
Un’analisi dei principali indicatori del mercato del lavoro rivela come le condizioni occupazionali della comunità indiana nel nostro Paese siano ancora contraddittorie. Rispetto al complesso della popolazione non comunitaria, la comunità indiana ha infatti una minor quota di occupati e maggiori livelli di inattività, seppure con tassi inferiori di disoccupazione. Il 56,6% della popolazione di 15-64 anni della comunità indiana in Italia risulti occupata, con una distanza dal tasso di occupazione rilevato sul totale dei non comunitari di 3,5 punti percentuali; anche se il tasso di occupazione è aumentato di +1,3%, a fronte del +0,9% relativo al totale della popolazione proveniente da Paesi Terzi. Anche il tasso di inattività segna un andamento positivo rispetto al 2017, essendo sceso dell’1,5%.
Relativamente al tasso di disoccupazione la comunità indiana fa rilevare una quota di persone in cerca di occupazione sulle forze lavoro pari al 10,4%, valore inferiore a quello rilevato su complesso dei non comunitari (14,3%); l’andamento tendenziale è rimasto costante rispetto allo scorso anno, mentre si registra un lieve calo sul complesso della popolazione non comunitaria (-0,6 punti).
Risulta lievemente superiore alla media non comunitaria anche la quota di giovani esclusi dal mondo lavorativo e della formazione: su 100 ragazzi, di cittadinanza indiana, di età compresa tra i 15 e i 29 anni, quasi 48 sono NEET (not engaged in Education, Employment or Training), a fronte di una media pari al 34,6%. L’esclusione dal mondo lavorativo e formativo si acuisce per la componente femminile della comunità -tra le più alte tra le comunità a confronto-, che fa rilevare un tasso di NEET pari al 77,7% (a fronte del 45,5% registrato sul complesso delle non comunitarie).
Le differenti performance tra la comunità indiana e il complesso dei non comunitari nel nostro Paese sono parzialmente legate al minor coinvolgimento della componente femminile nel mercato del lavoro. All’interno della comunità esistono infatti significative differenze tra il tasso di occupazione maschile e quello femminile e gli indicatori relativi alle sole donne sono molto negativi e si distanziano fortemente dalla media non comunitaria. Il tasso di occupazione femminile è infatti pari al 16,5% (a fronte del 46,9% del totale delle donne non comunitarie), il tasso di disoccupazione è del 30,4%, a fronte del 17,1% e il tasso di inattività è pari al 76,3%, contro il 43,1%. Inoltre, la bassa incidenza di occupate all’interno della popolazione femminile indiana contribuisce a determinare un indice di occupazione complessivo inferiore a quello rilevato sul complesso dei non comunitari e contribuisce negativamente sul tasso di inattività della comunità. Segnali negativi arrivano anche da un’analisi diacronica: il tasso di occupazione femminile ha registrato una diminuzione del 2,8 % nell’ultimo anno, a fronte dell’aumento registrato sull’indicatore relativo alla sola componente maschile e il tasso di disoccupazione femminile è cresciuto di circa l’11%.
La distribuzione per genere degli occupati mostra chiaramente come i lavoratori indiani abbiano una polarizzazione di genere, a vantaggio del genere maschile, molto più marcata di quella registrata sul totale dei migranti provenienti dai Paesi non UE. Come dicevamo, tale difformità è certamente legata alla scarsa presenza della componente femminile tra i lavoratori della comunità in esame. È infatti di genere femminile solo il 11,7% degli occupati indiani, a fronte del 39,5% pesato sul totale dei non comunitari, dove si registra comunque una netta prevalenza maschile.
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Tra i lavoratori indiani occupati nel nostro Paese prevale un livello di istruzione medio-basso: più dei due terzi dei lavoratori appartenenti alla comunità in esame ha conseguito al massimo la licenza media (73%), valore superiore di 11,5 punti percentuali a quello rilevato sul complesso della popolazione non comunitaria; mentre circa il 20% possiede almeno un titolo secondario di secondo grado e solo meno del 7% ha conseguito anche un’istruzione terziaria. All’interno della comunità in esame, le donne presentano livelli di scolarizzazione inferiori agli uomini, eccetto per l’istruzione universitaria che le vede coinvolte nel 22,4% dei casi, a fronte del 6,5% degli uomini. Si tratta di un valore superiore a quello registrato sulla popolazione femminile non comunitaria complessivamente considerata (16,1%).
La distribuzione degli occupati di origine indiana tra i settori di attività economica è fortemente caratterizzata dall’ampio coinvolgimento della comunità nel Settore Primario, che risulta il settore di occupazione prevalente, accogliendo più di un terzo degli indiani occupati in Italia (36,5%), quota nettamente superiore rispetto a quella registrata tra i lavoratori delle altre provenienze considerate (6%).
Il secondo settore di impiego è l’Industria, che conta il 24,3% degli occupati appartenenti alla comunità in esame, a fronte del 26,3% del complesso dei non comunitari. Viceversa, i dati evidenziano il basso coinvolgimento dei lavoratori indiani nel settore dei Servizi pubblici, sociali e alle persone (16%), che risulta invece un settore di impiego più importante per tutti i gruppi di confronto, con un’incidenza pari al 31,5% per il totale dei lavoratori non comunitari. Rilevante risulta anche la presenza nel settore Commerciale e ricettivo che raggiunge un’incidenza circa del 18%.
In riferimento alla tipologia professionale, vi è una prevalenza tra gli occupati indiani nel lavoro manuale non qualificato, che coinvolge quasi il 49% dei lavoratori della comunità, a fronte del 37% dei non comunitari complessivamente considerati. Segue, per numerosità, la quota di occupati nel lavoro manuale specializzato (29%), valore leggermente superiore a quello riscontrato tra gli occupati provenienti dagli altri Paesi non comunitari (28%). Il 17% degli occupati indiani è invece Impiegato, addetto alle vendite e servizi personali; mentre è pari al 5% l’incidenza di Dirigenti e professionisti nel campo intellettuale e tecnico.
Si può mettere a confronto, attraverso l’analisi dei dati INPS, la retribuzione mensile media dei lavoratori indiani e degli altri non comunitari nel complesso, distinguendone il genere e la tipologia di occupazione.
L’impiego in ambito industriale e la specializzazione professionale in campo agricolo hanno effetti positivi sul fronte reddituale: i dati evidenziano infatti come i lavoratori dipendenti della comunità percepiscano retribuzioni mensili mediamente superiori a quelle riservate ai lavoratori non comunitari: 1.340 euro a fronte di 1.166, ovvero una retribuzione mensile media superiore di 174 euro. Nel caso degli operai agricoli, la differenza, sempre positiva, è di 218 euro, anche se la retribuzione media è di 810 euro. Di segno opposto lo scarto rilevato nell’ambito del lavoro domestico: i lavoratori indiani in questo caso guadagnano mediamente 75 euro in meno dei lavoratori non comunitari complessivamente considerati.
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Appare evidente, dai dati, come le lavoratrici siano piuttosto penalizzate sul fronte retributivo; per la comunità in esame, si registra di fatto un gender pay gap piuttosto elevato nel lavoro dipendente, con una retribuzione mensile media maschile superiore a quella femminile di oltre 467 euro e nel lavoro agricolo dove le lavoratrici ricevono un salario medio che è quasi la metà di quello degli uomini. Il divario si attutisce nel lavoro domestico dove però a prendere un salario maggiore sono le donne con 607 euro, a fronte dei 510 dei colleghi uomini.
La comunità indiana nel mondo del lavoro e nel sistema del welfare 23
Anche in riferimento al complesso dei non comunitari, si conferma una penalizzazione delle lavoratrici sul fronte salariale, ad eccezione dell’ambito domestico, dove le occupate percepiscono retribuzioni mensili medie superiori di 67 euro a quelle riservate al genere maschile. Nel lavoro dipendente, viceversa, le donne non comunitarie, ricevono una retribuzione media inferiore agli omologhi uomini di 368 euro, mentre nel lavoro agricolo la differenza scende a 75 euro.
Fonte: Rapporto annuale sulla presenza dei migranti 2019