo di Carlo Casini e del suo impegno decennale a favore della vita.