La fecondazione in vitro crea scompiglio in famiglia

Foto Adl – grafica P.Botti

Continua a crescere la domanda di trattamenti di fecondazione in vitro, ma aumentano anche le preoccupazioni relative alla gestione delle cliniche e alle conseguenze negative per le famiglie. Un eminente esperto di origini britanniche ha espresso di recente parole dure contro questa industria, i cui metodi sono da tempo oggetto di critiche da parte della Chiesa.

Robert Winston, professore di Scienze della Riproduzione presso l’Imperial College di Londra, ha affermato che le cliniche si lasciano corrompere con i soldi e che i dottori sfruttano le donne che si rivolgono a loro spinte dal desiderio disperato di restare incinta, secondo quanto riportato dal Guardian lo scorso anno. “È facile sfruttare le persone quando queste sono disperate e quando tu hai la tecnologia di cui hanno bisogno, sebbene questa possa comportare conseguenze negative”, ha affermato.

Per quanto riguarda l’impatto sulla famiglia, uno dei cambiamenti che si sono registrati è la tendenza a fare figli in età più avanzata (dal Times). La percentuale dei pazienti tra i 40 e i 45 anni che si sottopone a fecondazioni in vitro (FIV) è aumentata dal 10% degli anni ’90, al 15% del 2006, osserva l’articolo. L’anno scorso vi sono state 6.174 donne di questa fascia di età che hanno fatto ricorso alla FIV, rispetto a sole 596 nel 1991.

Anche l’età media dei pazienti FIV è aumentata: rispetto al 1996 essa si è innalzata di un intero anno passando dai 33,8 anni ai 34,8. Il dato proviene dalla Human Fertilization and Embryology Authority.

Il Times osserva che, sulle donne in età più avanzata, il numero dei trattamenti che riescono con successo è di gran lunga inferiore. Per le donne tra i 40 e i 42 anni, il tasso di nascita relativo al primo trattamento FIV è del 9%, mentre quando queste superano i 44 anni, il tasso scende all’1%.

Inoltre, ai 40 anni, il rischio di problemi di gravidanza aumenta del doppio rispetto alle ventenni e così come aumentano le probabilità di gravidanze extrauterine, di nascite premature, di morte alla nascita, di morte neonatale e di malformazioni.

Gemelli a 60 anni

Poco dopo la pubblicazione di questi dati, è arrivata la notizia dagli Stati Uniti di una donna di 60 anni che ha dato alla luce due gemelli maschi, secondo quanto riportato dall’Associated Press il 23 maggio. Frieda Birnbaum ha partorito al Hackensack University Medical Center, di New Jersey.

Un altro caso che ha ricevuto attenzione è quello di una donna spagnola, Carmela Bousada, che all’età di 67 anni ha fatto nascere due gemelli, secondo il Times del 29 gennaio. Questa donna si è sottoposta a trattamento FIV presso il Pacific Fertility Center di Los Angeles.

Intanto, il quotidiano canadese Ottawa Citizen ha riferito il 18 aprile scorso del caso di Melanie Boivin, che ha donato i propri ovuli alla figlia Flavie.

La figlia di 7 anni è affetta da sterilità congenita. Secondo l’articolo, se Flavie un giorno decidesse di usare gli ovuli per rimanere incinta, potrà diventare madre della sua sorella genetica e Melanine Boivin diventerà al contempo mamma e nonna.

Sulla vicenda, l’eticista Margaret Somerville si è espressa in modo critico, secondo quanto riportato dal giornale. “Dobbiamo pensare bene a ciò che facciamo quando giochiamo con la natura”, ha affermato, osservando che una procedura di questo tipo sovverte completamente il normale corso della vita.

Un’altra pratica che solleva dubbi dal punto di vista etico è quella di ricorrere al cosiddetto utero in affitto, sfruttando le donne dei Paesi in via di sviluppo, perché portino in grembo i figli delle famiglie dei Paesi più ricchi. Questo fenomeno si sta già verificando ad esempio in India, ha spiegato la Reuters in un articolo pubblicato il 4 febbraio.

Negli Stati Uniti un utero in affitto arriva a costare fino a 50.000 dollari (36.000 euro), ha affermato allaReuters Gautam Allahbadia, esperta in fertilità. In India invece tutto ciò si può fare con 10 o 12 mila dollari (7,2 o 8,7 mila euro). Le cliniche indiane solitamente fanno pagare 2 o 3 mila dollari (1,5 o 2 mila euro) per il trattamento, mentre alla madre surrogata spettano dai 3 ai 6 mila dollari (2 o 4 mila euro).

L’articolo osserva che dati ufficiali relativi a questo fenomeno non esistono, ma è possibile che ogni anno nascano in India dai 100 ai 150 bambini da uteri in affitto.

Senza madre

Le cliniche stanno iniziando anche ad offrire trattamenti specifici per gli omosessuali. The Fertility Institutes di Los Angeles ha avviato un programma per maschi omosessuali che vogliono diventare partner, secondo laReuters del 14 marzo.

Il direttore della clinica, Jeffrey Steinberg, ha riferito che sono stati già effettuati circa 70 trattamenti ad altrettante coppie gay e che è in fase di istituzione un servizio apposito. Egli ha anche osservato che circa tre quarti delle coppie omosessuali pagano una quota in più per poter scegliere il sesso dei loro bambini.

Gli intricati intrecci familiari creati dalle tecniche FIV danno origine anche ad una serie complessa di problemi legali. Una madre surrogata, che non ha alcun collegamento genetico con il bambino che porta in grembo, non può essere indicata come madre sul certificato di nascita, secondo la Corte d’Appello del Maryland Court, come riferito dall’Associated Press il 16 maggio.

Il caso esaminato dalla Corte riguarda due gemelli nati nel 2001. La donna che li ha partoriti era una madre surrogata, senza alcuna relazione genetica con i gemelli.

Un altro caso, ancora in fase di giudizio, riguarda il destino di alcuni embrioni congelati, appartenenti ad Augusta e Randy Roman, i quali avevano deciso di sottoporsi a trattamenti per produrre gli embrioni. Tuttavia, qualche ora prima del previsto impianto, il marito ha deciso di interrompere il procedimento, secondo quanto riportato dal Los Angeles Times il 30 maggio.

Questo avveniva nel 2002 e l’anno successivo la coppia ha divorziato. Da allora essi non hanno trovato un accordo su cosa fare degli embrioni congelati e la questione è ora arrivata la Corte Suprema del Texas. Randy vuole che gli embrioni siano distrutti o che rimangano crioconservati.

Il Los Angeles Times ha ricordato che finora sono sei le alte corti di altrettanti Stati che si sono pronunciate su questi casi. Da tali decisioni, in generale, risulta che il diritto di un ex coniuge a non procreare ha la meglio sul diritto dell’altro a procreare.

Moralmente non neutrale

La Chiesa ha da tempo affrontato i problemi derivanti dalle tecniche di fecondazione in vitro. Nel 1987 la Congregazione per la dottrina della fede ha pubblicato l’istruzione su “Il rispetto della vita umana nascente e la dignità della procreazione” (“Donum Vitae”).

Sin dal 1987, le tecnologie utilizzate nella FIV sono cambiate molto, ma gran parte dei problemi etici di fondo sono rimasti immutati. La scienza e la tecnologia sono risorse importanti, riconosce l’Istruzione. Tuttavia, è un errore considerare la ricerca scientifica e le sue applicazioni come ambiti moralmente neutrali.

Inoltre, la Congregazione per la dottrina della fede spiega che esse devono essere poste al servizio della persona umana e dovrebbero seguire i criteri della legge morale. È un errore considerare il corpo umano meramente come un insieme di elementi biologici, sostiene l’Istruzione. La persona umana è nello stesso tempo corporale e spirituale.

Peraltro, per quanto riguarda la questione della trasmissione della vita, non è possibile ignorare la speciale natura della persona umana. Dal momento del concepimento, insiste l’Istruzione, la vita di ogni persona umana deve essere rispettata. In aggiunta, il dono della vita umana dovrebbe essere coltivato nel contesto di atti compiuti tra marito e moglie.

La Congregazione ammette che il desiderio di avere figli e l’amore tra i coniugi che desiderano superare i problemi di sterilità “costituiscono motivazioni comprensibili” alla base del ricorso alle tecniche FIV. Ciò nonostante, prosegue l’Istruzione, le buone intenzioni devono essere commisurate alla natura stessa del matrimonio e alla necessità di rispettare i diritti dei figli.

Il documento osserva inoltre che le tecniche FIV troppo spesso comportano la distruzione di embrioni umani. In questo modo l’uomo viene a costituirsi donatore di vita e di morte “su comando”, avverte il testo.

Il sistematico ricorso a queste tecniche crea il rischio di generare una mentalità del dominio dell’uomo sulla vita e la morte di altri esseri umani, avverte la Congregazione. Una mentalità che con il passare del tempo produce una inesorabile deriva verso pratiche che implicano gravi questioni morali e sociali.

Di Padre John Flynn, L.C.

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