
La traccia mariana in Africa ha un significato tutto particolare, poiché si tratta del Santuario di Nostra Signora dei Dolori a Kibeho, in Rwanda. Ci troviamo dunque nel “continente nero”, e quelle di Kibeho sono le prime apparizioni riconosciute in quella terra che, a lungo oggetto delle mire di conquista dei Paesi europei, solo nei secoli recenti ha accolto il messaggio cristiano. Si tratta di un fenomeno ancor più straordinario se pensiamo che sono le apparizioni ufficialmente riconosciute dall’autorità della Chiesa cattolica che più sono vicine a noi da un punto di vista cronologico, avendo avuto luogo in Rwanda dal 1981 al 1989: dopo un lungo tempo in cui le apparizioni mariane parevano privilegiare l’Europa – pensiamo a Rue du Bac, 1830, a La Salette, 1846, a Lourdes, 1858, a Fatima, 1917 – ecco che la Vergine sceglie di apparire nel continente africano, a tre fanciulle del collegio di Kibeho: Alphonsine, Natalie e Marie Claire, rivelando un messaggio specifico per il Rwanda, in virtù del suo significato profetico rispetto alla storia nazionale di quel Paese che verrà insanguinato dai feroci genocidi del 1994 e del 1995, ma anche un messaggio di una portata universale, una profezia per il mondo intero, come vedremo.
Esaminiamo anzitutto i fatti. E partiamo dal presentare il luogo scelto per tali apparizioni: il Rwanda. Tale Paese si trova nel cuore dell’Africa e, per la particolare conformità del suo territorio, è detto “il Paese dalle mille colline”. Se i genocidi del 1994 e 1995 non avessero causato circa un milione di morti e un enorme numero di profughi nei Paesi limitrofi (Congo, Uganda, Tanzania), oggi il Rwanda conterebbe circa 8 milioni di abitanti, sparsi su un territorio ampio quanto il Belgio, dei quali metà al di sotto dei 20 anni.
Occorrono alcuni riferimenti storici per comprendere l’orrore che accadde nel 1994-95 in tale Paese. E li diamo cercando la massima chiarezza ed essenzialità. All’inizio della sua storia, il Rwanda era abitato dalla popolazione degli HUTU, dediti all’attività agricola. In seguito sopraggiunsero dal nord i TUTSI, popolo di pastori e di guerrieri, che imposero il loro dominio con una forte monarchia fino all’Ottocento. Nel 1885 il congresso di Berlino, che spartì il continente africano tra i “pretendenti” europei, assegnò il Rwanda alla Germania; da questa, sconfitta al termine della prima guerra mondiale, passò nel 1919 alla tutela del Belgio, che avviò una intensa predicazione cristiana volta a placare le discordie etniche interne, tanto che il re tutsi si fece battezzare – e con lui tutto il suo popolo, come ai tempi di Clodoveo, re di Francia, nel 496 d.C. – nel 1943. All’appoggio dato dai tutsi al potere belga seguì la progressiva affermazione del dominio dei tutsi, alla stregua di funzionari dei colonizzatori europei.
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La rivoluzione sociale della seconda metà degli anni ’50 portò all’indipendenza dalla tutela belga e alla proclamazione della indipendenza della Repubblica del Rwanda nel 1962. In questo contesto gli hutu miravano essenzialmente alla democrazia, per recuperare una pari condizione socio-politica rispetto ai tutsi, mentre questi ultimi, di fatto fino ad allora dominatori anche sotto la tutela belga, miravano alla sola indipendenza dal Belgio. Durante il periodo della Prima Repubblica (1962-1973) crebbero dunque le tensioni tra le due etnie, finché gli hutu presero il potere con un colpo di Stato nel 1973, inaugurando la Seconda Repubblica (1973-1994). A partire dal 1990 i tutsi, che avevano lasciato il Paese dopo l’avvento degli hutu al potere, tentarono di rientrare in Rwanda: si scatenò una guerra civile che presto degenererà nel terribile genocidio del 1994-1995.
Il 6 aprile 1994 il mortale attentato all’aereo su cui viaggiava il Presidente della Repubblica Habyarima, di etnia hutu, pose fine alla seconda Repubblica e scatenò la rivolta hutu contro i tutsi e gli hutu moderati. Già nella notte tra il 6 e il 7 aprile 1994 cominciarono i massacri a Kigali, la capitale del Rwanda, mentre l’ONU ritirava i propri caschi blu. Furono trucidati migliaia di tutsi, persino a Kibeho, il luogo delle apparizioni di cui trattiamo questa sera. Addirittura perse la vita una delle veggenti, la giovane Marie Claire, insieme a quattro sacerdoti membri della commissione teologica che all’epoca stava indagando sui fatti di Kibeho. I genocidi rwandesi colpirono in modo particolare la Chiesa cattolica: dal 1994 al 2000 furono uccisi 3 vescovi, 124 sacerdoti, 42 religiosi e 73 suore che versarono il sangue del martirio cristiano.
Il 4 luglio 1994 il Fronte Patriottico Rwandese (FPR), guidato da Paul Kagame, occupò Kigali. Il conflitto si ricompose, designando l’hutu Bizimungu come presidente e il tutsi Kagame come suo vice. Il Paese aveva intanto perso, tra vittime e profughi, 4 milioni di abitanti. Nuovi genocidi verranno poi perpetrati nel 1995, come rivendicazione tutsi, facendo ingenti vittime tra gli hutu, persino ancora a Kibeho (22-23 aprile 1995). Dal 2000 il presidente della Repubblica Rwandese divenne Paul Kagame, sancendo la definitiva supremazia del governo tutsi del FPR.
Bastano queste poche note per comprendere quanto drammatica sia stata la recentissima storia del Rwanda. Eppure senza questa consapevolezza non si capirebbe la ragione della venuta di Maria in quella terra d’Africa che, pochi anni dopo la fine delle apparizioni, sarebbe stata bagnata da tanto sangue versato con violenza nel nome degli odi interetnici.
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Un Paese segnato dalla discordia e dalla violenza, dunque. Ma anche un Paese che aveva da poco accolto l’annuncio cristiano, cioè dall’inizio del ‘900, raccogliendo nel tempo circa il 50% di adesioni alla fede cattolica, contro il restante 50% ripartito tra animisti, non credenti, protestanti e una minoranza islamica.
Il fatto che la Vergine abbia deciso di apparire in un Paese segnato da divisioni così profonde non può non farci pensare alle apparizioni di Guadalupe, in Messico, dove nel 1531 la Madonna appare per chiamare all’unità due popoli fino ad allora opposti da profondi contrasti: quello degli Indios locali e quello dei conquistatori spagnoli. In Rwanda sembra che la Vergine venga per sanare quelle lacerazioni che invece sono ancora più profonde, poiché interne al tessuto sociale e alla storia del Paese stesso: qui non ci sono infatti conquistatori esterni, ma si scontrano etnie locali, in una lotta civile che pare una figura delle profonde divisioni che albergano al fondo del cuore stesso dell’uomo, diviso in se stesso nel combattimento spirituale che lo porta a dover scegliere tra il Bene e il Male.
Aldilà dei riferimenti ai fatti di sangue del Rwanda, non bisogna pensare che i fatti di Kibeho abbiano una valenza puramente locale. Si tratta infatti di un dono dal Cielo che intende raggiungere il mondo intero, invitando l’umanità a lasciare il peccato e a tornare a Dio, con la penitenza e la preghiera, come ben si intende dalle parole che la Vergine Addolorata, tra le lacrime, consegnò alla veggente Nathalie il 15 agosto 1982:
“Il mondo va assai male, e se voi non fate nulla per pentirvi e per rinunciare ai vostri peccati, guai a voi! E’ proprio questo che continua a farmi male, perché io voglio liberarvi da un baratro perché voi non vi cadiate, ma voi rifiutate. Raddoppiate quindi lo zelo, figlia mia, per la preghiera in favore del mondo, affinché i peccati diminuiscano e siano perdonati a coloro che lo desiderano. Come potrei io essere contenta, allorché vedo i miei figli prendersi gioco di me ed essere sul punto di cadere in un abisso e di perdersi? Sono venuta da voi per comunicarvi un messaggio che vi richiama quello che avete dimenticato: ma voi rifiutate di accoglierlo. Da allora io soffro molto, ma so sopportare tutto con pazienza”.
Da queste parole emerge chiaramente come a Kibeho la Madonna sia venuta per rivolgersi non solo al Rwanda – che non si poteva prevedere sarebbe sprofondato nella tragedia dei genocidi di lì a poco – ma al mondo intero, sempre più bisogno di tornare a Dio per non perdersi definitivamente.
Andiamo dunque a ripercorrere insieme i fatti di Kibeho. Si tratta di una piccola cittadina, di circa 50.000 abitanti ai tempi delle prime apparizioni, distante circa 30 km da Butare. La parrocchia è dedicata alla Madre di Dio, e questo è un fatto assai rilevante poiché proprio con tale titolo la Vergine si presenterà a una delle veggenti.
In questa località si trova il collegio denominato “Scuola delle Lettere di Kibeho”, retto dalle Suore Benebikira, che significa “Figlie della Vergine Maria”. Nel 1981 frequentano il collegio circa 120 alunne, hutu e tutsi insieme, per diventare segretarie o insegnanti di scuola primaria. La povertà delle strutture obbligava a utilizzare il refettorio per le preghiere: forse per questa ragione qui avvenne la prima apparizione. Oggi, sul sito del refettorio che non esiste più, sorge il santuario. Ma a parte questa modifica strutturale, Kibeho è rimasta quella di allora, povera e semplice.