
Un’analisi dei principali indicatori del mercato del lavoro rivela come le condizioni occupazionali della comunità pakistana nel nostro Paese non siano positive. La comunità è infatti al terzo posto – tra le principali non comunitarie – per il più basso tasso di occupazione e risulta seconda per quota di inattivi. In particolare il tasso di occupazione della comunità pakistana in Italia sia pari al 50,6%: un valore inferiore a quello registrato sul complesso delle collettività a confronto. A ciò va aggiunto che nel 2018 il tasso di occupazione è diminuito del 2,8%, a fronte di una crescita dello 0,9% relativo al totale della popolazione proveniente da Paesi Terzi. Anche il tasso di inattività e di disoccupazione segnano un andamento negativo rispetto al 2018, essendo rispettivamente aumentati dell’1 % e del 3,2% Relativamente al tasso di disoccupazione la comunità pakistana fa rilevare una quota di persone in cerca di occupazione sulle forze lavoro pari al 16,7%, valore superiore a quello rilevato su complesso dei non comunitari (14,3%); l’andamento tendenziale come esplicitato è di segno opposto rispetto al complesso della popolazione non comunitaria che ha invece registrato una diminuzione di 0,6 punti.
Risulta superiore alla media non comunitaria anche la quota di giovani esclusi dal mondo lavorativo e della formazione: su 100 ragazzi, di cittadinanza pakistana, di età compresa tra i 15 e i 29 anni, quasi 41 sono NEET (not engaged in Education, Employment or Training), a fronte di una media pari al 34,6%. L’esclusione dal mondo lavorativo e formativo si acuisce per la componente femminile della comunità, che fa rilevare un tasso di NEET pari al 54,6% – tra i più alti tra le comunità a confronto – (a fronte del 45,5% registrato sul totale delle non comunitarie).
Le differenti performance tra la comunità pakistana e il complesso dei non comunitari nel nostro Paese sono legate in parte all’esiguo coinvolgimento della componente femminile nel mercato del lavoro. All’interno della comunità esistono infatti differenze di grande rilievo tra il tasso di occupazione maschile (72%) e quello femminile (11,4%) e gli indicatori relativi alle sole donne si distanziano nettamente dalla media non comunitaria, con una differenza che per il tasso di occupazione è di 35,5 punti percentuali (il tasso di occupazione per il complesso delle non comunitarie è 46,9%), un tasso di disoccupazione del 32,6% a fronte del 17% e un tasso di inattività dell’83% circa contro il 43% sul totale delle comunità non europee. La comunità in esame è terza – tra le principali non comunitarie – per il più basso tasso di occupazione e contemporaneamente al secondo posto per il più alto tasso di inattività femminile. La scarsa incidenza di occupate all’interno della popolazione femminile pakistana contribuisce a determinare un indice complessivo inferiore alla media dei non comunitari Anche se va detto che da un’analisi diacronica emergono segnali positivi: il tasso di occupazione femminile è infatti cresciuto del 4% circa nell’ultimo anno, a fronte dell’andamento negativo registrato sull’indicatore relativo alla sola componente maschile, e il tasso di disoccupazione femminile è diminuito di un significativo 10,2%. La distribuzione per genere degli occupati mostra ancora chiaramente come i lavoratori pakistani abbiano una polarizzazione di genere, a vantaggio del genere maschile, molto più marcata di quella registrata sul totale dei migranti provenienti dai Paesi non UE. È infatti di genere femminile solo l’8% degli occupati pakistani, a fronte del 39,5% pesato sul totale dei non comunitari, dove si registra comunque una prevalenza maschile. Tale difformità è legata anche alla scarsa presenza della componente femminile tra i regolarmente soggiornanti della comunità in esame.
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Tra i lavoratori pakistani occupati nel nostro Paese prevale un livello di istruzione medio-basso . Oltre i tre quarti dei lavoratori appartenenti alla comunità in esame hanno conseguito al massimo la licenza media, valore superiore di quasi 16 punti percentuali a quello rilevato sul complesso della popolazione non comunitaria; mentre il 18% possiede un titolo secondario di secondo grado e solo il 4% ha conseguito anche un’istruzione terziaria; in entrambi i casi si tratta di valori nettamente inferiori a quelli registrati sul totale dei non comunitari che si attestano rispettivamente sul 28% e 11% .
La distribuzione degli occupati di origine pakistana tra i settori di attività economica è caratterizzata da un ampio coinvolgimento della comunità nel settore industriale, che risulta il settore di occupazione prevalente, accogliendo quasi un terzo dei pakistani occupati in Italia (31,3%), quota superiore rispetto a quella registrata tra i lavoratori delle altre provenienze considerate (26,3%). Il secondo settore di impiego è quello del Commercio e ristorazione che conta il 31% degli occupati appartenenti alla comunità in esame, a fronte del 23,7% del complesso dei non comunitari. Viceversa, i dati evidenziano il basso coinvolgimento dei lavoratori della comunità nel settore dei Servizi pubblici, sociali e alle persone (7,4%), che risulta invece il settore di impiego più importante per il totale dei gruppi a confronto, con un’incidenza pari al 31,5% per il totale dei lavoratori non comunitari. Rilevante risulta anche la presenza nel settore dei Trasporti e Servizi alle imprese che raggiunge un’incidenza del 19,3%; una quota superiore alla media non comunitaria si registra anche nel settore primario col coinvolgimento dell’11% dei lavoratori pakistani.
In riferimento alla tipologia professionale, si evidenzia la prevalenza tra gli occupati della comunità pakistana, del lavoro manuale non qualificato, che coinvolge il 49% dei lavoratori della comunità, a fronte del 37% dei non comunitari complessivamente considerati. Segue, per numerosità, la quota di occupati nel lavoro manuale specializzato (30%), valore leggermente superiore a quello riscontrato tra gli occupati provenienti dai Paesi Terzi (28%).
Il 12% degli occupati pakistani è invece Impiegato, addetto alle vendite e servizi personali; mentre è superiore al complesso dei gruppi di confronto l’incidenza di Dirigenti e professionisti nel campo intellettuale e tecnico (9%).
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Nonostante l’impiego in ambito industriale, i dati evidenziano come i lavoratori dipendenti della comunità percepiscano retribuzioni mensili mediamente inferiori a quelle riservate ai lavoratori non comunitari: 1.025 euro a fronte di 1.166, ovvero una retribuzione mensile media inferiore di 141 euro. Nel caso degli operai agricoli, la differenza aumenta, raggiungendo i 227 euro.
Appare evidente, dai dati, come le lavoratrici siano piuttosto penalizzate sul fronte retributivo nel lavoro dipendente, con una retribuzione mensile media maschile superiore a quella femminile di 384 euro, mentre il divario si attutisce nel lavoro agricolo dove le lavoratrici ricevono un salario medio che è solo leggermente più basso di quello degli uomini: circa 30 euro meno. Anche in riferimento al complesso dei non comunitari, si conferma una penalizzazione delle lavoratrici sul fronte salariale, ad eccezione dell’ambito domestico, dove le occupate percepiscono retribuzioni mensili medie superiori di 67 euro a quelle riservate al genere maschile. Nel lavoro dipendente, viceversa, le donne non comunitarie, ricevono una retribuzione media inferiore agli omologhi uomini di 368 euro, mentre nel lavoro agricolo la differenza scende a 75 euro.
Fonte: Rapporto annuale sulla presenza dei migranti (2019) Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali