I secoli della fede: il Medioevo

Una ricostruzione dei “secoli della fede”, attraverso la faticosa ma feconda prima evangelizzazione dell’Europa.
L’editto di Milano, con cui Costantino nel 313 d.C. concedeva ai cristiani libertà di culto, è paragonabile al chiodo piantato nella roccia dallo scalatore previdente. Un piccolo chiodo a cui tuttavia è affidato il compito di sostenere l’alpinista in caso di caduta. E la caduta di Roma si approssima in modo sempre più minaccioso.

La libertà di evangelizzare
Già il 9 agosto del 379, sotto le mura di Adrianopoli, l’imperatore Valente subisce dai Visigoti una delle più spaventose sconfitte della storia dell’impero. Una sconfitta in cui egli stesso perde la vita, senza ancora capacitarsi pienamente di quanto gli sta accadendo intorno.
In realtà, per rendersi conto della situazione, sarebbe necessario il colpo d’occhio del giocatore di bigliardo, perché le masse barbariche, che premono sul limes romano, obbediscono negli spostamenti alla stessa logica che spinge una palla, a sua volta sospinta, a urtare quella immediatamente vicina. Dall’altra parte del mondo, infatti, nelle pianure dell’Asia orientale, gli Unni, che da quasi un millennio premono alle propaggini della Grande Muraglia, vi praticano finalmente una breccia. Impadronitisi del Celeste Impero, volgono la corsa del propri destrieri in direzione opposta. Là dove il sole volge al crepuscolo.
Qui si imbattono negli Alani e negli Slavi, i quali, a loro volta, terrorizzati, premono sui Germani. È un ammassarsi di uomini, di donne, di cavalcature, di armenti. L’impero riceve frontalmente l’urto e si piega. A nulla serviranno gli eroismi del singoli. Come quello di Stilicone, barbaro romanizzato, che, nel 401, a Pollenza, batte i Visigoti, o come quella di Ezio, l’ultimo patrizio, che nel 451, a Chalons, respinge gli Unni. Il destino dell’Occidente è segnato. Quanto all’Oriente, la sua struttura, solo in apparenza fragile, è destinata a durare nel tempo, al di là di ogni previsione.
A Occidente, intanto, il chiodo — quel chiodo piantato nella roccia — svolge egregiamente la sua funzione. Che è poi quella di reggere l’intero edificio sociale, nel momento stesso in cui la nozione di Stato sembra dileguarsi. A partire, infatti, dal 476, anno che segna tradizionalmente la fine dell’evo antico, con la deposizione, ad opera di Odoacre, di Romolo Augustolo, la Chiesa è chiamata non soltanto a condurre le anime versa il cielo, ma anche a provvedere ai corpi sopra la terra.
I nuovi venuti, questi barbari, che mangiano carne macerata sotto le selle, le cui donne si sgravano sui carri, i cui figli imparano prima a scagliare trecce che a pronunciare il proprio nome, spesso sono ancora peggiori dei pagani. Sono eretici. Il paganesimo, fatto di leggende, può essere vinto. L’eresia di Ario, che essi hanno contratto come un virus nel corso del loro viaggia asiatico, è tenace e intollerante.
Eppure, a partire dal VI secolo, la Chiesa procede a una graduale evangelizzazione dell’Europa. Il re dei Franchi, Clodoveo, piega, nel 496, il ginocchio innanzi al vescovo Remigio. Winfrid, che impareremo a conoscere con il nome di Bonifacio, sradicando una quercia sacra al dio Wotan, dà inizio alla conversione dei Germani. Agostino di Canterbury, infine, impartendo, nel natale del 597, il battesimo al principe dei Sassoni, trasforma in soldati di Cristo anche i guerrieri del suo seguito, che faranno dell’Inghilterra un centro di irradiazione missionaria.

I frutti della prima evangelizzazione: i secoli della Fede
Il Medioevo nasce cosi, da questa magma di etnie che, ancora allo stato liquido, i monaci benedettini versano nello stampo del diritto romano. Ma a temprarlo sono gli eserciti di Allah, che, lungo il perimetro meridionale del Mediterraneo, gonfiano al vento le loro verdi bandiere. L’islam, infatti, per il mistero dell’eterogenesi dei fini, è destinato a produrre nella cristianità occidentale quel senso di comune appartenenza, che soltanto un comune pericolo può ingenerare.
A partire dal 632, anno della morte di Maometto, infatti, le amiate del Profeta dilagano in Europa come un torrente in piena. Il VII e l’VIII secolo sono attraversati dal galoppo delle cavallerie berbere, innanzi alle quali nessuno sembra in grado di opporre resistenza. Nel 698, Cartagine cade in mano agli invasori. I quali con Tarik passano poco dopo lo stretto di Gibilterra, iniziando l’avanzata che travolgerà lo Stato visigotico di Spagna.
Dalle cime dei Pirenei i conquistatori volgono Io sguardo verso la “dolce” Francia, già pregustando il sapore del bottino. Un sapore che presto diventa amaro come a sconfitta. A Poitiers, nel 732, in un piccolo scontro, i cavalieri franchi, catafratti nelle pesanti armature, hanno la meglio sugli agili predoni africani. È una data storica, non soltanto perché pone fine, a occidente, all’avanzata dell’islam, ma anche perché trasforma la Francia di Carlo Martello nell’antemurale della cristianità.

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Un Impero sacro e romano
D’ora innanzi si parlerà di Gesta Dei per Francos, di imprese di Dio affidate alla spada del Franchi, perché i Franchi, grazie alla nuova dinastia carolingia che li governa, sembrano davvero il braccia a cui il Signore degli eserciti ha affidato la sua collera. Da Carlo Martello sino a Carlo Magno, questa alleanza della spada con il pastorale assume via via un carattere sempre più denso di valenze mistiche. Per trasformarsi in una sorta di crisma sacramentale nella notte dell’anno 800, quando, sotto le volte di S. Pietro, papa Leone III non celebra solo la nascita di Nostro Signore, ma anche quella del primo impero cristiano conosciuto dall’Occidente.
Il Sacro Romano Impero diventa cosi il secondo chiodo — dopo quello piantato da Costantino — intorno a cui il mondo medioevale organizza la propria vita.
Chiesa e Impero realizzano, infatti, quell’ordine provvidenziale, descritto da S. Agostino nel De Civitate Dei, grazie a cui gia’ su questa terra viene concesso a cristiano di gustare parzialmente le beatitudini che lo attenderanno definitivamente in cielo. È un’aspirazione, non un dato di fatto. Un’aspirazione che dura quanta la vita di Carlo. Già alla sua morte, l’Europa si ritrova come una cittadella assediata. Il X e l’XI secolo sentono la stretta farsi sempre più spasmodica nord, a sud e a est. Normanni, Ungari, musulmani scendono e risalgono verso quei tepidi lavacri di Acquisgrana, dove un tempo Carlo amministrava la giustizia nel suo impero, come Dio la provvidenza nell’universo.
Occorre calare la celata, abbassare la lancia, dar di sprone nei fianchi del destriero. A Lechfeld, Ottone I, nel 55, respingendo i Magiari nelle loro steppe, segna l’inizio di una nuova fase dell’impero, a cui darà il nome renovatio. Ma per renovatio si intende una restaurazione che muta nel profondo la cosa restaurata. Nasce il Sacro Romano Impero di nazione germanica. Perché è la Germania il nuovo cuore del mondo e il papato deve accontentarsi, con il Privilegium Othonis del 962, di accucciarsi come un obbediente levriero ai piedi del suo signore.
Inizia l’età ferrea del pontificato. Un oscuro tempo di servitù, in cui le grandi famiglie romane, il popolo capitolino e l’imperatore di Germania sembrano voler esautorare Pietro dal governo delta navicella di Cristo. Ma la Chiesa possiede infinite risorse, la prima della quali è Cluny, un piccolo monastero della Borgogna, che nel 909 il duca di Aquitania dona ad un abate benedettino. A Cluny il clero infeudato e asservito al potere politico avverte di nuovo la sua vocazione alla libertà della spinto e decide con quel potere di rompere ogni legarne.

L’autunno della cristianità occidentale
Mentre la lotta per le investiture dilania le più alte gerarchie sociali, l’anno mille trascorre sul mondo, gettandovi sopra la sua ombra di sciagura. Ma si tratta soltanto di un’ombra. La vita continua, anzi, si rinnova con maggiore slancio. L’XI secolo vede l’Europa in rapida crescita, soprattutto demografica.
Si fanno più figli, si coltiva più intensivamente la terra, si impara ad andare oltre le mura del feudo per scambiare le eccedenze. Nascono i mercati e intorno ai mercati le città. Le stesse crociate che, a partire dal 1096, spingono milltes e pauperes, i cavalieri e gli straccioni, versa la Palestina, adempiono, tra le altre funzioni, a quella di fungere da salasso pei una cristianità, a cui l’eccesso di salute può risultare fatate.
Il mondo che si para innanzi al crociato, che ritorna in patria sul suo ronzino, è del tutto diverso da quello cui ha data le spalle. Sulle rovine del castello si alzano ora le mura del comuni italiani e di quelli anseatici. Ma l’elemento di assoluta novità che si avverte in questo autunno del Medioevo è costituita dalle monarchie nazionali. Questi Stati sovrani che rifiutano sia l’autorità dell’impero sia quella del papato.
Quando, nel 1303, Guglielmo di Nogaret, legato di Filippo IV il Bello, re di Francia, irrompe nel palazzo di Anagni e un dignitario del suo seguito, Sciarra Colonna, antico nemico del pontefice, schiaffeggia sul volto Bonifacio VIII, l’alleanza tra scettro e pastorale definitivamente s’infrange. I chiodi piantati sul fianco della montagna non offrono più presa.

di Alessandro Massobrio
Bibliografia
Claudio Moreschini, Cristianesimo e impero, Sansoni Scuola aperta, 1973.
Jacques Calmette, Carlo Magno, La nuova Italia, 1974.
Heinrich Von Fichtenau, L’Impero carolingio, Laterza, 1969.
Henri Pirenne, Maometto e Carlo Magno, Laterza, 1969.
Régine Pernoud, Luce del Medioevo, a cura di Marco Respinti; presentazione di Luigi Negri; contributi di Massimo Introvigne, Marco Respinti, Marco Tangheroni, Gribaudi, 2000.
Idem, Medioevo. Un secolare pregiudizio, Bompiani 1992.
Jacques Le Golf, La civiltà dell’Occidente medievale, Sansoni, 1969.
Johan Huizinga, L’Autunno del Medioevo, Newton Compton, 1992.
Steven Runclman, Storia delle Crociate, Rizzoll, 2002.
© il Timone

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