49. E la reincarnazione?

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E’ un prendere le cose troppo superficialmente, pensare che si debba mettere l’accento sul punti in cui le religioni convergono piuttosto che perdersi in sterili discussioni sulle loro differenze. Come tante discussioni, questa riduzione al comun denominatore è sterile. Anzi è la sterilità stessa, perché ostacola la comprensione di ogni cosa. Le religioni e le sapienze umane non sono altrettanti sentieri che si inerpicano, per versanti diversi, sul pendio di una stessa montagna. Si potrebbero piuttosto paragonare ad altrettante cime distinte, separate da abissi e il pellegrino che si è smarrito, fuori dell’unica direzione, sulla cima più alta rischia di trovarsi, più di ogni altro, lontano dalla meta. Ricordiamo che è tra le vette che si produce il bagliore dei grandi conflitti.

padre Henri De Lubac


Attraverso le varie religioni orientali, oggi viene riscoperta la reincarnazione. Nella Bhagavadgita (termine sanscrito che significa «Canto del Beato»), poema religioso-morale in cui vengono narrate le gesta del dio indiano Krishna, si legge ad esempio: «Come un uomo smettendo i vestiti usati, ne prende altri (di) nuovi, così proprio l’anima incarnata, smettendo i corpi logori, viene ad assumerne altri nuovi» (2,22).

  • Secondo queste religioni, l’anima in origine era una cosa sola con l’Assoluto, il Tutto e quindi eterna. In seguito ad una colpa misteriosa cadde nei corpi, frammentandosi in anime particolari, ciascuna delle quali, alla morte del corpo, passa in un altro corpo (reincarnazione~signica, infatti, passaggio o trasmigrazione dell’anima da un corpo umano all’altro) e così via, finché non è ridiventata pura e capace di tornare alla divina, perfetta unità originaria.
    Per raggiungere tale fine occorre operare nella realtà quotidiana senza desideri di possesso e senza sentimenti o affetti tenaci, privi di ogni egocentrismo, con assoluto distacco dai frutti dell’azione, compiendo il dovere inerente alla propria condizione di vita.
  • Questo concatenamento di vite viene interpretato in modo sensibilmente differente in Oriente e in Occidente.
    I saggi e i maestri orientali desiderano rompere la catena delle rinascite successive, al fine di realizzare la fusione con l’Assoluto. E’ la tappa ultima: la «liberazione» (moksa) definitiva dal ciclo delle reincarnazioni degli indù, lo «stato di quiete assoluta» (nirvana) dei buddisti, l’«illuminazione» (satori) dei monaci zen del Giappone, …
    Coloro che invece credono alla reincarnazione in Occidente, considerano tale dottrina come un’opportunità per realizzare ciò che non è stato possibile in una sola vira. E questo indefinitamente. E’ come se fosse sempre possibile « ripetere la classe».
  • Con l’idea della reincarnazione vengono tuttavia messe in rilievo due aspirazioni importanti: il bisogno di salvezza, di liberazione dell’uomo dal «dolore» per vivere eternamente in presenza del divino ed il desiderio di essere purificati dal male. Sono aspirazioni belle. Il problema è sapere se la risposta che viene data è solida: che lo si voglia o no, c’è comunque la prospettiva dell’annientamento della nostra persona
  • Il buddismo, infatti, nega l’esistenza permanente dell’anima individuale e vede nella coscienza un fluire continuo di molteplici e contraddittori stati d’animo; per l’induismo, la serie delle incarnazioni non termina con il riscatto dell’anima individuale finalmente purificata, bensì con l’annullamento nel Tutto. L’anima desidera ritornare ad essere una cosa sola con l’Assoluto, il Tutto. Essa, quindi, non ha una relazione esclusiva con il corpo nel quale è inserita, ed il corpo altro non è se non un «veicolo» transitorio.
    Quanto alla purificazione dal male, non è chiaro di quali migliori mezzi disporremo in una ipotetica vita futura per liberarcene meglio di oggi.
    La vita nuova che Gesù ci promette non è una nuova vita: è eternità di gioia e di amore, è eterna, vale a dire per sempre! E Cristo può liberarci dal male perché è Dio. Può, se lo vogliamo, farci nuovi con il suo perdono. E sappiamo bene di essere incapaci a rompere da soli le nostre catene.
    La vita umana non consiste nello staccarsi dalla vita, nel rimanere impassibili, ma, al contrario, è ricerca di quanto, in essa, vi è di bello, di buono e di vero.
Testimonianza

 

Qualche anno fa lessi un libro che spiegava come Dio sia un grande Tutto – il Cosmo, l’Universo – che appare composto di elementi diversi tra loro, soltanto a chi non scorge l’intimo legame che soggiace ad ogni essere. Noi dipendiamo dal Cosmo come una bottiglia di acqua gettata nell’oceano. Bisogna frantumare il vetro della bottiglia (che altro non è se non il nostro «io», il nostro orgoglio, il nostro egoismo) per poter raggiungere Dio e dissolverci in Lui. Seguendo i consigli di vari saggi, mi lanciai in ciascuna delle tecniche da loro proposte: yoga, aikido, kendo, la meditazione trascendentale, ed infine lo zen.

Dappertutto venivano promessi la felicità, l’amore universale, la potenza dello spirito sopra la materia (il satori, il nirvana) a chi riusciva a raggiungere il «risveglio». Si insegnava la legge del Karman (la legge che considera l’effetto dell’azione compiuta dall’individuo e la retribuzione della stessa) che spiega come le sofferenze che viviamo nella nostra vita siano le conseguenze delle cattive azioni del nostro passato e delle nostre vite precedenti. Quando moriamo, infatti, ci reincarniamo, secondo la condotta della nostra vita, nel corpo di una persona più o meno buona.

Poiché avevo appena vissuto prove molto dolorose, il mio guru mi spiegò che ero senza dubbio stata una grande criminale nella vita precedente… Il solo modo di rompere questo circolo vizioso era salvarmi da sola praticando lo zen, tecnica considerata la più radicale e rapida, e, contemporaneamente, la più dolorosa. Dopo due anni, ero arrivata a fare più di 18 ore al giorno di zen! Ero pronta ad entrare in un monastero zen giapponese dopo qualche mese…

Una tortura interiore

Il mio guru, che conosceva tutta una rete di medium, maghi, guaritori radioestesisti… e pensava che io avessi una predisposizione per queste pratiche, mi iniziò ai doni della «veggenza» e della guarigione. Scoprii così il mondo dell’occultismo e dell’esoterismo e mi stupii nel constatare quanto tutti quegli uomini e donne, che hanno a volte doni spettacolari – di cui si appropriano con formule magiche e spesso con una «consacrazione» della propria persona a Satana – fossero torturate interiormente dall’angoscia e della paura della morte… Nascondono molte volte i loro giochi occulti dietro parole cristiane e non esitano a mostrare a malati, statue della Vergine o di Santi. Se guariscono a volte i corpi, lo fanno a prezzo dell’anima della persona malata.

Un incidente rivelatore

Un giorno mi trovavo su un autobus, proprio dietro all’autista. Una signora attraversò improvvisamente la strada e fu investita. Subito i passanti ed i passeggeri si precipitarono per portarle soccorso. Io invece rimasi seduta sul mio sedile, concentrandomi con tutte le forze, come mi era stato insegnato, sul movimento del mio diaframma per non lasciarmi prendere dall’emozione.

Ma quella pace ottenuta cosi, non era del tutto superficiale ed egocentrica? Non stavo forse diventando completamente impermeabile alla sofferenza degli altri? Quell’episodio mi fece capire che ero sulla strada sbagliata….

Sabina

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Sul castigo di Dio (San Paolo VI)

Frasi del giorno di Paolo VI e Giovanni XXIII