La preghiera incessante e onnicomprensiva (Nouwen)

La preghiera incessante

La seconda caratteristica della preghiera del cuore è di essere incessante. Il problema  di come seguire l’esortazione di Paolo a «pregare incessantemente» ha avuto un posto centrale nell’esicasmo dal tempo dei Padri del deserto fino alla Russia del XIX secolo. Ci sono molti esempi di questa preoccupazione ai due estremi della tradizione esicastica.
Nel periodo dei Padri del deserto ci fu una setta pietistica chiamata dei messaliani. Erano persone che avevano un approccio eccessivamente spiritualizzato alla preghiera e consideravano il lavoro manuale condannabile per un monaco. Alcuni monaci di questa setta si recarono a visitare l’abate Lucio. «Il vecchio chiese loro: ‘Qual è il vostro lavoro manuale?’. Essi risposero: ‘Il lavoro manuale non ci tocca. Però, come dice l’apostolo, preghiamo ininterrottamente ‘. Il vecchio chiese: ‘Non mangiate?’. Essi risposero di sì. ‘E quando mangiate – egli aggiunse – chi prega per voi?’. Domandò ‘ancora se dormivano ed essi risposero di sì. ‘Quando dormite – egli replicò – chi prega per voi?’. Ma essi non trovarono niente da ribattere. L’abate, quindi, disse loro: ‘Perdonatemi, però voi non fate come dite. Io, invece, vi posso dimostrare che, mentre mi dedico al mio lavoro manuale, prego senza interruzione. Quando bagno i rametti di palma e ne intreccio una corda, siedo insieme a Dio e dico: Abbi pietà di me, o Dio, in ragione della tua grande misericordia e della moltitudine delle tue compassioni cancella la mia empietà. Non è questa una preghiera?’. Essi risposero di sì. Egli, quindi, aggiunse:
‘Quando resto tutto il giorno a lavorare e a pregare, faccio più o meno sedici soldi, di questi, due li dò in elemosina e col resto mi mantengo. Chi prende quelle due monete, a sua volta, prega per me mentre mangio e mentre dormo e, per grazia di Dio, si realizza nel mio caso la possibilità di una preghiera senza interruzioni».
Questo racconto offre una risposta molto concreta alla domanda: «Come posso pregare senza smettere, mentre sono occupato con molte altre cose?
La risposta coinvolge il prossimo. Attraverso la mia carità, il mio prossimo diventa mio compagno nella mia preghiera e la trasforma in una preghiera incessante. Nel diciannovesimo secolo, quando i problemi con i messaliani non esistevano, fu data una risposta più mistica. La troviamo nella celebre storia del contadino russo intitolata Racconti di un pellegrino russo. Comincia così: «Per grazia di Dio sono uomo e cristiano, per opere grande peccatore…
Una volta, era la ventiquattresima domenica dopo la festa della Trinità, entrai in una chiesa a pregare durante la liturgia. Stavano facendo la lettura, tratta dalla lettera ai Tessalonicesi, al passo in cui è detto: pregate incessantemente (1 Ts 5,17). Queste parole mi si radicarono nella mente e cominciai a pensare: come è possibile pregare incessantemente, se ciascuno deve per forza preoccuparsi anche di tante altre cose per il proprio sostentamento?». Il contadino andò in giro per le chiese più famose per i loro predicatori, ma non riuscì a trovare la risposta che desiderava. Finalmente incontrò un santo starec che gli disse:
«L’incessante preghiera interiore è la perenne aspirazione dello spirito umano a rivolgersi al centro, cioè a Dio. Per apprendere questo dolce esercizio è necessario concentrare su di esso la nostra forza di volontà e domandare con assiduità al Signore che sia lui stesso a insegnarci come pregare incessantemente… Prega come sei capace e la preghiera stessa ti rivelerà in che modo essa possa divenire incessante; ogni cosa vuole il suo tempo».
Poi il santo starec insegnò al contadino la Preghiera di Gesù:
«Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio, abbi pietà di me».
Mentre percorre in lungo e in largo la Russia come pellegrino, il contadino ha costantemente sulle labbra questa preghiera silenziosa che ripete migliaia di volte. Giunge persino a considerare la Preghiera di Gesù il suo vero e proprio compagno di viaggio. E così, un giorno, egli ha la sensazione che la preghiera spontaneamente passi dalle sue labbra al cuore. Ed egli dice: “Sentii che la preghiera in un certo modo si trasferiva da sé dentro il cuore; era come se il cuore, al ritmo abituale delle sue pulsazioni, avesse cominciato a pronunciare dentro di sé le parole della preghiera, una per ogni battito… Cessai allora di pronunciare la preghiera con la bocca e presi ad ascoltare con attenzione questa voce interiore»”.
Qui apprendiamo un’altra via per arrivare alla preghiera incessante. La preghiera continua a pregare dentro di me anche quando sto parlando con gli altri o sono concentrato sul lavoro manuale. La preghiera è diventata la presenza attiva dello Spirito di Dio che mi assiste in tutti i momenti della mia vita.
Così, vediamo come, attraverso la carità e l’attività della preghiera di Gesù nel nostro cuore, tutta la nostra giornata può diventare una preghiera continua. Non intendo suggerire che noi dovremmo imitare il monaco Lucio o il pellegrino russo, ma intendo dire che anche noi, nel nostro ministero così pieno di impegni dovremmo preoccuparci di pregare incessantemente, così che qualunque cosa mangiamo, qualunque cosa beviamo, qualunque cosa facciamo, lo facciamo per la gloria di Dio (cfr. 1Cor 10,31). Amare e lavorare per la gloria di Dio non può restare un’idea astratta, cui pensiamo una volta ogni tanto. Deve diventare una dossologia interiore e incessante.

La preghiera onnicomprensiva

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Un ‘ultima caratteristica della preghiera del cuore è che essa comprende tutti i nostri pensieri e le nostre preoccupazioni. Quando entriamo con la nostra mente nel nostro cuore e qui rimaniamo alla presenza di Dio, allora tutte le nostre preoccupazioni mentali si fanno preghiera. Il potere della preghiera del cuore consiste precisamente nel trasformare in preghiera tutto ciò che è nella nostra mente.
Quando diciamo alle persone: «Pregherò per te», ci assumiamo un impegno molto importante. La cosa triste è che questa promessa spesso rimane solo una benevola espressione di interesse per l’altro. Ma quando invece impariamo a discendere con la nostra mente nel nostro cuore, allora tutti coloro che sono entrati a far parte della nostra vita vengono portati alla presenza risanatrice di Dio e sono toccati da lui nel centro del nostro essere.
Stiamo parlando qui di un mistero per il quale le parole sono inadeguate. È il mistero del cuore, centro del nostro essere, trasformato da Dio nel proprio cuore, un cuore abbastanza grande da abbracciare l’universo intero. Attraverso la preghiera possiamo far entrare nel nostro cuore il dolore e la sofferenza di tutti, tutti i loro conflitti e le loro angosce, tutti i loro tormenti e tutte le guerre, tutta la fame, la solitudine e la miseria, non per una qualche nostra grande capacità psicologica o emotiva, ma perché il cuore di Dio è diventato una cosa sola con il nostro.
A questo punto possiamo intravedere il significato delle parole di Gesù: «Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per le vostre anime. Il mio giogo, infatti, è dolce e il mio carico leggero» (Mt 11,29-30). Gesù ci invita ad assumere su di noi il suo carico, che è il carico del mondo, un carico che comprende tutto il dolore umano di tutti tempi e di tutti i luoghi. Ma questo carico divino è leggero e noi riusciamo a portarlo quando il nostro cuore e stato trasformato nel cuore mite e umile del nostro Signore.
Qui possiamo vedere il rapporto intimo esistente tra preghiera e ministero. La disciplina che ci permette di portare tutte le persone che ci sono affidate nel cuore mite e umile di Dio è la disciplina del ministero. Finché il ministero significherà soltanto che noi ci preoccupiamo molto delle persone e dei loro problemi; finché significherà un numero interminabile di attività che si riesce a mala pena a coordinare, noi saremo ancora assolutamente dipendenti dal nostro cuore angusto e ansioso. Quando, invece, i nostri affanni vengono affidati al cuore di Dio e qui diventano preghiera, allora ministero e preghiera diventano due manifestazioni dello stesso amore onnicomprensivo di Dio.
Abbiamo visto come la preghiera del cuore si nutra di preghiere brevi, sia incessante e onnicomprensiva. Queste tre caratteristiche mostrano come la preghiera del cuore sia il respiro della vita spirituale e di tutto il ministero. Veramente, questa preghiera non è semplicemente un attività importante, ma il centro stesso della nuova vita che vogliamo indicare, e alla quale vogliamo introdurre le persone che ci sono affidate.
È chiaro dalle caratteristiche della preghiera del cuore che essa richiede una disciplina personale. Per vivere una vita spirituale veramente animata dalla preghiera, non possiamo fare a meno di preghiere specifiche. Dobbiamo recitarle in modo tale da riuscire ad ascoltare meglio lo Spirito che prega in noi. È necessario che noi continuiamo a far entrare nella nostra preghiera tutte le persone con le quali e per le quali viviamo e lavoriamo. Questa disciplina ci aiuterà a compiere il passaggio da un ministero frammentario, fitto di impegni e di cose che tendono a distrarci, e spesso frustrante, ad un ministero unificante, olistico e molto gratificante. Questo renderà il ministero non facile, ma autentico; non lo renderà dolce e pio, ma spirituale; non lo renderà immune dal dolore ed esente da lotte, ma quieto nel vero senso dell’esicasmo.

Conclusione

Nel nostro mondo tutto tendente al razionalismo, abbiamo bisogno di una seria disciplina per arrivare a una preghiera del cuore in cui possiamo ascoltare la voce dello Spirito che ci guida e che prega in noi. Il grande rilievo posto sulla preghiera nel ministero non è inteso come un incitamento a lasciarci coinvolgere meno dalle persone o ad essere completamente indifferenti alla nostra società con le sue tante lotte e i suoi problemi. La preghiera, com’è intesa dagli esicasti, ci aiuta a discernere quali delle nostre attività ministeriali sono veramente per la gloria di Dio e quali, invece, sono primariamente per la gloria del nostro io non convertito.
La preghiera del cuore ci offre una sensibilità nuova che ci rende capaci di distinguere il grano dalla zizzania nel nostro ministero, e così diventare testimoni molto meno ambigui di Gesù Cristo.
La preghiera del cuore è veramente la via alla purezza del cuore che ci dà occhi per vedere la realtà della nostra esistenza. Questa purezza del cuore ci permette di vedere più chiaramente non solo il nostro io povero, distorto e ansioso, ma anche il volto amorevole del nostro Dio misericordioso. Quando questa visione sarà chiara e nitida, sarà possibile camminare in un mondo tumultuoso con un cuore tranquillo e in pace. È questo cuore pieno di pace che attirerà coloro che brancolano alla ricerca della loro strada nella vita.
Una volta che avremo trovato la nostra pace in Dio, non potremo fare altro che esercitare il nostro ministero. La pace di Dio sarà visibile dovunque andremo e a chiunque incontreremo. Prima ancora di qualsiasi parola, lo Spirito di Dio, che prega in noi, farà conoscere la sua presenza e riunirà tutti in un corpo nuovo, il corpo di Cristo stesso.

(Tratto da: Henri J. M. Nouwen, “La via del cuore”, Ed. Queriniana)

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