
“Tutti nel mondo lavoriamo in qualche modo a servizio degli uomini. Noi (medici) direttamente lavoriamo sull’uomo. Il nostro oggetto di scienza e lavoro è l’uomo che dinnanzi a noi ci dice di se stesso, e ci dice “aiutami” e aspetta da noi la pienezza della sua esistenza…
Noi abbiamo delle occasioni che il sacerdote non ha. La nostra missione non è finita quando le medicine più non servono. C’è l’anima da portare a Dio e la nostra parola (dei medici) avrebbe autorità. Ogni medico deve consegnarlo (l’ammalato) al Sacerdote. Questi medici cattolici, quanto sono necessari!
Il grande mistero dell’uomo: egli è un corpo ma è anche un’anima soprannaturale. C’è Gesù (che dice): chi visita il malato aiuta “me”. Missione sacerdotale – come egli (il sacerdote) può toccare Gesù, così noi (medici) tocchiamo Gesù nel corpo dei nostri ammalati: poveri, giovani, vecchi, bambini.
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Che Gesù si faccia vedere in mezzo a noi, trovi tanti medici che offrano se stessi per Lui. “Quando avrete finito la vostra professione – se l’avrete fatto – venite a godere la vita di Dio perché ero ammalato e mi avete guarito.”
(Blocchetto ricettario, ? 1950 – 1951)