Fui chiamato Dolindo

Ai napoletani che andavano a trovarlo, padre Pio diceva: «Perché venite da me? A Napoli avete don Dolindo!». Ma chi è don Dolindo, questo sacerdote napoletano tenuto in così grande considerazione da padre Pio? Egli si autodefiniva «il nulla di Dio», ma, come padre Pio, era un gigante della fede e dell’umiltà.
Chi era Don Dolindo

«L’enciclopedico»
Don Dolindo era nato a Napoli da onesti genitori il 6 ottobre 1882, quinto di undici figli. Il padre era ingegnere e professore di matematica, la mamma era discendente dei principi d’Aragona. Dopo un’infanzia travagliata a causa anche della severità eccessiva del padre, che gli aveva messo quel nome, Dolindo, che significa «dolore», don Dolindo già da piccolo mostrava i segni della sua mitezza e mansuetudine. Sottoposto a mezzi di correzione molto duri, offriva in ginocchio e in silenzio tutte le amarissime pene, che gli infliggeva il severo genitore.
Entrato assieme al fratello maggiore, Elio, nella scuola Apostolica dei Padri Lazzaristi di Napoli, ripeté per tre volte la prima ginnasiale e per questo implorò dalla Madonna il dono dell’intelligenza, che ebbe in modo miracoloso. Stando in preghiera innanzi ad una immaginetta della Madonna, si addormentò, ma fu risvegliato dal tocco dell’immagine stessa, che, o per il vento o per un intervento soprannaturale, gli toccò la fronte, donandogli ciò che aveva chiesto.
I compagni di classe e gli stessi professori lo chiamavano «l’enciclopedico», ma fu proprio questa sua nuova capacità a fargli subire vessazioni e umiliazioni senza fine a causa dei compagni, che lo accusarono più volte, calunniandolo e perseguitandolo.

Abbandonato da tutti
I travagli della sua vita non finirono certamente nemmeno col sacerdozio. Fu, infatti, ordinato il 24 giugno 1905 e fu subito impegnato nell’insegnamento del latino e nella predicazione. Trasferito a Taranto nel Seminario dei Lazzaristi in qualità di direttore spirituale, cominciò a subire umiliazioni a causa di padre Volpe, suo confratello, che lui aveva scelto come Padre Spirituale. Nel contempo, fu proprio per difendere padre Volpe, frainteso a proposito di una sua figlia spirituale, che affermò di vedere lo Spirito Santo incarnato in un suo nipotino: da qui cominciarono i guai per don Dolindo. Deferito al Santo Uffizio, oggi Congregazione per la Dottrina della Fede, fu accusato di credere anche lui all’Incarnazione dello Spirito Santo, certamente per un penoso equivoco, poiché don Dolindo ha scritto tantissimo sullo Spirito Santo e in modo molto corretto e ortodosso. Ritornato a Napoli, fu espulso dalla comunità dei Lazzaristi e perseguitato anche dalla propria famiglia, che non sapendo spiegarsi la sua calma e la sua fedeltà alla Chiesa, di fronte alle persecuzioni che stava subendo a causa della stessa, lo considerò addirittura come un indemoniato e perciò lo fece sottoporre anche ad esorcismo.
Abbandonato da tutti e anche dalla famiglia, fu accolto dal cugino, nel cui negozio lavorò per oltre un anno. Passato infine a Rossano Calabro come segretario del Vescovo, fu riabilitato, ma le persecuzioni del demonio non erano finite, purtroppo! Intanto egli scrisse un commento alla Sacra Scrittura, in ben 33 volumi, di cui la maggior parte fu pubblicata dopo la sua morte, avvenuta il 19 novembre 1970.
Fu quest’ultima colossale opera, che gli costò la maggiore sofferenza, perché gli fu fatta una spietata lotta a proposito del metodo che egli aveva seguito, cioè il metodo pastorale. Don Dolindo aveva seguito questo metodo, perché riteneva che solo così fosse possibile avvicinare le persone, di ogni ceto sociale e culturale, alla Bibbia. Negli ultimi dieci anni colpito da una paralisi, continuò a scrivere e ci ha lasciato ben due opere ancora inedite, una sulla Madonna e una sulla Eucaristia, di cui mancano alcuni quinterni del manoscritto.
Se volessimo definire don Dolindo in tre parole dovremmo scrivere: sofferenza, preghiera ed apostolato. In tre parole racchiudiamo tutta la vita di questo sacerdote davvero straordinario.

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Sofferenza
«Sono confitto alla croce», poteva affermare di sé stesso, ma una voce interiore gli dava questa certezza: «Tu sarai sacrificato e immolato in tutto».
La sua vita è stata davvero tutta croce e martirio, fino ad assaporare l’amarezza della sospensione «a divinis». D’altronde, il suo caso non è nuovo nella storia della Chiesa. Sant’Alfonso, vescovo e dottore della Chiesa, rischiò addirittura di essere scomunicato dal Santo Padre. Potremmo chiederci perché Dio permetta queste persecuzioni. Per la santificazione di chi è perseguitato, potrebbe essere la risposta più ovvia e certamente è la più semplice! Ma quale sia il disegno della Divina Provvidenza su quell’anima, lo capiremo in Paradiso! Don Dolindo confidava alle figlie spirituali che, ogni qual volta si recasse al Sant’Uffizio a Roma, baciava sempre con umiltà e amore la soglia del suddetto tribunale. Quest’atto di umiltà di don Dolindo era il segno della sua profonda devozione e del suo amore indiscusso per la Santa Madre Chiesa e per il Papa. Don Dolindo ha pagato di persona il suo amore per la Chiesa, che amava di un amore tenerissimo, e quando qualcuno in sua presenza attaccava la Chiesa, egli si ergeva in tutta la sua persona e rimproverava chi osasse tanto, anche qualora l’accusa verso la Chiesa fosse solo per difendere lui.
Sospeso «a divinis», per umiliarsi ancora di più si recava ogni giorno nella Chiesa più frequentata e dove era più conosciuto e, indossando cotta e stola, si metteva in fila per ricevere Gesù.

La preghiera
Padre Pio diceva di sé: sono solo un povero frate che prega! Anche di don Dolindo potremmo dire ch’era un sacerdote che prega. Come? Con la corona del Santo Rosario e non basta: alle due e trenta del mattino era già in ginocchio in colloquio con Dio. La sua preghiera intessuta di sacrifici e penitenze diventava una supplica accorata, soprattutto quando doveva strappare un’anima a satana. Spesso diventava anche canto, era infatti un organista richiestissimo. La musica che componeva era sempre vibrante, un inno di amore a Dio. Nelle note musicali trasfondeva tutta la sua anima innamorata di Dio. Ha lasciato un patrimonio di opere e operette musicali.
Apostolato
Lo zelo per la salvezza delle anime lo divorava, non si concedeva tregua o riposo alcuno. Predicatore fecondo, riempiva le chiese, i parroci se lo contendevano, perché la sua presenza e la sua parola incisiva commuoveva ed operava trasformazioni profonde nei cuori. È stato predicatore di esercizi spirituali a comunità religiose, sia maschili che femminili. È stato, dopo Sant’Alfonso, uno scrittore fecondissimo. Ogni giorno visitava gli ammalati in casa loro o in ospedale, rincuorandoli e dando sempre a tutti una parola buona, o di conforto o meglio di Cielo. La sua casa negli ultimi tempi era meta di gente semplice, di persone di scienza e di arte, di sacerdoti, di vescovi e religiosi. Si dava alle anime senza misura e senza soste. Oggi si ricercano nuovi sistemi di apostolato, senz’alcun risultato; la sua ricetta era molto semplice: preghiera e penitenza.
testo di Padre Massimiliano M. Maffei, già postulatore

Satana tenta affievolire la devozione verso di Maria

Maria è stata sempre il centro delle aspirazioni umane alla Redenzione ed alla vita, perché per Lei ci viene dato il Redentore e la grazia. Nell’Eden Dio stesso la preconizzò come vincitrice di satana. Nell’Incarnazione Maria è la figura centrale: Gesù è suo figlio. Essa lo ha fra le braccia, lo custodisce, lo alimenta, lo dona. Sul Calvario Maria è ancora la figura centrale, perché raccoglie il frutto della vita dall’albero della vita; nello sviluppo della Chiesa Maria è sempre la figura centrale, perché intorno a Lei si raggruppano gli Apostoli ed i Santi; nella restaurazione di tutto in Gesù e nel trionfo della Chiesa, Maria è Regina, e la sua regalità porta il trionfo di quella di Gesù Cristo. Quanto più sono aspre le lotte della Chiesa tanto più è necessaria Maria, poiché per Lei satana è vinto. È questa la ragione per la quale lo spirito infernale tenta affievolire e distruggere la devozione verso di Lei, quando prepara assalti più fieri alle anime, come dolorosamente fa oggi.
(Padre Dolindo – Servo di Dio)

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