La confessione non è condanna ma nuova speranza

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Mentre mi trovavo in Italia, volendo confessarmi, ho chiesto agli amici della Brianza se ci fosse un prete disponibile, magari anziano. Così mi hanno portato da don Pasquale. «Chi è don Pasquale?», ho domandato. E mi è stato risposto che è un sacerdote sugli 80 anni, che vive a Bernareggio e dice Messa ogni giorno nella parrocchia di Concorezzo (MB).

Perché parlare di lui? Incontrandolo sono stato colpito dalla sua integrità di uomo tutto poggiato sulla santissima fede. Chi lo conosce da tempo mi ha raccontato che «Guardandolo agire e parlare emerge il fatto che la sua fede vissuta, la sua forte cattolicità ti mostra come sa forgiare la statura della personalità umana. Vedi in lui un realismo sano e positivo che non si basa su un non ben definito ottimismo ma sulla certezza del fatto di Cristo, della sua presenza e della sua azione contemporanea che avviene sempre nel presente». E ancora, «Don Pasquale conosce molto bene la storia della Chiesa e dei suoi Santi e la sa comunicare in modo incisivo ed essenziale facendoti vedere come Dio dentro le diverse vicende storiche agisca attraverso il temperamento e la precisa personalità di coloro che Egli chiama e che si lasciano afferrare, riconoscendolo come Signore, cioè Padrone di tutto ciò che esiste. Particolarmente si rendono evidenti in lui l’interesse e la passione singolare per la storia della presenza cristiana “milanese”: nulla sfugge al “don” su questo terreno. Ti fa capire che tu sei parte e protagonista dell’azione di Cristo oggi, proprio in questa terra ben precisa. Citando i grandi vescovi di Milano un giorno ci ha riferito che mai, come è accaduto ai tempi di Sant’Ambrogio, la Chiesa diede forma a tante opere di carità come gli ospedali, l’assistenza ai bisognosi, le opportunità di lavoro e tante altre ancora. Eppure, disse don Pasquale, “Leggendo le omelie di Ambrogio si scopre che l’unico contenuto delle sue prediche era il suo personale rapporto con Gesù, il fascino, la bellezza e la verità che Cristo è per ogni uomo e lo stupore per quanto Dio ami il destino di ognuno. Non si scova una sola esortazione al popolo milanese a darsi da fare per fare opere di carità”». «Pasquale ci ha fatto così ricapire che in prima istanza c’è la risposta alla domanda “chi sono io?”, c’è l’accorgersi della persona di Gesù, c’è lo scoprirlo e il guardarlo negli occhi. Il resto, le opere sociali e caritatevoli e pure quelle politiche, sono una conseguenza dell’impeto generativo che nasce dal riconoscere Dio fatto uomo».

Interessante, ho pensato; poi, sempre gli amici che lo frequentano, hanno aggiunto: «Don Pasquale dopo la Messa è solito ritrovarsi con semplicità e amicizia con alcuni dei partecipanti per un caffè. Prima però, in chiesa davanti alla statua della Madonna recita con chi vuole il rosario, parla del Santo del giorno e dà un giudizio sulle vicende sociali e politiche che accadono, un aiuto a tutti per districarsi dalla confusione odierna che regna indisturbata. Vedi che per lui la fede non sono i “massimi sistemi”, ma sa giudicare e orientare l’orizzonte vero della vita di oggi».

Recentemente don Pasquale ha detto: «È da molto tempo che la Chiesa milanese non genera dei santi» e a questo proposito si è dichiarato molto contento del fatto che si sia avviata la causa di beatificazione di don Luigi Giussani. Per lui è un segno e un grande dono dello Spirito per tutta la Chiesa milanese, universale e per il mondo intero.

Quando poi mi sono confessato mi ha commosso la sua modalità di rapportarsi a me peccatore e mi ha sorpreso la “penitenza” che mi ha assegnato. Don Pasquale mi ha detto di pregare per questi tre motivi: 1) Perché il movimento di Cl rimanga fedele all’origine del suo carisma. 2) Perché si realizzi al più presto la causa di beatificazione di don Giussani per il bene di tutta la Santa Chiesa. 3) Perché la fraternità “San Carlo” (un gruppo di sacerdoti missionari che vivono la vita comune in case chiamate “missioni” sparse in tutto il mondo), realizzi sempre più il motivo per cui è nata.

Mi sono sentito abbracciato e mi sono stupito della coscienza e della consapevolezza di questo anziano sacerdote che senza quasi conoscermi ha saputo leggere così intelligentemente l’umanità della mia persona.

Ho chiesto poi a Don Pasquale cosa significhi per lui obbedire, cos’è l’obbedienza e mi ha risposto così: «Essendo “innamorati” di Cristo noi siamo sempre servi obbedienti, (il Vangelo dice “inutili” ), anche se non siamo né sordi né muti…».

Pieno di gratitudine verso il Mistero che non smette mai di mostrarsi alla mia vita con la sua sapienza e misericordia ho salutato con gratitudine don Pasquale. Spero di confessarmi ancora da lui, un prete veramente cattolico, cioè un uomo vero.

In Paraguay, ho avuto di nuovo la grazia immeritata di vivere con padre Alberto, già mio compagno di cammino negli anni Novanta. Grazie alla Divina Provvidenza, è venuto dall’Ecuador in Paraguay per aiutarmi nel cammino della conversione. Il primo gesto di benvenuto è stato quello della confessione reciproca, perché ambedue siamo coscienti che un’amicizia che non ha come punto di partenza il sacramento della confessione si trasforma in complicità. Come posso perdonare, abbracciare tutti se non vivo intensamente il sacramento della confessione che per me è più necessario dell’aria che respiro?

In un mondo dove la persona è stata cancellata, dove il moralismo è diventato criterio del vivere, dove la struttura è più importante della persona; in un mondo dove è sempre più evidente che più importante della persona è l’Istituzione, come non cadere nella disperazione se l’uomo non avesse la possibilità di gioire, di godere della bellezza divina della confessione? Per questo motivo, ho chiesto a padre Alberto di scrivere quello che significa nella sua vita la confessione settimanale.

Amici, in un mondo puritano dove è sufficiente un pettegolezzo per eliminarti, come si fa a non scivolare nella disperazione se manca la confessione? Quello che ci ha impedito di precipitare nella delusione o nella depressione durante questi ultimi mesi è stato il sacramento della confessione, origine e contenuto delle poche ma grandi amicizie che continuano ad accompagnarci.

Cos’è la confessione? Qualcosa da temere, perché c’é un giudizio sugli errori commessi e le mancanze avute? Per questo normalmente la gente la sfugge: per paura. Per me, da alcuni anni, non è più così e per questo ringrazio padre Aldo che mi ha fatto riscoprire la confessione come la bellezza della misericordia di Dio che tocca la nostra carne, quella carne rovinata dal peccato ma che viene resa bella dal Suo perdono. Al Signore non importa il colore dei nostri peccati o le nostre nefandezze. Ciò non vuol dire che vengano giustificati, anzi.

È sempre necessario un lavoro personale per poter chiedere il perdono sacramentale. Ma il lavoro non è l’analisi psicologica del peccato o del motivo del peccato, è la richiesta struggente del Suo perdono che ci rende capaci di riprendere il cammino. Come il figliol prodigo che viene riaccolto nella casa del padre con una festa perché il peccato lo aveva fatto letteralmente morire e il perdono gli dà la possibilità di risuscitare, di nascere di nuovo. La confessione è letteralmente una nuova nascita.

Quando mi confesso, preparandomi seriamente, io sperimento questo, e Lui mi fa guardare alla Sua presenza. Quello sguardo che prima era tutto rivolto alle mie incapacità, incoerenze ed evidenti deficienze, si rivolge a quella Bellezza che mi fa nuovo.

Quello della penitenza è diventato negli anni il sacramento che amo di più insieme all’Eucarestia a cui è strettamente legato, per cui confessarmi è diventata una necessità e la penitenza non è una condanna da scontare o una pena da infliggere, ma una speranza da ridare a chi si era allontanato. Ringrazio di nuovo i miei confessori (nei primi anni di questa riscoperta è stato padre Aldo anche se dopo per circostanze storiche sono stati altri), ho sempre incontrato non giudici che mi hanno inflitto una pena che mi sono meritato, ma fratelli nel sacerdozio che mi hanno fatto sperimentare la bellezza della Sua misericordia.

Padre Alberto

Aldo Trento-  2013 – Tempi

Articolo tratto da www.tempi.it per gentile concessione della redazione (7-7-2023).

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