Il gesuita con il giubbotto rotto

Chi ha conosciuto Padre Arione Giuseppe, detto Padre Geppo, sa che era un prete, un gesuita, atipico.
Un prete che amava ricordare le sue origini campagnola: la sua langa, il Santuario del Buon Consiglio a Castiglione Tinella (Cuneo), il buon vino.
Raccontava che quando scelse di entrare in noviziato sua madre le disse “Va bene, ma solo se ti fai santo”, non parlava della santità con la S maiuscola, ma la santità quotidiana. “Santo di Dio” usava come saluto, “siamo santi quando siamo in grazia di Dio” ripeteva.
E la sua vita è stato tutto un cercare di aiutare le persone a stare in grazia di Dio, favorendo le confessioni ovunque andava, spronando a regolarizzare le convivenze tra i giovani che conosceva e tra le coppie dei lunaparkisti di cui per oltre 20 anni fu cappellano, battezzando centinaia di bambini e adulti.
A oltre 10 anni dalla sua morte il suo ricordo è ancora forte in noi.
Il “ci manchi” è continuo. Eppure le sue catechesi a suo tempo ci parevano lunghe e a volte ripetitive. Chi per anni lo ha seguito sapeva che tornava su pochi punti e batteva il chiodo. E alla fine in centinaia di persone quegli insegnamenti sono entrati profondamente. Senza volerlo la sua pastorale era quella di San Paolo:
“annuncia la Parola, insisti al momento opportuno e non opportuno, ammonisci, rimprovera, esorta con ogni magnanimità e insegnamento.”

Lo ricordiamo con uno dei suoi tanti giubbotti rotti, quelli belli li regalava agli anziani poveri… Lo faceva d’istinto senza pensare troppo e alla fine rimanevano quelli brutti. Come le scarpe che incollava e colorava con il pennarello nelle parti rovinate.
Ironicamente diceva che aveva ereditato dalla sua povertà di quando era piccolo lo spirito di raccoglimento.
Raccogliersi spesso in preghiera e raccogliere qualsiasi cosa in giro che potesse essere ancora risistemata e riportata a nuova vita.
Ed era così con le persone. Ha raccolto tantissimi giovani e bambini e li ha valorizzati e fatto far loro esperienze di fede che ancora oggi fanno gioire e commuovere chi le ricorda.
Anche quel giubbotto rotto era una catechesi.
Si puo’ essere felici con poco. In un mondo in cui tutti cercano di essere belli Geppo era bello senza apparire. Geppo era bello perchè splendeva di una luce non sua. La Luce di Dio a cui attingeva tutto il giorno non con adorazioni lunghissime ma con continue visite al tabernacolo e con tante piccole preghiere giornaliere.
Siamo noi quel giubbotto rotto che chissà dove ha salvato.
Siamo noi quelle scarpe sbiadite a cui Geppo con amore e fiducia ha ridato colore.
Siamo noi quegli zeri a cui Geppo diceva di mettere davanti l’Uno di Dio che da’ valore alla nostra povertà.
Geppo ci manchi. Ma sei con noi e un giorno vorremo rivederti in Paradiso.

Paolo Botti

ps: chi avesse racconti o aneddoti o volesse scrivere un ricordo di Padre Geppo ce lo mandi via email: info@amicidilazzaro.it oppure via Whatsapp al 3404817498


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