Embrioni congelati. Centinaia di migliaia di vite sospese.

Foto di congerdesign da Pixabay

Solo una legge del Parlamento che modifica radicalmente l’articolo 40 della legge sulla procreazione medicalmente assistita (PMA) del 2004 consente la distruzione di embrioni umani, anche a scopo di ricerca. Questo è stato riconosciuto anche dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo quando il nostro Paese ha vinto la causa Parrillo contro Italia, in cui si chiedeva al nostro Paese di mettere a disposizione una parte degli embrioni umani per la ricerca scientifica. È bene ribadirlo alla luce delle periodiche campagne di stampa che chiedono di vietare la distruzione e la manipolazione degli embrioni umani, uno degli ultimi pilastri della Legge 40. Nessuna decisione ministeriale, iniziativa regionale o parere accademico può distruggere gli embrioni, usandoli ad esempio per ricerche ancora piu’ aberranti.

La legge n. 40 e la relativa decisione ministeriale distinguono tra embrioni crioconservati ed embrioni “abbandonati” di cui i genitori non hanno più bisogno e prevedono il trasferimento di tutti questi embrioni a una biobanca specializzata. Tuttavia, questa disposizione si applica solo agli embrioni creati prima dell’entrata in vigore della legge n. 40 e non riguarda gli embrioni creati successivamente. Infatti, nella sua forma originaria, la legge n. 40 prevedeva il trasferimento in utero di tutti gli embrioni in modo da limitare e rendere una eccezione quelli residuali.

Secondo la relazione al Parlamento sulla Legge 40, dal 2004 sono stati congelati dai 150.000 ai 600.000 embrioni, alcuni dei quali risultano essere stati abbandonati. Tuttavia, non è stato effettuato un censimento preciso.

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Nel 2009, la Corte Costituzionale ha di fatto aperto la strada alla formazione di embrioni soprannumerari (gli embrioni devono essere formati in quantità assolutamente necessarie per la procreazione), sebbene ciò non sia ancora consentito dalla legge. Di conseguenza, il numero di embrioni crioconservati è aumentato in modo allarmante. Gli embrioni vengono formati, congelati e scongelati in continuazione e il numero di embrioni in ogni centro cambia quasi quotidianamente.

Vale la pena di spiegare che gli embrioni crioconservati non hanno una data di scadenza. Se la crioconservazione viene eseguita correttamente, il processo può durare indefinitamente. Infatti, alla temperatura dell’azoto liquido (196°C), tutti i processi che interessano le cellule (compresi quelli di degradazione) si arrestano e possono essere riavviati solo riportando gli embrioni a una temperatura superiore. L’unico modo per sapere se l’embrione può sopravvivere è scongelarlo e trasferirlo nell’utero per vedere se si svilupperà una gravidanza. Se l’embrione è abbastanza vitale per concepire, può essere utilizzato per la ricerca scientifica e viceversa. Al contrario, se l’embrione è difettoso, non può essere utilizzato per alcuno scopo. Non è possibile prevedere quali embrioni crioconservati porteranno a una gravidanza una volta scongelati e trasferiti nell’utero. Pertanto, delle decine di migliaia di embrioni in crioconservazione, attualmente non si sa quanti sopravviveranno e quanti rimarranno vitali dopo lo scongelamento – alcuni bambini sono nati da embrioni conservati in azoto liquido per più di 20 anni, come Emma, nata sana circa un anno fa da embrioni crioconservati per 25 anni.

Inoltre, il parere del Comitato Nazionale di Bioetica, che ha usato l’espressione semantica “adozione a scopo di nascita” ma non l’ha mai recepita nella legge, è ancora molto attuale. Nel frattempo, l’esistenza di embrioni “soprannumerari” conservati nei centri di FGM di tutto il mondo, anche nei Paesi in cui sono disponibili per la ricerca scientifica, solleva domande sui reali interessi dei ricercatori. Perché distruggerli se sono così preziosi per il laboratorio? Forse per la loro eterogeneità? Gli embrioni di diverse coppie che soffrono di infertilità e non prosperano vengono crioconservati in tempi e modi diversi. I ricercatori preferiscono “campioni” più omogenei e alcuni predicano la necessità di avere embrioni “freschi e sani”. D’altra parte, la scoperta delle “cellule staminali etiche” o cellule Ips, da parte del premio Nobel Shinya Yamanaka, ha dato a molti ricercatori del settore una valida opzione per continuare le loro ricerche senza dover distruggere embrioni umani.

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