
Le dotazioni native e le influenze ambientali hanno il loro peso ma, fino ad oggi, non si è ancora trovata altra strategia migliore per educare un uomo che quella di una coppia di bravi genitori.
Da qualche anno è in circolazione un libro della psicologa Judith Rich Harris: “Non è colpa dei genitori” che sembra fatto apposta per far discutere.
In esso la psicologa americana sostiene che, ormai, i figli imparano
più fuori casa che in famiglia, più dai coetanei che dai genitori.
Insomma i genitori conterebbero sempre meno: la crescita buona o meno
buona dei figli dipenderebbe non già dal padre e dalla madre, ma dal
codice genetico e dal contesto sociale.
Che dire? Ha ragione la Harris?
Intanto, per iniziare il dibattito, ecco la nostra opinione.
«La Torre di Pisa pende dalla base»
Non c’è dubbio che nella formazione della persona umana intervengono
più fattori: due di questi sono, appunto, il fattore ereditario e
l’ambiente in cui ci si viene a trovare.
Nell’adolescenza, in particolare, il fattore ‘gruppo’ è
fondamentale. In esso il ragazzo si sente protetto, deresponsabilizzato,
fino a perdere, talora, la propria identità e ad assumere un ‘io’
collettivo.
Dunque il libro del quale stiamo discutendo ha, indubbiamente, una
funzione positiva: serve a liberare i genitori dai sensi di colpa, come
se un eventuale fallimento educativo dipendesse totalmente da essi.
Il che non è affatto vero! Ogni essere umano dipende anche dalla
propria libertà, dalla propria coscienza. Tutti sappiamo che persino
alla scuola di Gesù vi fu un clamoroso fallimento.
Sì, aveva tutte le ragioni il cardinale Carlo Maria Martini (1927-2012) a domandarsi: “È forse colpa della sorgente se il corso del torrente si perde in un pantano?”.
Fin qui perciò possiamo essere d’accordo con il libro: “Non è colpa dei genitori”.
Però (andando più a fondo nell’analisi) vi è un risvolto che può essere grave e pericoloso.
Il lavoro della Harris può fornire un comodo alibi ai padri e alle
madri per smettere d’essere genitori generativi, vale a dire genitori
che continuano a far nascere i figli fino all’ultima sera della loro
vita. Il che sarebbe da irresponsabili.
Da irresponsabili perché ancor oggi i genitori, lo vogliano o non lo vogliano, formano o deformano i figli.
È vero, ripetiamo, che l’eredità e il contesto sociale hanno una
loro incidenza, ma il primo ambiente, il primo gruppo con cui il bambino
viene a contatto è quello familiare proprio nei primi anni della vita
nei quali si impianta lo zoccolo duro della nostra personalità.
“La Torre di Pisa pende dalla base”. “Passati i primi sei anni è difficile mutar panni”, recitano due indovinati proverbi.
Per non dilungarci, la conclusione più razionale ci pare possa
essere questa: ammesso pure che le dotazioni native e le influenze
ambientali abbiano il loro peso, fino ad oggi non si è ancora trovata
altra strategia migliore per educare un uomo che quella di una coppia di
bravi genitori.
Ancor oggi continua ad aver ragione lo psicologo statunitense John Powell (1963) quando dice: “In
certi casi può sembrare spaventoso, ma il nostro destino è nelle mani
dei genitori. Noi siamo, tutti quanti, il prodotto di coloro che ci
hanno amati o che si sono rifiutati di amarci”.
I genitori servono ancora?
I genitori d’oggi servono come quelli di ieri!
La differenza sta nel fatto che oggi il loro influsso è meno
appariscente, ma non meno decisivo in quanto indelebile: padre e madre
ce li portiamo ‘dentro’ per la vita intera.
Spazio permettendo, lo potremmo provare in lungo e in largo. Questa
la nostra opinione sul ruolo fondamentale dei genitori anche nella
nostra società digitale 2.2.
Genitori con la patente pedagogica a pieni punti.
1. Non perdono mai la capacità di produrre sorriso.
2. Sono seducenti, non seduttori.
3. Si ricordano d’essere stati pur essi bambini.
4. Lasciano che il figlio a sei anni si sbucci l’arancia da solo.
5. Non lo fanno crescere con il sedere nel burro.
6. Scrivono qualche volta sulla bocca: Chiusa per nervi.
7. Accettano pienamente il figlio, anche se non diventerà un cavallo di razza.
8. A parole d’oro non fanno seguire fatti di piombo.
9. Non fanno pensare che diventare adulti significhi diventare noiosi.
10. Hanno il cervello con le radici nel cuore.
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Pino Pellegrino