La passione di Jimmy per la vita

In una sanità britannica colpita da scandali, tagli feroci al budget e da una crisi che da quasi dieci anni sembra irreversibile, ha riempito di speranze la toccante storia di un paziente, James Morris, morto a 75 anni il giorno di Pasqua, che ha trascorso 54 anni della sua vita in ospedale. Jimmy – così era chiamato al Wester Moffat Hospital, in Scozia, dove ha passato quasi tutta la sua vita – «era molto amato da tutto lo staff», ha raccontato Helen Ryan, un’infermiera che lo ha avuto in cura per molti anni. «Essendo stato in ospedale per così tanto tempo – ha continuato la Ryan – Jimmy è riuscito a toccare il cuore di molti di noi. Era una persona che sapeva ascoltare e un vero personaggio non privo di ironia. Ci mancherà terribilmente».

Nessuno in Gran Bretagna ha mai trascorso così tanto tempo in ospedale, ma la storia di Jimmy, ci racconta Peter Saunders dell’associazione Care not Killing, «dimostra che anche nelle situazioni più drammatiche è possibile non solo avere momenti di gioia ma anche trasmetterli agli altri». Jimmy Morris aveva 21 anni quando entrò in ospedale con una gamba rotta. Stava servendo il Paese nel reggimento dei fucilieri scozzesi, in Germania, quando rimase ferito in un incidente d’auto. Fu trovato al volante di una jeep che si era schiantata contro un albero. Dall’incidente Morris uscì con lesioni al naso e a un osso della gamba. Tornato in Scozia fu sottoposto a un intervento chirurgico.

Fu durante l’operazione che il soldato subì un arresto cardiaco che gli avrebbe cambiato per sempre la vita costringendolo in un letto d’ospedale. I danni si rivelarono infatti irreparabili, una parte del cervello si spense per sempre. James, racconta ora il fratello Karl, «era mentalmente presente ma non aveva controllo del suo corpo». Oggi lo chiamiamo stato di minima coscienza. Nel corso degli anni, spiega Karl, la famiglia che lo ha visitato quotidianamente ha cercato di trovare modi per comunicare con lui: «Dopo qualche anno aveva imparato a dire tre parole, i nomi delle sue cose preferite, casa, pub e cavalli».

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Karl non ha che parole buone per il sistema sanitario inglese: «Tutti sono stati eccezionali nel prendersi cura di mio fratello per tutta la sua vita, di questo siamo molto grati». Jimmy aveva la passione per il pub e per Elvis Presley, spesso lo staff dell’ospedale gli organizzava una serata musicale o lo accompagnava a prendere una birra. A volte veniva portato in vacanza dai familiari, anche pochi giorni prima della sua scomparsa ha visitato casa, accompagnato dal fratello. «Sono determinato a scoprire cosa è successo 54 anni fa, durante quell’incidente in Germania – dice Karl –, anche a costo di sfogliare scartoffie per anni». Non c’è dubbio che Jimmy fosse amato dallo staff e dalla famiglia e che la sua, continua Saunders, «fosse una vita che valeva la pena vivere. Troppo spesso la sanità cerca il modo per poter “staccare la spina”. La storia di Jimmy ci conforta e ci dà speranza».

di Elisabetta Del Soldato – Avvenire

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