Il no alla legalizzazione e i dati scientifici rilevanti

Studi di RMN ottenuti dalla ricostruzione della morfologia cerebrale hanno dimostrato infatti che, assumendo cannabis, si assiste ad una riduzione dei solchi cerebrali in entrambi gli emisferi, oltre ad uno spessore corticale più sottile nel lobo frontale destro. La formazione dei giri e dei solchi del cervello esprime un normale processo evolutivo, mentre l’uso di cannabis in giovane età sembra portare ad importanti alterazioni morfologiche e asimmetrie emisferiche, che si manifestano attraverso una rallentata girificazione cerebrale. Un cervello sotto l’effetto della cannabis sembra infatti rallentare questo processo portando a modificazioni strutturali di un cervello di età inferiore rispetto alla propria tappa evolutiva. Il cervelletto, deputato al controllo di diverse funzioni, come il linguaggio, il movimento, e di alcune emozioni come la paura e il piacere sembra essere interessato in modo significativo, essendo ricco di recettori cannabinoidi di tipo 1 (CB1), responsabili della diversificazione neuronale durante il processo di maturazione cerebrale. Il THC legandosi ai recettori CB1, interferisce e modifica il processo di diversificazione neuronale durante l’adolescenza, favorendo una patologia cerebellare con sintomi simili alla schizofrenia che conduce in diversi casi a ospedalizzazioni per la rilevanza del quadro clinico. Episodi di schizofrenia su base “tossica”, se così vogliamo definirla che alla lunga, in soggetti predisposti per motivi genetici o ambientali, porta ad una cronicizzazione.
La marijuana di per sé non causa cioè direttamente la psicosi, però il suo consumo elevato la innesca in chi è predisposto come dimostra uno studio apparso su Lancet, condotto in 10 città europee e coordinato dalla psichiatra Marta di Forti, in cui assumere marijuana con Thc sopra il 10 per cento raddoppia il rischio di psicosi rispetto a chi fuma Thc sotto quella soglia.
Inoltre studi di casi singoli con la SPECT (Positron emission tomography,) già nel 1998 suggeriscono che il consumo marijuana causa tipicamente una diminuzione della perfusione ematica nel lobo temporale. Il danno può essere leggero o grave a seconda di quanto tempo e quanto frequentemente la persona ha usato la sostanza, quali altre sostanze ha assunto e quanto vulnerabile è il cervello del soggetto.
RIFLESSIONI
In questo approfondimento non è stato volutamente toccato l’argomento “uso terapeutico”ma solo l’aspetto “ricreativo” per i risvolti epidemiologici, sanitari e in fondo politici.
30 anni fa la percentuale media di THC contenuto in marijuana e hashish, sulla base delle perizie tossicologiche, si aggirava attorno all’1% . La cannabis più potente che si riscontra in natura, senza che la pianta subisca alterazioni, ha il THC entro il 2.5%, il che significa che le piante di cannabis in circolazione sono esito di alterazioni realizzate con strumenti facilmente disponibili, acquistabili senza problemi in rete, cui si aggiunge la manipolazione esercitata sui derivati.
Non possono dunque essere “leggeri” i derivati della cannabis.
E’ “leggero” l’approccio a essi: non solo per la sottolineata sottovalutazione degli effetti, ma anche per la facilità di reperimento: l’84,2% degli studenti che ha utilizzato cannabis nel 2018 ritiene di poterla reperire facilmente, il 75,3% riferisce che potrebbe procurarsela per strada, il 35,7% a casa di amici, e il 34,6% in discoteca.
Purtroppo il 78% degli studenti assuntori di derivati della cannabis sono all’ oscuro degli effetti che le sostanze avrebbero, a fronte di un media di THC riscontrato pari al 12 % per la marijuana e al 17% per l’hashish.
E la leggerezza con cui si è affrontato politicamente l’argomento non ha tenuto conto dell’altro grosso problema, cioè che le droghe “leggere” sono spesso il volano per l’uso di altre sostanze di abuso e non. Oltre all’uso sempre più precoce della cannabis, dai 12-13 anni, c’è infatti il policonsumo: cannabis e alcol, sostanza che non manca mai in quella fase, perché è legale e si trova con facilità» come afferma Lorenzo Sartini, psicologo bolognese che ha lavorato a lungo nei Sert e nei servizi di strada.

A fronte di tutto questo….vogliamo veramente incrementare l’esposizione dei nostri ragazzi alla sostanza “leggera” in nome della garanzia dei piccoli produttori, del diritto al lavoro , della promozione di una economia che si veste di virtuosismo quando vuole compensare l’insufficiente produzione della canapa a scopi terapeutici e dell’idea che legalizzare davvero riduca gli introiti della criminalità organizzata che ha saputo dimostrare di saper cambiare rapidamente i propri obiettivi su altro (ciclo di produzione de rifiuti, edilizia) come il grande Gratteri ha già più volte sottolineato?
Ancora una volta dimostriamo di non saper promuovere politiche di prevenzione secondo il principio di precauzione, abituati come siamo a investire di più per “curare” i danni.
Grazia Pecorelli

(utile a questo proposito l’interessante lettura de:
https://www.jneurosci.org/content/39/10/1817
http://www.politicheantidroga.gov.it/media/1661/212_cannabis_adolescenti.pdf
https://www.centrostudilivatino.it/i-dati-della-relazione-sulla-droga-in-italia-soddisfatti-di-ridurre-danni-che-aumentano/

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