Il racconto di Gloria: e’ brutto aver paura di tutto

Foto di Jazi Araújo da Pixabay

Sono nata a Lagos il 10 marzo 1977 la mia famiglia è molto numerosa mio padre morì un anno prima che io partissi e mia madre era da sola a portare avanti la famiglia.  Cosi dovetti iniziare subito a lavorare ma i salari erano troppo bassi e spesso mi trovavo costretta a rubare le cose da una campagna vicina per venderle in paese.  Ho sempre sognato di andare via dalla Nigeria e di tornare con tanti soldi per aprire un negozio molto bello dove sarebbero venuti a comprare da me le tante persone che hanno i soldi, in Nigeria ci sono persone che economicamente stanno bene, come ci sono tantissimi poveri come noi.  Il mio fidanzato mi aveva detto che conosceva un uomo che portava in Italia le ragazze nigeriane e queste potevano lavorare come infermiere, cameriere o altri lavori onesti.

Cosi mi fece conoscere questa persona e nel giro di poco tempo mi ritrovai in un posto per farmi le foto per i documenti. Mi vennero tagliati i capelli e cambiati di colore.  All’inizio avevo molta paura perché sapevo che molte ragazze che partivano per l’Italia venivano trattate male e non tornavano più a casa però la persona che mi aveva presentato mi sembrava molto brava.   Quando decisi di partire mi dissero che non dovevo preoccuparmi per i soldi che me li avrebbe anticipati quell’uomo, e come garanzia avrei dovuto fare un rito vudù affinché io li restituissi non appena avessi iniziato a lavorare Il rito dovette farlo anche mio fratello che era d’accordo con il mio fidanzato, come garanzia ulteriore nel caso in cui avessi deciso di andare via prima di finire di saldare il debito. La quota si aggirava intorno agli ottanta milioni di lire, mi sembravano tantissimi ma quest’uomo mi assicurò che gli stipendi erano molto alti e che avrei saldato molto presto il debito e sarei riuscita a tornare a casa in pochissimo tempo.  Tutti avevano fiducia in me ed io non potevo deluderli, il mio sogno si stava per realizzare ero tanto contenta così avrei potuto mandare i miei fratelli minori a scuola.  Partimmo dal Lagos in macchina e arrivammo a Conakry senza mai fermarci, neanche per mangiare.

Qui incontrammo una donna di bell’aspetto che disse di essere la moglie dell’ambasciatore e con altre venti ragazze camminammo a piedi per raggiungere la frontiera.  Il cammino durò tantissimi giorni, non ricordo neanche per quanti, ricordo solo il dolore atroce che provavo e l’enorme fame che sentivo, a volte pensavo che se fossi rimasta a casa sicuramente avrei mangiato di più.   Spero presto di non ricordare più nulla del mio passato perché è molto doloroso, soprattutto adesso che ho riscoperto di essere un essere umano e che ho tanti diritti come gli altri.  Durante il viaggio ho visto ragazze morire per la fame e la sete, altre erano tanto deboli che bevevano la propria urina, anche io sono stata costretta a berla, avevo sete! Mi sentivo ormai stanca di proseguire, sarei voluta tornare a casa ma cosa mi avrebbero detto? E chi avrebbe pagato quel maledetto debito?  L’unica cosa che mi faceva ancora sperare era la certezza di avere un buon lavoro in Italia, però non ci credevo poi così tanto, più i giorni passavano più la speranza diminuiva.

Arrivati alla frontiera prendemmo il treno che ci condusse in Italia, anche se non riuscivo neanche a capire dove fossi, stava ritornando in me la buona fede in quell’uomo perché secondo me il peggio era passato e lui aveva fatto tutto questo per farci pagare meno soldi.  Arrivammo a Roma ricordo che era notte e qui incontrammo una donna che poi divenne la mia madam, questa ci fece ripartire subito per Torino.  Arrivati a Torino ci portò in un appartamento dove vivevano altra ragazze provenienti dalla Nigeria, qui la madam ci disse che per saldare il debito il più in fretta possibile avremmo dovuto fare il lavoro di prostituta.   Io e altre ci rifiutammo e fummo spogliate nude e picchiate con pezzi di bottiglie di vetro che lasciarono delle ferite tanto profonde.  Il dolore e la rabbia mi avevano spinto per un momento a suicidarmi, ma il pensiero della mia famiglia era più forte e decisi di lavorare sulla strada.  Dato che i miei documenti e quelle delle altre ragazze erano spariti avevo una gran paura della polizia e cercavo di stare fuori casa il più possibile.

Tutti i guadagni dovevo darli alla madam e quando guadagnavo poco mi spogliavano nuda per controllare se nascondessi i soldi addosso e quando si accorgevano che non li avevo mi picchiavano e mi facevano mettere in ginocchio nuda per tante ore senza mangiare.  In una notte mentre lavoravo sulla strada la polizia fece una retata, era il maggio del 2000 e mi rimpatriò, non avevo il coraggio di tornare a casa perché mi sentivo di averli delusi e non avevo i soldi, allora mi recai da conoscenti.   Nei giorni successivi venni rintracciata da un amico della mia madam che mi chiese cinquanta milioni di lire per saldare il debito, oppure mi avrebbe riportato in Italia per saldare il debito e se mi fossi rifiutata, si sarebbero rivolti alla famiglia.  La paura di ritorsioni sulla mia famiglia era talmente grande che accettai di ritornare in Italia nel gennaio del 2001.  Giunsi a Roma dove venni consegnata ad un’altra madam che mi costrinse ad un lavoro più duro, così decisi di scappare a Torino e chiesi aiuto alle ragazze con cui avevo lavorato in precedenza, ma queste si rifiutarono perché avevano troppa paura della madam.  Cosi mi rivolsi ad un cliente e lui mi accompagnò al centro immigrati dove ho trovato il coraggio di denunciare le persone che mi avevano fatto tanto male,  Ho ritrovato il mio sorriso e adesso ho imparato a guardarmi di nuovo allo specchio senza sentirmi sporca, perché in fin dei conti sono stata ingannata, derubata della mia personalità, adesso voglio solo dimenticare.  La strada è brutta perché nasconde tanti pericoli, è brutto aver paura di tutto, far finta di niente, essere cattive persino tra noi per avere un po’ di calore in più o clienti in più per dar fine al più presto a questo incubo.”

Dalle Dat all’eutanasia. Tristemente prevedibile.

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