Io malata esisto per dire al mondo che…

Foto di Venrike Artworks da Pixabay

Mons. Comastri al termine di una processione in piazza, scendendo dal sagrato per andare incontro agli ammalati, rimase colpito nel vedere una culla.
Subito si accorse che lì dentro vi era una giovane donna affetta da osteogenesi imperfetta, di nome Maria Respigo, scomparsa in seguito all’età di 39 anni e che è stata ospite presso l’Istituto don Gnocchi a Pavia.

La storia della sua vita è stata una storia di abbandoni: abbandonata dal padre appena si accorse della sua deformità, rifiutata dai fratelli e dalle sorelle, ha perso la madre a soli tre anni. Eppure, ha raccontato in quella occasione al presule, “a un certo punto ho capito che non sono stata abbandonata da Dio e che anch’io ho una vocazione”.
Sotto il cuscino conservava trentatrè fogli con sopra scritto: “Maria Respigo, felice di vivere”.


Il presule ha quindi citato a memoria alcuni passaggi di quel diario in cui la Respigo scriveva: “Io esisto per gridare a tutti coloro che hanno la salute che non possono tenerla stretta in mano, perché la salute è un dono e se non lo ridoneranno ad altri esso marcirà nelle loro mani”.
“Io esisto per gridare a tutti quelli che si annoiano che le ore trascorse nella noia mancano a qualcuno e se non le regaleranno a qualcuno, quelle ore non li renderanno felici ma marciranno nelle loro mani”, ha continuato.
“Io esisto per gridare a tutti coloro che la notte vanno da una discoteca all’altra, che quelle notti mancano a qualcuno ed esse non li renderanno felici finché non le regaleranno a coloro a cui appartengono”, ha aggiunto.
“Padre, ma non è bella la mia vocazione?”, gli chiese poi la donna. Quando morì venne deposta in una culletta del presepio.
“Felice di vivere, perché aveva una vocazione”, ha concluso l’Arcivescovo.

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