
La Congregazione per le Cause dei Santi ha riconosciuto in Vaticano un miracolo attribuito a Carlo I d’Asburgo, ultimo imperatore d’Austria e re d’Ungheria, compiendo così il passo fondamentale per il suo processo di beatificazione.
Proclamato imperatore d’Austria nel 1916, Carlo I abdicò nel novembre 1918, alla caduta dell’Impero Austro-Ungarico.
Trascorse l’esilio nell’isola portoghese di Madeira, dove morì nel 1922, a 34 anni.
ZENIT ha realizzato un’intervista in esclusiva ad uno dei suoi figli, Sua Altezza Reale l’arciduca Otto d’Asburgo, Presidente dell’Unione Paneuropea Internazionale, che ha sottolineato le convinzioni cristiane alle quali l’imperatore ispirò la sua azione politica, in un’epoca caratterizzata dalla tragedia della I Guerra Mondiale.
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Qual’è stato, secondo lei, l’aspetto religioso più conosciuto dell’imperatore?
Otto d’Asburgo: Il più importante gesto religioso di mio padre è il fatto di essere stato quasi l’unico capo di Stato della I Guerra Mondiale ad aver lottato davvero per la pace a causa della sua coscienza cristiana, e il fatto di aver lavorato in modo molto stretto, anche se da lontano, con il Papa per riuscire a raggiungere la pace nel contesto dello spirito cristiano.
Come ha vissuto suo padre, dal proprio punto di vista di fede, le circostanze politiche che si è trovato ad affrontare durante il suo regno?
Otto d’Asburgo: Mio padre aveva la sua interpretazione, che è diversa da altre, false, che invocano il diritto divino.
Il diritto divino della politica è espresso nella risposta di Cristo a Ponzio Pilato, quando gli dice che non avrà più potere di quello che è stato concesso a lui dall’alto.
Per mio padre, questo vorrebbe dire che il compito di un sovrano non è quello di credere che il potere risieda nella sua persona, ma che il potere è la responsabilità suprema di fare tutto ciò che è possibile conformemente alla volontà divina e allo spirito della nostra religione.
Questo tema è stato molto dibattuto, ma non è giustificato.
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Il diritto divino è la più grande limitazione affinché il potere non si trasformi in tirannia e non oltrepassi i suoi limiti.
E’ per questo motivo che sarà indispensabile che la Costituzione europea in preparazione riconosca il diritto divino.
E’ necessario che l’Europa riconosca Dio nella vita pubblica.
Questa è una delle grandi tragedie della nostra Europa, in cui la difesa di Dio nel passato è stata fatta soprattutto dalle Nazioni islamiche.
Sono loro, infatti, che durante la Conferenza di San Francisco chiesero che nelle sue sessioni venisse menzionato Dio.
La mozione, presentata da sei Stati musulmani dell’epoca (parliamo del 1945), venne respinta all’unanimità, con l’eccezione di undici voti, sei musulmani e cinque latinoamericani.
Gli Stati europei dell’epoca non erano presenti a San Francisco, perché erano stati convocati solo quelli che erano stati alleati durante la guerra.
Qual è la lezione politica di suo padre che ritiene più importante?
Otto d’Asburgo: La lezione più importante è sicuramente quella che ho appena menzionato: il fatto che sia necessario riconoscere un limite al potere.
Né un re, né un dittatore, né una maggioranza assoluta danno il diritto di calpestare i diritti inalienabili che l’uomo possiede per il fatto di essere stato creato ad immagine del Creatore.
In questo senso, quanto è stato detto può essere istruttivo per quegli uomini politici che si allontanano da questa idea e credono che una maggioranza li autorizzi a violare i diritti dell’uomo.
Qual è l’aspetto della figura di suo padre che metterebbe in risalto a livello di contesto familiare?
Otto d’Asburgo: Mio padre è stato un esempio per tutta la famiglia.
Lei ha visto morire suo padre nell’isola di Madeira. Che
ricordo ha di quel momento?
Otto d’Asburgo: Avendo avuto la possibilità di assistere alla sua morte, so come deve morire un cristiano.
E’ questa la lezione che ha voluto darmi ed è una lezione che non dimenticherò mai.
Che visione aveva suo padre dell’Unione Europea?
Otto d’Asburgo: All’epoca in cui viveva mio padre, ovviamente, la questione di un’Europa Unita era inconcepibile.
E’ stato soprattutto nella regione del Danubio che mio padre ha fatto tutto il possibile per proporre una soluzione federale.
E’ stato un fatto indispensabile nella congiuntura dell’epoca e nel contesto mondiale.
Solo dopo la questione austro-ungarica il giovane Richard Coudenhove-Kalergi ha cominciato a parlare di Paneuropa.
Sono assolutamente certo del fatto che, se mio padre fosse vissuto nell’epoca successiva alla II Guerra Mondiale, sarebbe stato uno dei maggiori protagonisti dell’idea di un’Europa unita.