Il coraggio di procreare (Tommaso Ghirelli) 2 parte

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6. IL LEGAME TRA CONTRACCEZIONE E ABORTO
Costituendo l’espressione di un rifiuto oggettivo a riconoscere Dio come l’Autore della Vita, l’atteggiamento contraccettivo incoraggia l’indifferenza nei confronti della santità della vita. A questo proposito, vale la pena notare quanto spesso il beato Papa Giovanni Paolo II abbia attirato l’attenzione sul legame tra contraccezione e aborto. In un’occasione, parlando ad un gruppo di Vescovi dell’Austria sulla dottrina dell’Humanae Vitae, il Santo Padre affermava: “Non può essere permesso alcun dubbio (…) L’invito alla contraccezione vista come una modalità di relazione tra i sessi che si suppone ‘innocua’ non costituisce soltanto un’insidiosa negazione della libertà morale dell’uomo. Incoraggia infatti un’interpretazione spersonalizzata della sessualità, che viene ristretta principalmente al momento dell’unione fisica e promuove, in ultima analisi, quella mentalità dalla quale emerge l’idea dell’aborto e dalla quale viene continuamente nutrita”7. Nell’enciclica Evangelium Vitae, lo stesso Beato affermava che la  cultura filoabortista è particolarmente forte in tutti i casi in cui l’insegnamento della Chiesa sulla contraccezione viene rifiutato. Pur riconoscendo la differenza per natura e per gravità morale tra contraccezione e aborto, sosteneva che sono spesso strettamente connessi, come frutti dello stesso albero.

Si sa ormai da molti anni che alcuni cosiddetti “contraccettivi” agiscono di fatto come abortivi. Sfortunatamente, coloro che dissentono dalla dottrina dell’Humanae Vitae e che incoraggiano le coppie sposate a svalutarla, spesso evitano di attirare l’attenzione su questi rilevantissimi dati farmacologici. Il fatto che le pillole anticoncezionali oggi in uso possano esercitare un’azione abortiva è stato ben documentato. Esse infatti in primo luogo inibiscono l’ovulazione, causano ispessimento del muco cervicale che rende molto difficoltoso il passaggio degli spermatozoi fino all’ovulo. Tuttavia, nel caso in cui questi meccanismi d’azione non raggiungano lo scopo, la pillola può ancora esercitare la propria azione impedendo l’impianto dell’ovulo fecondato, e in quest’ultimo caso induce l’aborto8. Alla luce di queste considerazioni, auspico che i Responsabili del Servizio Sanitario Nazionale e i singoli medici rivedano la prassi di prescrivere presidi contraccettivi, chimici o meccanici, senza tenere conto che possono avere effetti abortivi.

O si inverte risolutamente, anche attraverso la individuale obiezione di coscienza, l’atteggiamento nei confronti dei mezzi cosiddetti contraccettivi, o si dovranno sopportare effetti sempre più pesanti sulla qualità delle relazioni di coppia, sull’equilibrio demografico e quindi sullo stesso sviluppo integrale dell’uomo9. I medici portano su di sé grandi responsabilità, dal momento che le persone si affidano a loro; perciò né possono venire caricati di ruoli soltanto burocratici, né possono agire in modo esclusivamente buro-  8 Ogni attentato contro la vita umana è un attentato a Dio. Giovanni Paolo II nel n. 12 dell’enciclica Evangelium Vitae ricorda la costante riaffermazione di questa condanna morale nella Tradizione della Chiesa lungo i secoli e riporta il celebre passo di Tertulliano: “È un omicidio anticipato impedire di nascere; poco importa che si sopprima l’anima già nata o che la si faccia scomparire nel nascere. È già un uomo colui che lo sarà”. 9 Cfr. l’enciclica Caritas in Veritate, n. 28. cratico, perché equivarrebbe a tradire la fiducia del paziente. Ciò vale anche nel caso in cui il medico si sente in dovere di negare al paziente una prescrizione, una cura o un intervento che questi gli chiede: lo fa per rispetto al paziente stesso, ma anche per rispetto alla propria deontologia professionale10, quindi deve essere a sua volta rispettato.

7. ATTUALITÀ E PROFEZIA DEL MAGISTERO ECCLESIALE
Nel messaggio del Santo Padre Benedetto XVI al congresso internazionale “Humanae Vitae. Attualità e profezia di un’enciclica”, svoltosi a Roma nel 2008, sono contenute alcune affermazioni che mi sembra bene riportare, perché in parte ribadiscono autorevolmente quanto sopra esposto, in parte vi aggiungono ulteriori argomenti. “A distanza di 40 anni dalla pubblicazione dell’Enciclica possiamo capire meglio quanto questa luce sia decisiva per comprendere il grande ‘sì’ che implica l’amore coniugale. In questa luce, i figli non sono più l’obiettivo di un progetto umano, ma sono riconosciuti come un autentico dono, da accogliere con atteggiamento di responsabile generosità verso Dio, sorgente prima della vita umana. Questo grande ‘sì’ alla bellezza dell’amore comporta certamente la gratitudine, sia dei genitori nel ricevere il dono di un figlio, sia del figlio stesso nel sapere che la sua vita ha avuto origine da un amore così grande e accogliente. È vero, d’altronde, che nel cammino della coppia possono verificarsi delle circostanze gravi che rendono prudente distanziare le nascite dei figli o addirittura sospenderle. Ed è qui che la conoscenza dei ritmi naturali di fertilità della donna diventa importante per la vita dei coniugi. I metodi di osservazione, che permettono alla coppia di determinare i periodi di fertilità, le consentono di amministrare quanto il Creatore ha sapientemente iscritto nella natura umana, senza turbare l’integro significato della donazione sessuale. In questo modo i coniugi, rispettando la piena verità del loro amore, potranno modularne l’espressione in conformità a questi ritmi, senza togliere nulla alla totalità del dono di sé che l’unione nella carne esprime.

Ovviamente ciò richiede una maturità nell’amore, che non è immediata, ma comporta un dialogo e un ascolto reciproco, e un singolare dominio dell’impulso sessuale in un cammino di crescita nella virtù… Possiamo chiederci: come mai oggi il mondo, ed anche molti fedeli, trovano tanta difficoltà a comprendere il messaggio della Chiesa, che illustra e difende la bellezza dell’amore coniugale nella sua manifestazione naturale? Certo, la soluzione tecnica anche nelle grandi questioni umane appare spesso la più facile, ma essa in realtà nasconde la questione di fondo, che riguarda il senso della sessualità umana e la necessità di una padronanza responsabile, perché il suo esercizio possa diventare espressione di amore personale. La tecnica non può sostituire la maturazione della libertà, quando è in gioco l’amore. Anzi, come ben sappiamo, neppure la ragione basta: bisogna che sia il cuore a vedere. Solo gli occhi del cuore riescono a cogliere le esigenze proprie di un grande amore, capace di abbracciare la totalità dell’essere umano. Per questo il servizio che la Chiesa offre nella sua pastorale matrimoniale e familiare dovrà saper orientare le coppie a capire con il cuore il meraviglioso disegno che Dio ha iscritto nel corpo umano, aiutandole ad accogliere quanto comporta un autentico cammino di maturazione”

8. LA VITA PRIMA DI TUTTO
Difendere e promuovere, venerare e amare la vita è un compito che Dio affida a ogni uomo, chiamandolo, come sua immagine, a partecipare alla signoria che Egli ha sul mondo. Il testo di Genesi 1, 28 riportato all’inizio della presente lettera mette in luce l’ampiezza e la profondità della signoria che Dio dona all’uomo. Si tratta, anzitutto, del dominio sulla terra e su ogni essere vivente, come ricorda il libro della Sapienza: «Dio dei padri e Signore di misericordia… con la tua sapienza hai formato l’uomo, perché domini sulle creature che tu hai fatto, e governi il mondo con santità e giusti- 11 Benedetto XVI, Messaggio al Congresso internazionale per il 40° dell’enciclica Humanae Vitae, Roma, 3-4 ottobre 2008, passim.- zia» (9, 1.2-3). Anche il Salmista esalta il dominio dell’uomo come segno della gloria e dell’onore ricevuti dal Creatore: «Gli hai dato potere sulle opere delle tue mani, tutto hai posto sotto i suoi piedi; tutti i greggi e gli armenti, tutte le bestie della campagna; gli uccelli del cielo e i pesci del mare, che percorrono le vie del mare» (Sal 8, 7-9).

La partecipazione dell’uomo alla signoria di Dio si manifesta in particolare nella specifica responsabilità che gli viene affidata nei confronti della vita propriamente umana. È responsabilità che tocca il suo vertice nella donazione della vita mediante la generazione da parte dell’uomo e della donna nel matrimonio, come ci ricorda il Concilio Vaticano II: «Lo stesso Dio che disse: “non è bene che l’uomo sia solo” (Gn 2, 18) e che “creò all’inizio l’uomo maschio e femmina” (Mt 19, 4), volendo comunicare all’uomo una certa speciale partecipazione nella sua opera creatrice, benedisse l’uomo e la donna, dicendo loro: “crescete e moltiplicatevi” (Gn 1, 28)». Parlando di «una certa speciale partecipazione» dell’uomo e della donna all’«opera creatrice» di Dio, il Concilio intende rilevare come la generazione del figlio sia un evento profondamente umano e altamente religioso, in quanto coinvolge i coniugi che formano «una sola carne » (Gn 2, 24) ed insieme Dio stesso che si fa presente. Al di là della missione specifica dei genitori, il compito di accogliere e servire la vita riguarda tutti e deve manifestarsi soprattutto verso la vita nelle condizioni di maggior debolezza. È Cristo stesso che ce lo ricorda, chiedendo di essere amato e servito nei fratelli provati da qualsiasi tipo di sofferenza: affamati, assetati, forestieri, nudi, malati, carcerati… Quanto è fatto a ciascuno di loro è fatto a Cristo stesso (cfr. Mt 25, 31-46). La vita umana viene a trovarsi in situazione di grande precarietà quando entra nel mondo e quando esce dal tempo per approdare all’eternità. Sono ben presenti nella Parola di Dio – soprattutto nei riguardi dell’esistenza insidiata dalla malattia e dalla vecchiaia – gli inviti alla cura e al rispetto. Se mancano inviti diretti ed espliciti a salvaguardare la vita umana alle sue origini, in specie la vita non ancora nata, come anche quella vicina alla sua fine, ciò si spiega facilmente per il fatto che anche la sola possibilità di offendere, aggredire o addirittura negare la vita in queste condizioni esula dall’orizzonte religioso e culturale del popolo di Dio.

D’altro canto, come scrive Giovanni Paolo II nell’enciclica Evangelium Vitae, “Il vero amore paterno e materno sa andare al di là dei legami della carne e del sangue ed accogliere anche bambini di altre famiglie, offrendo ad essi quanto è necessario per la loro vita ed il loro pieno sviluppo” (n. 93). Il figlio adottivo o quello in affido dunque non sono una sostituzione del figlio proprio, ma un’altra forma, più “spirituale”, di fecondità. Un ulteriore modo di esercitare la genitorialità, quando i figli desiderati non vengono, è quello nobilissimo di svolgere attività educative.

9. LA VITA INIZIA DAL CONCEPIMENTO
Accogliamo con gioia la sentenza della Corte di Giustizia dell’UE con sede a Lussemburgo che afferma: “Se è vita dal concepimento, la fecondazione indica l’inizio dell’esistenza biologica di un essere umano che subisce un processo di sviluppo. Per questo l’embrione umano ad ogni stadio di sviluppo dev’essere considerato un essere umano e non solo un essere potenziale. L’embrione umano fin dalla fecondazione è un soggetto con piena dignità antropologica e giuridica”. Se l’embrione umano ha una tale dignità di fronte ai brevetti, altrettanta deve averne nei confronti di qualsiasi altro attentato che possa essere perpetrato contro la vita nascente da parte dell’uomo e della tecnica.

Il brevetto ottenuto da Oliver Brutle per le cellule staminali embrionali umane usate per la terapia del Parkison con la giustificazione che si trattava di parti separate dall’embrione viene invaliditato dalla Corte perché il loro prelievo ha provocato la morte dell’embrione. Sono parti separate sì, ma per ottenerle si è ucciso il concepito. E la cosa viene ritenuta inaccettabile da parte dei giudici dell’UE. L’uso dell’embrione per diagnosi e terapia sperimentale è autorizzato solo quando è a beneficio dell’embrione stesso: non si interviene per farlo morire, ma per farlo vivere meglio. I procedimenti terapeutici sono a salvaguardia dell’embrione su cui si procede. Solo in questa situazione è consentita la sperimentazione sull’embrione”

10. Conclusioni
Ho voluto richiamare l’attenzione delle coppie sposate su ciò che ci tocca più da vicino in quanto uomini, su ciò che costruisce il tessuto sociale come nessun’altra relazione: la procreazione. Sì, noi siamo capaci, se lo vogliamo riconoscere, di accogliere la bellezza che salva e di non accettare la menzogna che porta alla morte. Dunque, abbiamo il coraggio di essere noi stessi, non individui ma comunità fondata nella verità, capolavori di Dio! Anche dopo avere commesso errori madornali ed avere sciupato la vita nostra o altrui, possiamo ripartire perché Dio è pronto a perdonarci e rifarci nuovi. Possiamo sempre diventare padri e madri, possiamo sempre tornare ad essere fecondi. Ad una condizione: non rimandare la conversione, ma buttarsi subito tra le braccia di Dio. Certo, vi sono dei tempi propizi per trovare la forza di staccarsi dal proprio passato: penso alla Quaresima, che ci sta davanti. È una profonda revisione di vita comunitaria, alla quale i battezzati sono invitati ogni anno, per potere celebrare la Pasqua. Non mi resta che raccomandare di parteciparvi, per sperimentare insieme l’aiuto della grazia di Dio. Nessuno, credente o non credente, praticante o non praticante, può passare oltre, davanti al Bambino. Diceva Gandhi: “il fatto che vi sono tanti uomini vivi nel mondo, dimostra che questo non si fonda sulla forza delle armi, bensì sulla forza della verità e dell’amore. Perciò la prova più grande e inconfutabile del successo di tale forza consiste nel fatto che, nonostante tutte le guerre del mondo, questo continua ad esistere” (cfr. La resistenza non violenta, Newton Compton Ed., Milano 2000). Imola, 22 febbraio 2012 mercoledì delle ceneri

12 Cfr. card. Elio Sgreccia, presidente emerito della Pontificia Accademia per la Vita, in “Avvenire”, 19/10/2011. – 18 –  Fonti e citazioni: Pio XI, enciclica Casti Connubii, 1930. Concilio Vaticano II, costituz. past. Gaudium et Spes, nn. 50-51. CCC, La fecondità del matrimonio, nn. 2366-2372. Paolo VI, enciclica Humanae Vitae, 1968. Giovanni Paolo II, Sulla teologia del corpo, tre cicli di discorsi durante le udienze generali del mercoledì, Roma, 1979-81; cfr. la raccolta pubblicata da Città Nuova e LEV con il titolo Uomo e donna lo creò. Giovanni Paolo II, esortazione apostolica Familiaris Consortio, 1981, nn. 28-35. Giovanni Paolo II, enciclica Evangelium Vitae, 1995, n. 97. Pontificio Consiglio per la Famiglia, Famiglia e procreazione umana, Roma 2006. Benedetto XVI, Messaggio al Congresso per il 40° anniversario della Humanae Vitae, Roma 2008.

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