Giovanni Paolo II sull’Eucarestia

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Insegnamenti di Giovanni Paolo II tratti dalla lettera Enciclica Ecclesia De  Eucharistia

Il Romano Pontefice, quale successore di Pietro, è il perpetuo e visibile principio e fondamento dell’unità sia dei Vescovi sia della moltitudine dei fedeli, la comunione con lui è un’esigenza intrinseca della celebrazione del Sacrificio eucaristico
(Giovanni Paolo II , Ecclesia De Eucharistia, 17 aprile 2003, n. 39)

Confido che questa mia Lettera enciclica possa contribuire efficacemente a che vengano dissipate le ombre di dottrine e pratiche non accettabili, affinché l’Eucaristia continui a risplendere in tutto il fulgore del suo mistero ( ivi n. 10 )

L’Eucaristia è un dono troppo grande, per sopportare ambiguità e diminuzioni.
( ivi, n.10)

Vi sono luoghi dove si registra un pressoché completo abbandono del culto di adorazione eucaristica.
( ivi n.10 )

Si aggiungono, nell’uno o nell’altro contesto ecclesiale, abusi che contribuiscono ad oscurare la retta fede e la dottrina cattolica su questo mirabile Sacramento.
( ivi n. 10 )

Emerge talvolta una comprensione assai riduttiva del Mistero eucaristico.
Spogliato del suo valore sacrificale, viene vissuto come se non oltrepassasse il senso e il valore di un incontro conviviale fraterno.
( ivi n.10 )

La necessità del sacerdozio ministeriale, che poggia sulla successione apostolica, rimane talvolta oscurata e la sacramentalità dell’Eucaristia viene ridotta alla sola efficacia dell’annuncio.
( ivi n.10 )

Come non manifestare, per tutto questo, profondo dolore?
( ivi n.10 )

Soprattutto a partire dagli anni della riforma liturgica post-conciliare, per un malinteso senso di creatività e di adattamento, non sono mancati abusi, che sono stati motivo di sofferenza per molti.

Una certa reazione al ” formalismo ” ha portato qualcuno (.) a ritenere non obbliganti le “forme ” scelte dalla grande tradizione liturgica della Chiesa e dal suo Magistero e a introdurre innovazioni non autorizzate e spesso del tutto sconvenienti.
( ivi n.52 )

Sento perciò il dovere di fare un caldo appello perché, nella Celebrazione eucaristica, le norme liturgiche siano osservate con grande fedeltà.
( ivi n.52 )

La liturgia non è mai proprietà privata di qualcuno, né del celebrante né della comunità nella quale si celebrano i Misteri ( ivi n.52 )

Il Sacrificio eucaristico pur celebrandosi sempre in una particolare comunità non è mai celebrazione di quella sola comunità: essa, infatti, ricevendo la presenza eucaristica del Signore, riceve l’intero dono della salvezza e si manifesta così, pur nella sua perdurante particolarità visibile, come immagine e vera presenza della Chiesa una, santa, cattolica ed apostolica ( ivi n.39 )

Una comunità veramente eucaristica non può ripiegarsi su se stessa, quasi fosse autosufficiente, ma deve mantenersi in sintonia con ogni altra comunità cattolica.
( ivi n.39 )

Per rafforzare questo senso profondo delle norme liturgiche ho chiesto ai Dicasteri competenti della Curia Romana di preparare un documento più specifico, con richiami anche di carattere giuridico, su questo tema di grande importanza. A nessuno è concesso di sottovalutare il Mistero affidato alle nostre mani: esso è troppo grande perché qualcuno possa permettersi di trattarlo con arbitrio personale, che non ne rispetterebbe il carattere sacro e la dimensione universale..
( ivi n. 52 ).

Il Signore Gesù, nella notte in cui veniva tradito- (1 Cor 11, 23 ), istituì il Sacrificio eucaristico del suo corpo e del suo sangue. (.) Questo sacrificio è talmente decisivo per la salvezza del genere umano che Gesù Cristo l’ha compiuto ed è tornato al Padre soltanto dopo averci lasciato il mezzo per parteciparvi come se vi fossimo stati presenti.
( ivi n.11)

Istituendolo, egli non si limitò a dire – Questo è il mio corpo -, – questo è il mio sangue -, ma aggiunse – dato per voi.versato per voi- ( Lc 22,19-20 ). Non affermò soltanto che ciò che dava loro da mangiare e da bere era il suo corpo e il suo sangue, ma ne espresse altresì il valore sacrificale, rendendo presente in modo sacramentale il suo sacrificio ( ivi n.12)

La Messa rende presente il Sacrificio della Croce, non vi si aggiunge e non lo moltiplica.
( ivi n.12 )

L’Eucaristia è sacrificio in senso proprio, e non solo in senso generico, come se si trattasse del semplice offrirsi di Cristo quale cibo spirituale ai fedeli. Il dono infatti del suo amore e della sua obbedienza fino all’
estremo della vita ( cf. Gv 10,17-18 ) è in primo luogo un dono al Padre suo.

Certamente, è dono in favore nostro, anzi di tutta l’umanità ( cf. Mt 26,28; Mc 14, 24; Lc 22,20; Gv 10,15 ), ma dono innanzitutto al Padre: ” sacrificio che il Padre accettò, ricambiando questa totale donazione di suo Figlio, che si fece ” obbediente fino alla morte ” ( Fil 2,8 ), con la sua paterna donazione, cioè col dono della nuova vita immortale nella risurrezione “.
( ivi n.13 )

La Pasqua di Cristo comprende, con la passione e la morte, anche la sua risurrezione ( ivi n.14 )

Il Sacrificio eucaristico rende presente non solo il mistero della passione e della morte del Salvatore, ma anche il mistero della risurrezione, in cui il sacrificio trova il suo coronamento.( ivi n.14 )

Il culto reso all’Eucaristia fuori della Messa è di un valore inestimabile nella vita della Chiesa. Tale culto è strettamente congiunto con la celebrazione del Sacrificio eucaristico ( ivi n.25 )

La presenza di Cristo sotto le sacre specie che si conservano dopo la Messa – presenza che perdura fintanto che sussistono le specie del pane e del vino – deriva dalla celebrazione del Sacrificio e tende alla comunione, sacramentale e spirituale ( ivi n.25 )

Spetta ai Pastori incoraggiare, anche con la testimonianza personale, il culto eucaristico, particolarmente le esposizioni del Santissimo Sacramento, nonché la sosta adorante davanti a Cristo sotto le specie eucaristiche.
( ivi n.25 )

Se il cristianesimo deve distinguersi, nel nostro tempo, soprattutto per l’ – arte della preghiera -, come non sentire un rinnovato bisogno di trattenersi a lungo, in spirituale conversazione, in adorazione silenziosa, in atteggiamento di amore, davanti a Cristo presente nel Santissimo Sacramento?
( ivi n.25 )

– Fra tutte le devozioni, questa di adorare Gesù sacramentato è la prima dopo i sacramenti, la più cara a Dio e la più utile a noi -. L’Eucaristia è un tesoro inestimabile: non solo il celebrarla, ma anche il sostare davanti ad essa fuori della Messa consente di attingere alla sorgente stessa della grazia.
( ivi n.25 )

E’ il sacerdote ministeriale che – compie il Sacrificio eucaristico in persona di Cristo e lo offre a Dio a nome di tutto il popolo -. Per questo nel Messale Romano è prescritto che sia unicamente il sacerdote a recitare la preghiera eucaristica, mentre il popolo vi si associa con fede e in silenzio.
( ivi n.28)

In persona Christi – vuol dire di più che a “nome “, oppure ” nelle veci”  di Cristo. In persona: cioè nella specifica, sacramentale identificazione col sommo ed eterno Sacerdote, che è l’autore e il principale soggetto di questo suo proprio sacrificio, nel quale in verità non può essere sostituito da nessuno- ( ivi n.29 )

Il ministero dei sacerdoti che hanno ricevuto il sacramento dell’Ordine, nell’economia di salvezza scelta da Cristo, manifesta che l’Eucaristia, da loro celebrata, è un dono che supera il potere dell’assemblea ( ivi n.29 )

L’Eucaristia (.) ” è sempre un atto di Cristo e della sua Chiesa, anche quando non è possibile che vi assistano i fedeli “
( ivi n. 31 )

Anche quando viene celebrata sul piccolo altare di una chiesa di campagna, l ‘Eucaristia è sempre celebrata, in certo senso, sull’altare del mondo.
Essa unisce il cielo e la terra. Comprende e pervade tutto il creato.
( ivi n.8 )

Il Figlio di Dio si è fatto uomo, per restituire tutto il creato, in un supremo atto di lode, a Colui che lo ha fatto dal nulla. E così Lui, il sommo ed eterno Sacerdote, entrando mediante il sangue della sua Croce nel santuario eterno, restituisce al Creatore e Padre tutta la creazione redenta. Lo fa mediante il ministero sacerdotale della Chiesa ( ivi n.8 )

Si capisce, dunque, quanto sia importante per la vita spirituale del sacerdote, oltre che per il bene della Chiesa e del mondo, che egli attui la raccomandazione conciliare di celebrare quotidianamente l’Eucaristia ( ivi n.31 )

Le comunità ecclesiali da noi separate (.) non hanno conservato la genuina ed integra sostanza del Mistero eucaristico (.). I fedeli cattolici (.) debbono astenersi dal partecipare alla comunione distribuita nelle loro celebrazioni, per non avallare un’ambiguità sulla natura dell’Eucaristia e mancare, di conseguenza, al dovere di testimoniare con chiarezza la verità.
( ivi n.30 ).

L’Eucaristia e la Penitenza sono due sacramenti strettamente legati. Se l’ Eucaristia rende presente il Sacrificio redentore della Croce perpetuandolo sacramentalmente, ciò significa che da essa deriva un’esigenza continua di conversione, di risposta personale all’esortazione che San Paolo rivolgeva ai cristiani di Corinto: – Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio- ( 2 Cor 5, 20 ) ( ivi n.37 )

Il giudizio sullo stato di grazia, ovviamente, spetta soltanto all’ interessato, trattandosi di una valutazione di coscienza ( ivi n.37 )

Chi è consapevole di aver commesso un peccato grave, deve ricevere il sacramento della Riconciliazione prima di accedere alla comunione ( ivi n.36 )

Dato che l’Eucaristia e la Penitenza sono due sacramenti strettamente legati fra di loro, nella lettera apostolica Misericordia Dei, Giovanni Paolo II ha scritto e ordinato ( ndr ) :- Gli ordinari del luogo, nonché i parroci e i rettori di Chiese e santuari, devono verificare periodicamente che di fatto esistano le massime facilitazioni possibili per le confessioni dei fedeli.
In particolare, si raccomanda la presenza visibile dei confessori nei luoghi di culto durante gli orari previsti (.) e la speciale disponibilità per confessare prima delle Messe e anche per venire incontro alla necessità dei fedeli durante la celebrazione delle S. S. Messe, se sono disponibili altri sacerdoti-( Giovanni Paolo II , 7 aprile 2002 )

Nei casi (.) di un comportamento esterno gravemente, manifestamente e stabilmente contrario alla norma morale, la Chiesa, nella sua cura pastorale del buon ordine comunitario e per il rispetto del Sacramento, non può non sentirsi chiamata in causa. A questa situazione di manifesta indisposizione morale fa riferimento la norma del Codice di Diritto Canonico sulla non ammissione alla comunione eucaristica di quanti – ostinatamente perseverano in peccato grave manifesto – ( Giovanni Paolo II , Ecclesia De Eucharistia, cit., n. 37 )

Il Decoro della Celebrazione Eucaristica

Una donna, identificata da Giovanni con Maria sorella di Lazzaro, versa sul capo di Gesù un vasetto di profumo prezioso, provocando nei discepoli – in particolare in Giuda – ( cf. Mt 26,28; Mc 14,4; Gv 12,4 ) – una reazione di protesta, come se tale gesto, in considerazione delle esigenze dei poveri, costituisse uno ” spreco ” intollerabile. Ma la valutazione di Gesù è ben diversa. Senza nulla togliere al dovere della carità verso gli indigenti, ai quali i discepoli si dovranno sempre dedicare – ” i poveri li avete sempre con voi ” ( Mt 26,11; Mc 14,7; cf. Gv 12, 8 ) – Egli guarda all’evento imminente della sua morte e della sua sepoltura, e apprezza l’unzione che gli è stata praticata quale anticipazione di quell’onore di cui il suo corpo continuerà ad essere degno anche dopo la morte (.). Il racconto continua, nei Vangeli sinottici, con l’incarico dato da Gesù ai discepoli per l’accurata preparazione della ” grande sala ” necessaria per consumare la cena pasquale ( cf. Mc 14,5; Lc 22,12 ) ( ivi n.47 )

Come la donna dell’unzione di Betania, la Chiesa non ha temuto di ” sprecare “, investendo il meglio delle sue risorse per esprimere il suo stupore adorante di fronte al dono incommensurabile dell’Eucaristia. Non meno dei primi discepoli incaricati di predisporre la “grande sala ” essa si è sentita spinta lungo i secoli e nell’avvicendarsi delle culture a celebrare l’Eucaristia in un contesto degno di così grande Mistero.

Sull’onda delle parole e dei gesti di Gesù, sviluppando l’eredità rituale del giudaismo, è nata la liturgia cristiana.
( ivi n. 48 )

Se la logica del – convito – ispira familiarità, la Chiesa non ha mai ceduto alla tentazione di banalizzare questa ” dimestichezza ” col suo Sposo dimenticando che Egli è anche il suo Signore e che il – convito – resta pur sempre un convito sacrificale, segnato dal sangue versato sul Golgota ( ivi n.48 )

Nota del redattore: la storia, che è politica sperimentale, dimostra che, quando i regimi comunisti hanno trasformato le chiese in dormitori e in granai, invece di risolvere i problemi dei poveri hanno creato le stragi di morti per fame: 13 milioni di morti per fame in URSS nel 1930 e 60 milioni di morti per fame in Cina tra il 1958 e il 1960.

Alla Scuola di Maria Donna ” Eucaristica “

” Fate questo in memoria di me ” Lc 22,19 ).

Nel ” memoriale ” del Calvario è presente tutto ciò che Cristo ha compiuto nella sua passione e nella sua morte.

Pertanto non manca ciò che Cristo ha compiuto anche verso la Madre a nostro favore. A lei infatti consegna il discepolo prediletto e, in lui, consegna ciascuno di noi: ” Ecco tuo figlio!”. Ugualmente dice anche a ciascuno di noi:” Ecco tua madre !” ( cf. Gv 19, 26 -27 ).

Vivere nell’Eucaristia il memoriale della morte di Cristo implica anche ricevere continuamente questo dono.

Significa prendere con noi – sull’esempio di Giovanni – colei che ogni volta ci viene donata come Madre.

Significa assumere al tempo stesso l’impegno di conformarci a Cristo, mettendoci alla scuola della Madre e lasciandoci accompagnare da lei. Maria è presente, con la Chiesa e come Madre della Chiesa, in ciascuna delle nostre Celebrazioni eucaristiche.

Se Chiesa ed Eucaristia sono un binomio inscindibile, altrettanto occorre dire del binomio Maria ed Eucaristia. ( ivi n. 57 )

Cardinale Joseph Ratzinger, Prefetto della Sacra Congregazione per la Dottrina della fede ( ndr ):
” La liturgia, per alcuni sembra ridursi alla sola eucaristia, vista quasi sotto l’unico aspetto del – banchetto fraterno -. Ma la messa non è solamente un pasto tra amici, riuniti per commemorare l’ultima cena del Signore mediante la condivisione del pane. La messa è il sacrificio comune della Chiesa, nel quale il Signore prega con noi e per noi e a noi si partecipa. E’ la rinnovazione sacramentale del sacrificio di Cristo: dunque, la sua efficacia salvifica si estende a tutti gli uomini, presenti e assenti, vivi e morti. Dobbiamo riprendere coscienza che l’eucaristia non è priva di valore se non si riceve la comunione: in questa consapevolezza, problemi drammaticamente urgenti come l’ammissione al sacramento dei divorziati risposati possono perdere molto del loro peso opprimente. Se l’eucaristia è vissuta solo come il banchetto di una comunità di amici, chi è escluso dalla ricezione dei Sacri Doni è davvero tagliato fuori dalla fraternità. Ma se si torna alla visione completa della messa ( pasto fraterno e insieme sacrificio del Signore, che ha forza ed efficacia in sé, per chi vi si unisce nella fede), allora anche chi non mangia quel pane partecipa egualmente, nella sua misura, dei doni offerti a tutti gli altri- ( Joseph Ratzinger, Rapporto sulla fede, ed. Paoline 1985, p.136-137 )

La Coroncina della Divina Misericordia

I danni dell’utero in Affitto – Bibliografia