Le mutilazioni femminili in Etiopia

Foto di Catherine da Pixabay

“Indipendentemente dalla religione quasi tutti praticano diverse forme di mutilazione genitale femminile” dice a Fides un Vescovo missionario dell’Etiopia.

E’ una tradizione che si perde nella notte dei tempi e che e’ praticata dalla maggior parte delle popolazioni etiopiche indipendentemente dalla loro religione”. Così Mons. Domenico Crescentino Marinozzi descrive all’Agenzia Fides la pratica dell’escissione femminile attuata da secoli in Etiopia. Mons. Marinozzi, Cappuccino, e’ Vicario Apostolico di Soddo-Hosanna nel sud dell’Etiopia e da anni conduce una campagna per porre fine alla pratica della mutilazione sessuale femminile.

“Nel mio Vicariato sono presenti popolazioni animiste, di fede cristiana ortodossa etiope e cattolici. Indipendentemente dalla religione tutti praticano diverse forme di mutilazione genitale femminile, tra cui quella più grave, l’escissione. Paradossalmente sono le popolazioni più primitive che non mutilano le loro donne” dice il Vescovo. “Queste pratiche lasciano segni profondi, fisici e psicologici, sulle giovani.

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A secondo delle popolazioni, la mutilazioni avvengono dopo la nascita oppure nella pubertà, intorno ai 12-13 anni, creando traumi gravissimi alle ragazze” ricorda il Vescovo.

“La Chiesa cattolica si è sempre opposto a questa forma di violenze
discriminatorie nei confronti della donna, perché di questo si tratta.
Quando chiediamo alla gente le regione delle mutilazione sessuale femminile, nessun sa dare una risposta. Ma è chiaro che è un modo di tenere la donna sottomessa e impedire che sviluppi una sua piena sessualità” dice il Vescovo.

“Per questo motivo da anni come Chiesa facciamo una pressante campagna di informazione per far cessare queste pratiche”.

“La recente decisione del governo di proibire di operare mutilazioni
sessuali nelle strutture sanitarie pubbliche è un segnale importante che rafforza la nostra campagna di sensibilizzazione.

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Ci rendiamo conto dei rischi che questa decisione comporta, perche’ molte ragazze saranno operate da “santone” in strutture private senza alcuna garanzia igienica, ma siamo convinti che la situazione sta cambiando. Molte ragazze infatti, iniziano a ribellarsi e non vogliono essere sottoposto all’intervento” afferma Mons. Marinozzi, che aggiunge: “le coscienze si stanno svegliando, la mentalità inizia ad evolversi, ma resta ancora un lungo cammino da percorrere prima di mettere fine a queste pratiche”.

Proprio in questo giorni si svolge a Nairobi capitale del Kenya, una
conferenza internazionale sul problema delle mutilazioni sessuali femminili. Secondo le stime più attendibili hanno subito la mutilazione genitale tra i 120 e i 130 milioni di donne nel mondo; tra i 2 e i 3 milioni continuano a subirla annualmente: ovvero una ogni quattro minuti.

L’Africa subsahariana è il posto dove tali pratiche sono più diffuse, seguita da alcuni paesi arabi, Egitto ed Yemen in testa.
La Chiesa cattolica è in prima linea nell’aiutare le ragazze vittime dell’ escissione, pagando anche un alto prezzo in vite umane.

Ricordiamo Annalena Tonelli, la volontaria cattolica, uccisa a Borama (nord Somalia) il 5 ottobre 2003, morta per mano di estremisti cui la sua campagna contro la mutilazione sessuale femminile dava molto fastidio. (L.M.)

articolo FIDES con Licenza Creative Commons Attribuzione 4.0 Internazionale

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