Egli ha portato la nostra superbia nel suo corpo sul legno della croce (Raniero Cantalamessa)

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Sulla croce Gesù non ha solo rivelato o praticato l’umiltà; l’ha anche creata. La vera umiltà cristiana consiste nel partecipare allo stato interiore di Cristo sulla croce. S.Paolo dice: “Abbiate in voi gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù” (Fil 2,5). Gli stessi identici sentimenti e non qualcosa di simile. Molte cose possono essere prese per umiltà mentre sono in realtà inclinazione naturale, timidezza oppure predilezione per il nascondimento, o semplicemente buon senso e intelligenza quando queste non sono una forma raffinata di superbia.
Una volta che ci siamo messi nell’umiltà di Cristo sarà più facile, tra le altre cose, lavorare per l’unità fra i cristiani, poichè l’unità e la pace discendono dall’umiltà. Questo è vero anche per le famiglie. Il matrimonio comincia con un atto di umiltà. Un giovane che si innamora e che in ginocchio, come si usava un tempo, chiede ad una ragazza di sposarlo, fa il più radicale atto di umiltà della sua vita. E’ come se dicesse: “Dammi tutta te stessa. Ho bisogno di te, da solo non basto a me stesso”. Potremmo dire che Dio ha creato gli esseri umani maschio e femmina per aiutarli ad essere umili, a non essere arroganti e autosufficienti, e per scoprire la dipendenza da qualcuno che ti ama. Egli ha inscritto l’umiltà nella nostra carne. Ma, purtroppo, la superbia molto spesso prende il sopravvento e la persona che amiamo deve pagare per l’iniziale bisogno che avevamo di lui o di lei. In seguito un terribile muro di orgoglio si erge fra i due partners e la loro incomunicabilità estingue completamente la gioia. Questa sera gli sposi cristiani sono invitati anche a porre tutto il risentimento ai piedi della croce per essere riconciliati l’uno con l’altro, abbracciandosi l’un l’altro per amore di Cristo che in questo giorno sulla croce “Ha distrutto in sé stesso l’inimicizia” (Ef 2,16).
La croce è la tomba della superbia umana: “Fin qui giungerai e non oltre e qui s’infrangerà l’orgoglio delle tue onde”. (Giobbe 38,11). Le onde dell’orgoglio umano s’infrangono contro le rocce del Calvario e non possono andare oltre. Il muro che Dio ha eretto contro di esse è troppo alto e l’abisso che Egli vi ha scavato davanti è troppo profondo. “Sappiamo bene che il nostro uomo vecchio è stato crocifisso con lui, perché fosse distrutto il corpo del peccato…” (Rm 6,6). Egli ha portato la nostra superbia nel suo corpo, poiché questo è il peccato per eccellenza, il peccato che dà origine a tutti gli altri peccati. “Egli portò i nostri peccati nel suo corpo sul legno della croce” (1 Pt 2,24).
Ma cosa c’entra tutto questo con noi? Dov’è il Vangelo, qual’è la buona e lieta novella? La buona novella è che Gesù ha umiliato se stesso anche per me mettendosi al mio posto. “Poiché l’amore del Cristo ci spinge, al pensiero che uno è morto per tutti e quindi tutti sono morti” (2 Cor 5,14). Uno ha umiliato se stesso per tutti, quindi tutti hanno umiliato se stessi. Gesù sulla croce è il nuovo Adamo che obbedisce per tutti. Egli è il capo, l’inizio di una nuova umanità. Egli agisce in nome di tutti e a beneficio di tutti. Come “per l’obbedienza di uno solo tutti saranno costituiti giusti” (Rom 5,19), per l’umiltà di un solo uomo, tutti saranno resi umili. L’orgoglio, come la disobbedienza, non è più parte di noi. E’ parte del vecchio Adamo. E’ diventata una cosa superata. La cosa nuova ora è l’umiltà, che è piena di speranza perché apre ad una nuova esistenza basata sul dono, sull’amore e la solidarietà, e non più sulla competitività, sull’arrivismo sociale e sul trarre profitto gli uni dagli altri. “Quindi se uno è in Cristo, è una creatura nuova; le cose vecchie sono passate, ecco ne sono nate di nuove”. (2 Cor 5,17). L’umiltà è una di queste meravigliose cose nuove.
Cosa significa dunque celebrare il mistero della croce “in Spirito e Verità”? Con riferimento a ciò che stiamo celebrando, qual’è il significato dell’antica massima: “Conosci ciò che fai, imita ciò che celebri”? Significa che dovremmo realizzare in noi stessi ciò che andiamo rappresentando esternamente; dovremmo mettere in pratica ciò che stiamo commemorando nella liturgia. Dobbiamo dare a Cristo “il corpo della nostra superbia”, così che possa distruggerlo de facto come lo ha distrutto una volta per tutte sulla croce.
Quando ero giovane, la gente della mia regione aveva l’abitudine di accendere un falò nelle campagne la notte della vigilia di certe feste. Ogni famiglia portava poi del legno per alimentare il fuoco mentre intorno si recitava il rosario. Qualcosa di simile deve aver luogo qui questa sera in preparazione alla grande festa di Pasqua. Ciascuno di noi dovrebbe gettare, in spirito, il suo carico di orgoglio, vanità, autosufficienza, presunzione, arroganza nella grande fornace della passione di Cristo. Dobbiamo imitare i santi in cielo che adorano l’Agnello, perché questo è il modello per la nostra adorazione qui sulla terra. L’Apocalisse ci dice che i santi si avvicinano in processione al trono e si prostrano davanti a Lui che vi è assiso “e gettavano le loro corone davanti al trono” (Ap 4,10). Essi gettano le autentiche corone del loro martirio e noi gettiamo le false corone con le quali abbiamo incoronato noi stessi. Dobbiamo “inchiodare tutti i sentimenti di orgoglio sulla croce”. (S. Agostino, Sulla Dottrina Cristiana 2,7,9).
Raniero Cantalamessa OFM Cap. is the preacher to the Papal Household. This is excerpted from his book, The Power of the Cross, (c) 1994 and 1996, published by Darton, Longman and Todd Ltd, London – Traduzione a cura della redazione di Acquaviva

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