
Gli anniversari e i compleanni possono essere molto tristi, perche’ segnano che si diventa vecchi e ci si avvia verso il declino. A meno che piaccia la vita che si e’ vissuta e, soprattutto, sia molto piu’ interessante l’adesso di quando si e’ cominciato: in tal caso, non è che l’anniversario decada, ma diventa secondario rispetto alla domanda che si ha nel momento attuale.
Quello che c’è stato prima vale perché in qualche modo spiega quello che c’è adesso. “Il nostro progresso non consiste nel presumere di essere arrivati, ma nel tendere continuamente alla meta”: se c’è una meta a cui non arriveremo mai, cosa ci importa che ci sia una meta? A cosa serve la verità, se non è raggiungibile adesso? è verissimo che noi non siamo arrivati alla meta, tuttavia il problema è che la verità e la meta sono oltre misura, sono infinite: sono raggiungibili, ma sono un’altra concezione, un’altra esperienza di sé e della realtà.
Non ci arrivi mai alla meta, nel senso non sarà mai tua, non ne sarai mai il padrone, ma non è che non la tocchi, anzi:
la tocchi, la sperimenti, anche se capisci che è sempre di più. Proprio perché la meta è infinita, è l’oggetto di una tensione continua. Questo significa che, nella vita, ciò che vale è l’inizio, che la vita stessa è sempre un inizio: il cammino della vita non è arrivare alla fine, ma andare a fondo dell’inizio. È il contrario del progressismo che, invece, teorizza l ‘avanzamento in quanto tale.
La parola carisma esprime quella che è l’azione dello Spirito: rendere vivo ciò che, altrimenti, sarebbe morto.
Quando parliamo del carisma di Giussani, diciamo che per noi, al di fuori dell’incontro con il movimento di CL, il cristianesimo sarebbe stata una cosa morta, mentre adesso è viva. Andare al fondo dell’origine, quindi, significa andare al fondo di questo incontro che ciascuno di noi ha fatto.
Se è data la meta, è data una strada: l’impegno è aderire alla meta e alla strada. Per me questo vuol dire che il problema più importante della vita è l’inizio, perché la meta è contenuta nell’origine. La meta è raggiungibile, è un’origine di cui faccio esperienza e vado avanti nell’esperienza di essa, come un cammino.
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Diceva Efraim il Siro: «Se tu vai alla sorgente e hai sete, sarai contento di non esaurire tutta l’acqua, perché quando avrai sete potrai ancora bere». Il godere sta nel bere, non nel far fuori l’acqua. Il godimento non è la conseguenza di qualcosa che c’è stato, ma qualcosa che deve nascere da noi adesso: questo vuol dire tendere alla meta.
Cosa significa presumere di essere arrivati? Pensare di sapere tutto. Quello che deve succedere è quello che è successo nel passato, però (lo rivivi) con una profondità sempre maggiore.
Giancarlo Cesana