Il Vangelo, la Sindone e il “dottore”

In tutto il mondo lo conoscono come il maggior studioso della Sindone. Sull’argomento ha scritto infatti numerosi libri (l’ultimo, “101 domande e risposte sulla Sindone”, sta per uscire per la San Paolo) e nel 1978 fu prescelto per prelevare i campioni del sacro lino da studiare col carbonio 14. Ma il professor Pierluigi Baima Bollone, 62 anni, direttore dell’Istituto di medicina legale dell’università di Torino (nonchè del Centro internazionale di sindonologia), ha fatto anche di più: con tutta la perizia del chirurgo e dell’anatomista ha affondato il bisturi (virtuale) nel corpo stesso di Cristo appena deposto dalla croce e, basandosi solo sui dati desunti dai Vangeli, ne ha ricavato un’inedita e straordinaria “autopsia”. I cui sorprendenti risultati racconta ne “Gli ultimi giorni di Gesù” (Mondadori). 

E che cosa ha scoperto, professore?

“Che il Nuovo Testamento non può essere solo un testo “teologico”, perchè i termini che usa per descrivere i sintomi dell’agonia di Cristo sono estremamente precisi. Gli evangelisti, cioè, non volevano stendere di certo un referto medico, tuttavia l’hanno scritto e in un modo scientificamente attendibile anche per la moderna medicina legale. Il che depone a favore della storicità dei Vangeli”. 

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Esaminiamo dunque i giorni della Passione dal punto di vista medico. Cominciando dal giovedì santo. 

“Gesù Cristo si presenta all’ultima cena come un individuo in buona salute, che pero dimostra qualche accenno di stress per i continui viaggi e le privazioni; infatti i farisei lo scambiarono per un cinquantenne, mentre non aveva ancora 40 anni. Ma quel giovedì notte, nel Getsemani, Gesù subisce un attacco di panico”. 

La famosa paura che gli fa dire: “Padre, allontana da me questo calice”…

“Non solo. In termini tecnici esistono 13 sintomi tipici del panico e perchè si possa dire di trovarsi in presenza di un attacco occorre che nel soggetto ne ricorrano almeno 4; ora, Cristo nell’orto degli ulivi risponde a parecchi di essi: la sudorazione, il desiderio di fuggire, la paura di morire, la caduta a terra, l’angoscia… Soprattutto Luca, il quale era anche medico, descrive esattamente quella che oggi chiameremmo sindrome da attacco di panico”. 

E il sudore di sangue?

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“Si tratta di un fenomeno noto (anche se raro nella letteratura medica) e viene descritto solitamente come ematoidrosi, ovvero sudorazione tinta di sangue e dovuta a un totale coinvolgimento neurovegetativo: un fenomeno psicosomatico, dunque. Un’altra ipotesi è quella di un’emorragia cutanea psicogena”. 

Il giorno dopo ci sono i processi davanti a Caifa e Pilato. Con quali conseguenze per il “paziente” Cristo?

“Si trattò di una vera e propria tortura. Oltre agli stati di stress psichico (paura e frustrazione per la vergogna dell’arresto) e fisico (privazione del sonno, fame e sete, interrogatori estenuanti simili a quelli di un prigioniero di guerra), Gesù ha subito infatti vari traumatismi contusivi: lo schiaffo di un servo del sommo sacerdote, le percosse alla testa e ben 93 flagellazioni, che già da sole potevano essere mortali. Anche la spogliazione, ripetuta due volte, ha provocato un acuto dolore: Come quando si strappa una benda su una ferita aperta”. 

Dunque Gesù giunge sul Calvario già gravemente debilitato.

“Sì, e questo spiega perchè la sua agonia duri soltanto tre ore. In effetti, se crocifissi a braccia allargate, i condannati potevano resistere anche più di un giorno. Ma l’organismo di Gesù era indebolito dalla situazione di base e dalle iper-torture subite”. 

A ciò si aggiunse il dolore atroce della crocifissione. 

“Non sappiamo esattamente se l’uso fosse di inchiodare al legno i condannati per il palmo delle mani, o attraverso i polsi. Con sicurezza si può dire che Gesù fu trafitto alle estremità superiori, forse anche ai piedi, con 3 o 4 chiodi su una croce non molto alta e probabilmente fatta a forma di tau, cioè senza la sporgenza superiore”. 

E la causa della morte?

“L’ipotesi più corrente è quella dell’asfissia o soffocamento. Ma secondo me non basta: i suoi sintomi infatti non sono compatibili col fatto che Gesù in croce parla più volte e col grido emesso prima di morire. Si tratterebbe allora di asfissia complicata da un evento cardiaco terminale, probabilmente una trombosi provocata dal sangue che si coagula nelle coronarie. Il sangue di Gesù, infatti, per la disidratazione e le ferite era diventato iperdenso e viscoso, povero di ossigeno”. 

Resta la questione della ferita al costato, da cui “uscì sangue e acqua”: cosa ci dice questo particolare?

“Che il sangue era separato nella componente sierosa e in quella rossa, quindi non era più vitale: Gesù era certamente già morto. Ma non è probabile che la lancia del soldato abbia colpito il cuore, perchè poi di lì difficilmente il sangue riesce a uscire dal corpo. E più accettabile che ci fosse un precedente accumulo di sangue nel torace, forse dovuto a un colpo di flagello”

di Roberto Beretta – “Il Timone” n. 6, Marzo/Aprile 2000

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