
La civiltà prima di Roma presenta, grosso modo, la situazione seguente: a) imperi mesopotamici e mediorientali (Assiri, Babilonesi, Caldei, Ittiti, etc.); b) Egitto faraonico; c) città-stato greche; d) barbari; e) popoli e civiltà indiane e cinesi; f) popoli e civiltà precolombiane (forse, ma si sa poco); g) regni e popolazioni tribali africani. Giustamente i manuali di storia si concentrano su quel che accadde nei luoghi più civilizzati, cioè la Grecia e il vicino Oriente.
Qui ci imbattiamo in due misteri: Atene e Israele. Perché parliamo di “misteri”? Perché si tratta delle uniche due realtà sopravvissute fino ad oggi, nel senso che continuano a influenzare l’attuale nostra civiltà. Infatti sono completamente spariti i Faraoni e Sparta, Nabucodonosor e Ammurabi. Ma gli Ebrei ci sono ancora, così come l’idea di democrazia e la filosofia ellenica. Ma procediamo con ordine. Quando si pensa alla Grecia di allora vengono in mente nomi di città come Tebe, Sparta, Micene. Città abitate da poche migliaia di abitanti, sempre in guerra tra loro.
Ma Atene era diversa. La democrazia ateniese ancora oggi è oggetto di studio, diversamente da Sparta, per esempio (che pure colpisce la nostra immaginazione).
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Ancora oggi gli studenti devono cimentarsi con i teoremi di Euclide e di Pitagora, con la filosofia di Platone e Aristotele, con le tragedie di Eschilo e di Sofocle. Ma non si studiano più, per esempio, il pensiero di Ramsete II né l’astrologia caldea. Insomma il pensiero greco è un unicum, tant’è che i Romani conquistatori lo fecero proprio in toto, dèi compresi. Invece si tennero culturalmente alla larga dagli altri popoli conquistati. Perché? Boh.
Altro boh: gli Ebrei. Il loro capostipite, si sa, è Abramo. Ma Abramo era della città di Ur, e Ur era una città caldea. Ora i Caldei sono un popolo così antico che le sue tracce si perdono nella leggenda e nella notte dei tempi. Dunque gli Ebrei sono antichissimi. Non solo. Essi erano diversi da tutti gli altri popoli. Non avevano arte, pittura, scultura, letteratura, architettura. Niente. Solo la Scrittura.
L’unica cosa a cui si dedicavano era la Scrittura e il continuo commento ad essa. Vietate le immagini e le statue, l’unica costruzione che si ricorda era il Tempio. Anche il governo era in mano ai sacerdoti. Eppure questo popolo ha attraversato i millenni ed è ancora tra noi, sempre attaccato, nei più, a quella sua Scrittura e a quell’antichissima Promessa. Due misteri, dunque, nella storia antica, cui andiamo subito ad aggiungere il terzo.
Roma
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Chi voglia laurearsi in giurisprudenza, oggi, deve sostenere gli esami di Diritto Romano, Storia del Diritto Romano e Istituzioni di Diritto Romano. A parte il fatto che anche chi vuol laurearsi in Medicina parte handicappato se non conosce il greco e soprattutto il latino, osserviamo subito che nessuna istituzione del mondo antico continua a condizionarci come Roma. L’ossessione per le strutture dell’Impero Romano ci accompagna da sempre.
Contrariamente a quel che si crede i cristiani rimpiansero Roma; infatti, alla prima occasione, ne ripristinarono l’Impero con Carlo Magno, Impero che fu Sacro e Romano. I monaci medievali copiarono pazientemente tutte le opere antiche, tanto da permetterne un grande revival nell’Umanesimo e nel Rinascimento. Chi si lamentava dei mali d’Italia, come Machiavelli e Guicciardini, guardava con nostalgia all’Impero Romano. Tutti i fondatori di imperi, successivamente, innalzarono aquile e labari, da Napoleone (il suo “stile impero” era tutto pepli, colonne, fasci littori, lauri) a Mussolini, a Hitler.
Perfino gli Usa tengono l’aquila nell’emblema e i politologi americani ancora studiano con accanimento quell’antico Impero europeo. Perché mai? Perché ancora oggi le nostre strutture statali hanno nomi romani? Prefetto, questore, provincia, democrazia, tributo, fisco, comizi, scrutini, eccetera. I carabinieri sono divisi in “legioni” e la Chiesa in “diocesi”. I popoli di tradizione cattolica sono detti “latini” e la Chiesa cattolica continua a chiamarsi “romana”. Insomma, il mondo civilizzato non potrebbe essere quello che è senza Roma. Roma era speciale.
Innanzitutto era una repubblica, e tale rimase anche quando il suo supremo magistrato prese il titolo di Imperator. Prima di Augusto il Senato eleggeva due consoli, uno dei quali, a turno, comandava l’esercito (I”‘imperator”). Poi le due cariche si fusero, ma l’Imperatore rimase sempre un magistrato designato; cosa che distingueva Roma dai circostanti popoli, i quali conoscevano solo la monarchia ereditaria in cui il re era anche sacerdote supremo e dio egli stesso. Negli ultimi tempi alcuni imperatori romani ricorsero all’artifizio di adottare il proprio successore, proprio perché la legge vietava l’ereditarietà delle cariche. Già, la legge. Ecco il genio romano: la legge. I Romani ne avevano il culto, e qualsiasi barbaro sapeva che avrebbe trovato più giustizia presso un magistrato romano che non davanti al suo stregone. Per questo i popoli confinanti cercavano di entrare nell’Impero, un po’ come oggi il sogno di molti profughi è la cittadinanza americana.
Sappiamo che grandi rivolte scoppiarono perché i popoli federati con Roma o legati ad essa da vincoli di vassallaggio volevano partecipare della cittadinanza romana. Negli Atti degli Apostoli vediamo san Paolo imprigionato durante un tumulto, ma poi liberato con tante scuse quando rivela di essere cittadino romano. Non solo. Il palestinese Paolo in quell’occasione si appella a Cesare, com’è suo diritto, e riceve dal proconsole una scorta di settanta cavalieri e duecento soldati perché lo si porti a Roma da Claudio Nerone.
Rino Camilleri (Fregati dalla scuola)