Le rose (dai Fioretti di Santa Chiara)

Foto di Isabell da Pixabay

Chiara avrebbe voluto vedere più spesso Francesco. Aveva da chiedergli tante co­se! Poteva fare a meno del cibo mate­riale, ma non di quello spirituale, che le veniva dalla parola del maestro.

Francesco invece si teneva lontano da San Damiano. Diceva ai suoi frati: – Guardatevi dal dolce veleno della dime­stichezza con le donne.

Chiara non era veleno e non poteva essere una tentazione per Francesco, uomo di peni­tenza. Ma Francesco voleva dare l’esempio agli altri, allontanandosi per primo da San Damiano ed evitando di parlare con le « povere donne ». Chiara se ne doleva. I suoi lamenti venivano riportati a Francesco.

– Non crediate, – egli rispondeva, – ch’io non le ami con perfetta dilettazione. Soltanto voglio dare a voi un esempio e dovete imitarmi.

Le amava tutte, quelle « povere donne », che seguivano i suoi insegnamenti. E sopra alle altre amava Chiara. Pregava per lei, perché si mante­nesse fedele a Cristo e alla povertà.

Chiara era il suo capolavoro ; era la stella splendidissima del suo firmamento. E come le stelle, doveva essere ammirata di lontano.

Ma Chiara aveva bisogno, specie nei primi tempi, d’esser guidata. Temeva di non sapersi dirigere, da sola, sulla via della perfetta povertà. Sollecitava perciò una visita del maestro. Francesco, di quando in quando la visitava. Le sue apparizioni a San Damiano erano fugaci. Bussava alla porta, salutava dicendo: – Pace e bene.

Dava un’occhiata d’intorno. Vedeva che il convento era la « torre fortificata della sovrana povertà ». Nulla d’inutile e di futile. Nulla di fa­stoso e di superfluo.

E nulla neppure di squallido e di triste. Po­vertà lieta e pulita. Serenità accogliente.

Tutto era chiaro dov’era Chiara ; tutto era grazioso dov’era la Grazia di Dio.

Un giorno d’inverno Francesco stava per partire com’era venuto, senza accettare nessun conforto, oltre a quello che gli veniva dalla perfetta povertà e dalla perfetta letizia di quelle giovani recluse. S’avviò così alla porta. Fuori il vento fischiava voltando e rivoltando i rami degli olivi. Il nevi­schio turbinava sul sagrato. A piedi nudi Fran­cesco s’inoltrò sulla neve.

Chiara lo segui, indietro di qualche passo. Voleva trattenerlo. Almeno voleva la promessa d’un’altra prossima visita.

Francesco si tirò il cappuccio sulla fronte

– Sorella Chiara, è bene, per la faccia del mondo, dividersi. Ti lascio alle tue cure. Chiara, nel chiarore della neve che copriva la terra, si sentì smarrita

– Che farò senza di te ? Tu mi guidi e m’il­lumini.

Francesco alzò gli occhi al cielo livido – Il Signore ti guiderà.

– E non ci rivedremo più ?

Francesco si guardò attorno. Misurò il tempo, scorgendo un cespuglio di spini ricoperto di neve. – Ci rivedremo quando rifioriranno le rose. Era il principio dell’inverno e le rose non sa­rebbero fiorite che a primavera inoltrata. Fran­cesco voleva mettere tra sé e Chiara un’intera stagione.

– Sia fatta la tua volontà, insieme con quella del Signore – rispose Chiara. abbassando la testa. Francesco fece per allontanarsi, ma un inatteso rossore lo fermò. Sul cespuglio, improvvisamente, miracolosamente, era fiorito un cespo di rose.

Chiara, sotto il suo doppio velo, sorrideva, e quando Francesco sparì, verso Spello, nel turbi­nio della neve, ridiscese verso San Damiano, con un fascio di rose in mano, che depose ai piedi del Crocifisso.

dai Fioretti di Santa Chiara

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