
Con l’esperimento concettuale della “stanza cinese” il filosofo John Searle si propose di confutare l’affermazione dell’intelligenza artificiale forte secondo cui i computer possono pensare. Searle afferma (1)che la manipolazione di simboli eseguita dai computer rimane a livello sintattico e non produce la semantica, necessaria per il pensiero; e (2) che il cervello é dotato di proprietà specifiche che producono la mente, dunque la semantica e il pensiero consapevole. L’esperimento si basa su asserzioni intuitive e talora vaghe o pregiudiziali, che é difficile accettare o confutare per giungere a conclusioni definitive. L’intelligenza artificiale (IA) nacque ufficialmente nel corso di un convegno tenutosi nel 1956 al Dartmouth College, ad Hanover, nel New Hampshire,sulla base di un a proposta avanzata l’anno prima da John McCarthy, Marvin Minsky, Nathaniel Rochester e Claude Shannon, i quali avevano delineato gli scopi dell’incontro al modo seguente: «Lo studio procederà sulla base della congettura per cui, in linea di principio, ogni aspetto dell’apprendimento o un a qualsiasi altra caratteristica dell’intelligenza possano essere descritte così precisamente da poter costruire un a macchina che le simuli». Dunque l’ambizione dichiarata del progetto era quella di riprodurre l’intelligenza umana. L’IA non era animata dall’intento, ingenuo e impossibile, di (ri)costruire un a creatura simile all’uomo nel suo complesso, bensì di riprodurne o simularne con precisione un a sola parte: la mente; o meglio l’intelligenza computante, considerata la peculiarità più importante dell’uomo. Infatti a quei tempi c’era (e in parte c’é tuttora)un a certa tendenza a identificare l’intelligenza con i suoi aspetti razionali,anzi simbolici e computanti, e questa identificazione rafforzava a sua voltala convinzione che l’informatica fosse la tecnologia giusta per costruire, dopo tante ingenuità, modelli della mente corretti e collaudabili.
L’IA funzionalistica, come si é detto, rimuove il corpo e il suo radicamento nel mondo e accentua le prerogative logico razionali della mente umana. Ma questa astrazione pone limiti invalicabili all’ambizione di replicare l’intelligenza naturale, che é nata e si é sviluppata in stretta interazione con l’ambiente attraverso il corpo e i suoi organi. La sede della nostra mente, il cervello, ha un a storia evolutiva che lo vede nascere come sistema di regolazione e controllo del corpo, con il compito specifico di assicurarne la sopravvivenza e mantenerne l’integrità, guidandolo alla ricerca del cibo e della riproduzione e consentendogli di identificare e fuggire i pericoli. Questa origine e il successivo sviluppo evolutivo dell’intelligenza umana ne hanno fatto un a caratteristica a spettro amplissimo, capace di affrontare problemi diversissimi, mentre l’IA é sempre mirata alla risoluzione di un o o pochi problemi specifici. Queste differenze e i limiti dell’IA che ne derivano sono in sostanza riconducibili all’assenza di un corpo. Per superare i limiti di un ’intelligenza astratta e disincarnata, si assisté in seguito a un a rivalutazione del corpo e delle sue prerogative, rivalutazione che si espresse nella costruzione dei robot, macchine consistenti di un a mente artificiale contenuta in un corpo artificiale. È opportuno precisare che esistono due declinazioni dell’IA: quella debole e quella forte. L’IA debole si propone di allestire programmi che risolvano problemi specifici, senza l’ambizione di imitare o addirittura superare l’intelligenza umana o di fornirne un modello completo. Per l’IA artificiale forte, viceversa, un computer programmato in modo opportuno può essere assimilato a un a mente dotata di capacità cognitive indistinguibili da quelle umane o addirittura superiori.
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Mentre l’IA debole non ha mai suscitato polemiche, l’IA forte, per le sue aspirazioni ambiziosissime, é stata ed é al centro di polemiche. L’esperimento concettuale detto “della stanza cinese” fu proposto da John Searle nel 1980 con l’intento di confutare l’assunto dell’intelligenza artificiale (IA) forte secondo cui un computer opportunamente programmato pensa. Searle immagina un uomo rinchiuso in un a stanza che comunichi con l’esterno tramite una sottile fessura per la quale possano transitare soltanto fogli di carta. L’uomo, che é di madrelingua inglese e non sa nulla di cinese, ha a disposizione un manuale di regole (redatto in inglese), servendosi del quale può associare sequenze di ideogrammi cinesi ad altre sequenze di ideogrammi cinesi; le regole sono basate sulla forma degli ideogrammi e non sul loro significato, che l’uomo non capisce. All’esterno della stanza un a persona di madrelingua cinese traccia delle successioni di ideogrammi (domande) su cartigli che, attraverso la fessura, fornisce all’uomo nella stanza. Questi, consultando il manuale, associa alle domande altre successioni di ideogrammi (risposte) che passa alla persona di fuori, con la quale non ha altri contatti. Le risposte fornite dall’uomo sotto forma di gruppi di ideogrammi dànno all’interlocutore esterno l’impressione che egli capisca il cinese, lingua di cui invece costui continua a non capire nulla. Secondo Searle questo esperimento dimostra che se la sola esecuzione di un programma per la manipolazione del cinese non consente all’uomo di capire questa lingua, allora nessun calcolatore che si limiti a far girare un programma del genere riuscirà del pari a capire il cinese, e aggiunge: «Ciò che vale per il cinese vale anche per le altre attività cognitive: la sola manipolazione dei simboli non basta di per sé a garantire l’intelligenza, la percezione,la comprensione, il pensiero e così via. E poiché i calcolatori sono per loro natura dispositivi per operare sui simboli, la semplice operazione di far girare il programma non é garanzia sufficiente di attività cognitive»
Giuseppe O. Longo – Avvenire