La chiusura delle “case” – Lina Merlin

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Molta gente non ha capito nulla dell’articolo che porta il mio nome, fin da quando, allo stato di progetto, sollevò tante discussioni, forse anche perché non s’è data la pena di leggerlo, altrimenti non si sarebbero dette e scritte numerose sciocchezze.
La legge, comunque, è passata ed è in via di applicazione. Non avverrà alcun salto nel buio, se mai, un balzo verso la luce, ed il Partito al quale appartengo sarà giustamente orgoglioso di aver assolto la sua missione emancipatrice, come l’hanno assolta i socialisti di altri Paesi, in un settore dei più delicati. I critici, et pour cause, hanno voluto confondere nell’opinione pubblica l’oggetto della mia legge: la regolamentazione, con la prostituzione che un flagello, in costante ascesa, quando il contrasto tra le classi sociali, per le crisi economiche, colpisce i ceti più poveri; quando la disoccupazione o lo scarso salario, spinge la donna a far mercato di sé; quando l’ambiente familiare non è tale da sviluppare in lei quel senso di dignità, che costituisce il primo fattore della sua autodifesa contro le insidie d’ogni genere. Se è vero che la prostituzione è un male millenario, non è però antica quanto il mondo, perché si è manifestata con il sorgere della proprietà privata che scavò un solco profondo tra i possessori di beni e coloro che, non possedendo nulla, divennero merce lavoro, e le donne merce prostituzione. Solo nel 1802 tale mercimonio, che in ogni tempo aveva subito anatemi o condanne, perfettamente inutili a eliminarlo ad almeno a diminuirlo, fu regolamentato, prima dalla Francia, poi da altri Paesi e fu così istituita la prostituzione di Stato.

Un’iniziativa socialista non poteva, logicamente, mirare alla eliminazione, per legge, di una piaga connessa a profonde cause, d’ordine naturale in misura assai ridotta (2.88%), ma sociali ed economiche in grandissima parte. Il socialismo, di se stesso, è lotta contro quelle cause; ogni militante socialista le combatte con l’azione organizzata dal Partito, in ogni campo della vita politica, economica ed etico-sociale, giorno per giorno, ora per ora.

Ci arriveremo, ma intanto ecco il primo passo che bisogna fare: togliere la complicità dello stato, insita nella regolamentazione, sperimentata in Italia, come presso altre nazioni, ottenendo risultati opposti a quelli che venivano sbandierati a sua giustificazione, cioè contenimento della prostituzione, difesa della salute pubblica e della morale pubblica, ecc. ecc. Si costatò, al contrario, un aumento della prostituzione, poiché il tenutario, organizzato, come ogni mercante, per sete di guadagno, studia e applica i messi più idonei onde accrescere la sua clientela e la recluta tra i più giovani; i meno esperti, gli indifesi; aumento delle malattie veneree, perché il sistema in vigore nella casa, genera nel cliente, che dovrebbe premunirsi da sé, l’illusione dell’immunità, mentre tra le due superficialissime visite settimanali, le centinaia di uomini, contagiati e non controllati che la donna è obbligata a ricevere, fanno di lei il più potente veicolo di infezione; distruzione della personalità della donna, come creatura umana e come cittadina, poiché uscita dalla casa per età, per malattia o per qualsiasi altro motivo, oltre alle tare acquisite da un abnorme esercizio di sessualità, subisce, ed insieme a lei subiscono le persone della sua famiglia, le conseguenze dell’iscrizione nel registro di polizia, il che le impedisce il suo reinserimento nella vita normale; la degradazione cui pervengono uomini e donne che si pongono al di sotto degli animali inferiori, i quali non violano l’atto di natura che ha il fine della conservazione della specie, con l’amore meretricio, ma seguono l’istinto in cui è implicita la scelta, la nessuna difesa della moralità pubblica, perché la casa è un incentivo per i giovanissimi ad iniziare le pratiche sessuali prima della loro maturità fisiologica e tanto meno è garanzia di sicurezza per le donne oneste , poiché il dilagare dei vizi minaccia tutta la collettività e si inocula come un germe letale nel sangue del popolo.

Intorno alle case, oltre che vergognoso traffico della carne umana, reso sfacciato dalla regolare licenza, fin qui rilasciata dagli organi statali, si organizza la malavita, la tratta delle bianche, cui non sono certo estranei i delitti, il traffico degli stupefacenti, la criminalità, la corruzione politica ecc. E tutto ciò non è frutto di fantasia, ma è documentabile e certamente documentato presso gli archivi della polizia. È lecito, pertanto, domandarci se non abbiano perduto, posto il caso che l’abbiano mai avuto, il senso della realtà coloro che pretendono debba sussistere la complicità dello Stato coi tenutari, anzi col trust internazionale dei tenutari, i soli veramente interessati al mantenimento di un regime che frutta loro miliardi senza incorrere in alcun pericolo.

Perché, almeno in nome della coerenza non chiedono, anzi non pretendono, sia regolamentata anche la prostituzione maschile?
Mi pare che gli italiani, oggi che si chiudono le “case”, non abbiano che una preoccupazione: “come faremo?”. Eppure ci sarebbe bisogno di altre case, comode ed igieniche, per i milioni di altri italiani che non hanno un’abitazione degna di questo nome. “Come faremo senza quelle donne?”. Eppure fonti autorevoli ci fanno sapere che il 30% delle donne dai 15 ai 60 anni, cioè cinque milioni contro le 2500 donne ospiti costanti delle case, si danno alla prostituzione nei suoi vari gradi. È una triste realtà che offre la possibilità ad ognuno di risolvere il suo problema, sotto la sua personale responsabilità. E se qualche abituale cliente dei lupanari fosse eventualmente costretto a fare penitenza, sia certo che per essere continente nessuno è mai morto, mentre di fame si muore.
Ed ecco un problema al quale si deve pensare seriamente: gli 8/10 dell’umanità soffrono la fame. Su 2700 milioni di abitanti della Terra, solo 500 si nutrono sufficientemente e 2200 patiscono o crepano addirittura di fame, che trascina seco un corteo di malattie sociali le quali, come piovre, afferrano anche quelli che mangiano.
E bando al pietismo per le “povere donne” che fuori dalla casa ospitale restano sul lastrico. Ci si pensa ora, perché non prima? Uscite dalla casa per raggiunti limiti di età, quasi sempre senza un soldo, poiché fra i tenutari, i magnaccia, i medici disonesti ed altri accoliti, furono sempre defraudate della triste mercede; uscite spesso per malattia, parto, o per l’intervallo quindicinale nel cambio da lupanare a lupanare, se ne andavano talora col figlio di via e sempre col peso infamante dell’iscrizione dei libri della Questura. Questo almeno non l’avranno più ed oggi, se vorranno, le 2500 ospiti dimesse potranno avvalersi dell’aiuto, che viene offerto ad esse e ai loro figli, al fine del loro inserimento nella vita normale, il che, lo sappiamo, non è facile, e di ciò non è responsabile la legge liberatrice ma la regolamentazione schiavistica che le ha legate al triste mestiere.

E le malattie? Eh via non scherziamo con le sciocche argomentazioni in difesa del sistema profilattico delle case, e stiano ben zitti certi medici che quel sistema dovrebbero meglio conoscere.
Se Napoleone, nel 1802, credette nell’efficacia della visita preventiva alle sole donne, oggi, 1958, dobbiamo avere fede in quei mezzi che la scienza offre a tutti, uomini e donne, e la cui efficacia è già sperimentata.
Lina Merlin
Milano – Venerdì 19 Settembre 1958

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